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Come dare limiti e regole ai bambini

di Stefano Padoan - 30.11.2022 - Scrivici

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Perchè serve darli e soprattutto come devono essere impostati: i consigli della pedagogista Elena Urso su quali regole dare ai bambini, divisi per fascia d'età

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Come dare limiti e regole ai bambini

Sappiamo tutti che per educare un figlio ci vogliono regole e limiti. Non è però sempre facile capire quali e quante regole stabilire, come farle rispettare con costanza, quanta fermezza tenere. Ci dà qualche consiglio pratico la Pedagogista Elena Urso dello Studio Rossini Urso.

Perché serve dare limiti e regole

Regole e limiti opprimono o liberano il bambino? È forse un po' controintuitivo, ma le regole sono importanti proprio perché accrescono l'autonomia del bambino. «In un mondo tutto da scoprire - spiega l'esperta - i bambini sono paralizzati dall'assenza di regole: la mancanza del limite è dunque non liberante ma inibente, perché è difficile capire dove andare se di fronte abbiamo un oceano senza punti di riferimento. I bambini cercano sempre un mediatore esterno che dia loro indicazioni su cosa fare e quando. Stilare dunque delle regole offre loro dei paletti che, una volta acquisiti, danno sicurezza e permettono di muoversi con più autonomia, senza appoggiarsi continuamente a qualcun altro. E la conoscenza del mondo avverrà come in un recinto che piano piano si allarga, per far sentire vostro figlio a proprio agio prima in casa, poi a scuola e poi in tutti gli ambienti di vita».

Come devono essere le regole

  • Regole, non divieti. «Le regole sono per definizione al positivo, altrimenti si chiamano divieti. Il problema dei divieti non è solo che i bambini non recepiscono il "non" di una frase e si concentrano sul resto, ma anche che un divieto non offre un'alternativa e i bambini non sanno darsela. "Non posso saltare sul divano… ma potrò farlo sul letto?" è un dubbio ragionevole cui il bambino - proprio perché appunto in cerca di regole, indicazioni - non sa rispondere. "Si salta solo sul tappeto" è invece una regola che dà una certezza. Così come "Non rovesciare l'acqua" dovrebbe diventare "Tieni il bicchiere dritto, afferra la brocca con due mani" e "Non attraversare da solo" "Si attraversa solo vicino alla mamma"».

  • Chiare e concrete. Le regole devono essere facilmente comprensibili dal bambino: «"Metti in ordine la tua stanza" è più astratto di "Metti il trenino nella scatola"; "Si va a dormire alle 21.00" non ha senso per vostro figlio, meglio dire "Si va a dormire dopo il cartone animato"».

  • Poche. Anche troppe regole possono confondere e bloccare un bambino, che non riesce a memorizzarle tutte. «Le regole fondamentali sono poche e riguardano la scansione della giornata e la pulizia. Poi il loro numero crescerà con il crescere dell'età"».

  • Fattibili e adeguate all'età. Un bambino deve essere in grado di attuare le regole stabilite, altrimenti vivrà perennemente nella frustrazione. «Non si può ad esempio chiedere a un bambino sotto i 3 anni di rimanere a tavola fin quando non hanno finito tutti, o di giocare senza sporcarsi o sudare. Importante invece che i limiti siano diversi a seconda dell'età, soprattutto quando parte il confronto tra fratelli. Bisogna evitare che il figlio minore cresca troppo presto seguendo regole tarate per età maggiori o viceversa che il figlio più grande rimanga infantile. Deve essere poi ben chiaro che ogni età consente di fare cose diverse e che crescere non comporta solo una perdita di privilegi e l'aumento delle regole, ma anche libertà come poter stare alzati di più la sera».

  • Costanti. Le regole devono essere rispettate sempre, per creare un quadro normativo che rassicura il bambino e per non confonderlo con input o reazioni contrastanti: «Le regole non devono cambiare a secondo dell'umore del momento, ma stabilite una volta per tutte in un attimo di calma: se ad esempio decido che saltare sul divano - in sicurezza - si può fare, poi non posso concederlo solo quando la cosa non mi infastidisce.

    Diverso invece è fare rare eccezioni, positive o negative, che vanno motivate: "Oggi non saltare sul divano perché sono tornato stanco dal lavoro e ho bisogno di tranquillità" oppure "Stasera mangiamo davanti alla tv perché è il tuo compleanno". Altra cosa importante è l'accordo sulle regole da parte di entrambi i genitori: separati o meno, devono essere monolitici nel farle rispettare».

Perché non bisogna dare punizioni

Le punizioni sono sbagliate non solo quando sono corporali e mortificanti, ma in generale perché non hanno a che fare direttamente con la regola: «"Se non fai i compiti non vai a calcio" è una scelta arbitraria che non ha attinenza con il motivo della sanzione. Alle punizioni andrebbero sostituite le conseguenze che dipendono dall'infrazione della regola stessa, ovvero: "se non fai i compiti andrai a scuola senza e prenderai una nota, perché io di certo non ti giustifico". Questo per i genitori non è sempre facile, perché temono di fare loro brutta figura a scuola. In realtà però devono imparare a distinguere ciò che è loro da ciò che è del bambino: i figli devono essere accompagnati a percepire il calcio e la scuola come cose che li riguardano in prima persona e di cui non possono derogare la responsabilità. Le punizioni casalinghe invece spesso non fanno loro sperimentare le normali conseguenze di una loro scelta: una nota scolastica o una partita in panchina per un allenamento saltato sono esperienze di vita fatte in ambienti protetti che infondono grande sicurezza al bambino. A volte poi le punizioni minacciate si rivelano insostenibili da mantenere e questo ci fa perdere di credibilità. In generale, però, il motivo per cui i bambini rispettano le regole devono essere riconducibili alle regole stesse e non da minacce o ricatti esterni».

Perché non bisogna dare premi

Allo stesso modo non bisogna dare premi di fronte a una regola rispettata. «Rinforzi positivi sì (complimenti e "feste"), premi no. Il premio usato come metodo educativo è controproducente perché, per prima cosa, i bambini poi tendono ad alzare la posta; secondo, perché lo facciamo diventare un mezzo di ricatto. Il rispetto della regola dunque, ancora una volta, avviene non perché è meglio per me, ma perché mi aspetto qualcosa, e se non arriva mi sento demotivato. Fuori di casa però nessuno dà premi se si rispettano le regole. Ci sono tuttavia eccezioni, soprattutto fino ai 6 anni, quando vediamo che un bambino fa particolarmente fatica a stare in una regola: in questo caso dopo una lotta durata mesi un piccolo premio, una volta, ci può stare».

Perché non bisogna urlare

Se sia regola che sanzione sono positive e assertive, non possono essere urlate. «Urlare è errato innanzitutto dal punto di vista comunicativo, perché umilia il bambino e lo spaventa. Vostro figlio in questi casi si concentra solo sulla sua paura e perde totalmente di vista il messaggio verbale: certo, probabilmente smetterà di infrangere la regola, ma ancora una volta lo farà per ragioni esterne alla regola stessa e senza comprenderne il motivo. Per comunicare efficacemente un'arrabbiatura bisogna invece accordare il proprio registro con il proprio stato d'animo, essere serio e far percepire le mie emozioni negative. Un'urlata però può capitare: in questi casi lasciamo sbollire la rabbia e poi torniamo dal bambino, spieghiamogli che abbiamo esagerato ma che eravamo arrabbiati per un motivo preciso e parliamone. È anche un insegnamento del fatto che può succedere di sbagliare, ma si può recuperare».

Perché il mito delle regole associate al genitore sceriffo è anti educativo?

Risponde Stefano Rossi, psicopedagogista e autore di libri per genitori e insegnanti. Ha formato più di 600 scuole sull'educazione emotiva e la didattica cooperativa.

La sua pagina FB è Stefano Rossi Didattica Cooperativa. Autore del libro "Mio figlio è un casino" Edito Feltrinelli.

Che regole dare nella fascia 1-3 anni

  • La scansione della giornata. Le macroregole che valgono sempre fino ai 6 anni sono quelle che danno una scansione alla giornata. Ci si alza, si fa colazione, ci si veste, si va a scuola, si torna, si fa merenda, si cena, ci si lava, si va a nanna. Nella fascia 1-3 anni, in cui si può verbalizzare fino a un certo punto, è importante che a parlare sia la pratica: «I bambini sono sempre eterodiretti, nel senso che tutti dicono loro cosa fare, e non hanno mai la sensazione di avere chiaro il quadro della giornata. Per renderli collaborativi e non oppositivi suggerisco di dirglielo prima, rendete loro chiara l'organizzazione. Le parole in questa fase vanno bene ("ora facciamo il bagnetto e poi andiamo a nanna"), ma soprattutto i bambini devono vivere questa routine giorno dopo giorno, costantemente. Si parla di "regola regolarizzata", che dà loro punti di riferimento temporali. La regolarità negli orari a volte spaventa un po' i genitori, ma provate a rispettarla».

  • Limitare i pericoli. Una volta sviluppate le competenze motorie, i bambini nella loro esplorazione del mondo iniziano a mettersi in condizioni di pericolo. «Anche in questo caso, spiegare verbalmente perché non possono mettere il dito nella presa elettrica va bene perché iniziate a instaurare un metodo, ma non basta: sarà certamente più efficace spostarli fisicamente dal pericolo offrendo loro un'alternativa. Certo è faticoso perché andrà fatto sistematicamente per molti mesi, ma poi i bambini interiorizzeranno la regola. Tenete presente che i bambini capiscono le cose se ne fanno esperienza, ma purtroppo non possono sperimentare una scossa elettrica; in più, fino all'anno di età non hanno mai avuto divieti, è solo quando iniziano a muoversi autonomamente che si scontrano con i primi no: impareranno a gestire la frustrazione di non poter sperimentare alcune cose».



  • Spiegare sempre, ma non troppo. A volte poi usiamo formule di cortesia che i bambini con comprendono. «"Puoi darmi la mano?" è una domanda cui lui sente di poter rispondere sì o no. Diverso dire, con fermezza ma certo con gentilezza, "Dai la mano alla mamma quando si attraversa". E se, come detto prima, è giusto spiegare le regole anche a questa età, non perdiamoci in troppe parole: alcune cose possono essere comprese fino a un certo punto, perché i bambini fanno fatica a immaginarsi le conseguenza che tentiamo di descrivere loro. Insomma, per adesso in alcuni casi si può anche tagliare corto dicendo "Si fa perché lo dice la mamma"».

Che regole dare nella fascia 3-6 anni

  • Dalla prassi alle regole. Dopo i 3 anni le interazioni verbali sono sempre più importanti: «È interessante, ad esempio, chiedere loro verso i 5-6 anni se sanno quali sono le regole di casa. Diamo per scontato che lo sappiano, ma magari non hanno chiaro che una cosa che fanno da sempre è effettivamente una regola che altrove potrebbe essere diversa. I limiti aumentano e noi ora possiamo spiegarli meglio, ma attenzione: non è detto che li convincerete. Partite dal presupposto che fino agli 8-10 anni pensano che tutto ciò che non coincide con il loro volere sia ingiusto. Mettetevi dunque il cuore in pace e siate sereni: in molte occasioni apparirete ingiusti ai loro occhi, ma niente sensi di colpa e non fatevi guidare dalla paura di non piacere ai vostri figli perché è solo controproducente».

  • Il cartellone delle regole. Dai 3 anni in su poi si può iniziare a usare il cartellone delle regole: «Dato che le cose principali sono sempre di organizzazione del tempo, potete anche usare un calendario a cui aggiungete note e disegni.

    Fatelo insieme a loro, perché i bambini devono sentirsi coinvolti nel processo e sarà un utile momento di confronto sulle regole. Ad esempio chiedete loro di dirle o quale vogliono mettere per prima; se non sanno ancora leggere e scrivere fateli disegnare o incollare immagini, se invece vanno già a scuola sarà un lavoretto interamente loro. Disegnarla o scriverla attivamente trasmette l'idea che non sia controllata da altri, ma che vi partecipino e vi aderiscano. Il cartellone ha poi l'importante funzione di rendere la regola impersonale, una legge appesa lì che vale per tutti e che non dipende solo da mamma e papà. Se una regola viene infranta, i genitori la possono ricordare a voce, ma anche indicarla sul cartellone. In più, aumenta la loro autonomia perché anche vostro figlio ora non dovrà chiedere ogni volta il permesso per tutto, ma rivolgersi direttamente al cartellone per controllare cosa può fare».

Che regole dare nella fascia 6-10 anni

  • Il cartellone partecipato. Nella scuola primaria è necessario coinvolgere sempre di più il bambino: «Nella stesura del cartellone si può inserire una regola di casa suggerita da vostro figlio. Come fare una cosa insieme la domenica, o uno strappo alla regola eccezionale ma periodico. Insomma rendetelo propositivo e partecipativo, e se non vi va bene il suo contributo non dite solo no, ma suggerite un'alternativa. Una volta accettato, però, va rispettato al pari dei limiti stabiliti da voi».

  • La negoziazione. Crescendo, verso i 9-10 anni, aumentano gli ambiti di vita e con essi le regole, ma anche i margini di negoziazione. «Incoraggiatelo a esprimere consigli su regole stabilite da voi, ma concordate prima tra voi genitori su cosa e entro che limiti siete disposti a scendere a compromessi. Se una proposta vi coglie alla sprovvista, prendetevi del tempo per valutarla. Ad esempio se inizia a volere andare da solo a calcio va bene, ma potete decidere che per i primi tempi lo faccia solo quando c'è luce e non nei mesi invernali.

    Da sviluppare poi in questa età c'è anche la capacità di organizzazione, e su questo date loro margini ma sempre vigilando: potete anche trasformare la regola "Dalle 16.30 alle 17.30 fai i compiti" in "Sai che hai da fare il compito, organizzati bene perché alle 18 hai calcio. E se per quell'ora non hai finito, avvisi il mister che sei in ritardo o salti l'allenamento". Questo in più allena anche la loro capacità di scelta: scegliere non è attitudine naturale, va acquisita, e se lasciamo loro spazi da decidere in autonomia li facciamo scontrare con anche il rischio di una scelta. Anche una domanda apparentemente banale come "Preferisci iniziare i compiti alle 16.00 o alle 16.30?" inizialmente spiazza: non lo sa, e se decide in un modo e si accorge di aver sbagliato? Non succede nulla, si cambia».

L'intervistata

Elena Urso è Pedagogista dello Studio Rossini Urso (assieme alla collega Elisabetta Rossini). È autrice di numerosi libri dedicati alla genitorialità, tra cui "I genitori devono essere affidabili, non perfetti" (Edizioni Edicart, 2015) e "Dudù e la torcia magica" (Edizioni Edicart, 2019).

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