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Come educare il bambino alla legalità

di Zelia Pastore - 12.08.2020 - Scrivici

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Passare dalla regola alla responsabilità, evitare minacce e punizioni e ricordarsi che l’esempio è fondamentale: tutti i consigli della pedagogista Elisabetta Rossini per crescere dei cittadini responsabili

Come educare il bambino alla legalità

Legalità, rispetto delle norme di convivenza civile, senso civico. Sembrano temi difficili da affrontare con i bambini, ma in realtà è un cammino che deve partire da lontano e che non può essere demandato interamente alla scuola: c'è un legame tra i gesti quotidiani che i figli vivono con i genitori ogni giorno fin da piccoli e le grandi leggi che determinano il bene e il male. Ecco i consigli di Elisabetta Rossini, pedagogista dello Studio Rossini Urso, su come educare ogni giorno i bambini alla legalità.

In questo articolo

Educare il bambino alla legalità fin da piccolo

Educate ogni giorno al rispetto del prossimo

Educare alla legalità: consigli per fasce d'età

 

Educare il bambino alla legalità fin da piccolo

L'educazione alla legalità nasce dopo le stragi di Capaci e via D'Amelio, dove il 23 maggio e 19 luglio 1992 persero la vita i simboli della lotta alla mafia Giovanni Falcone e Paolo Borsellino: «C'è lotta alla mafia - dice l'esperta - solo quando esiste un senso etico profondo e di legalità. Ma prima ancora di arrivare a parlarne con i propri figli, questi valori si insegnano ogni giorno in qualsiasi momento senza parlarne esplicitamente. In questo caso allora anche i laboratori a scuola e le iniziative delle associazioni si inseriscono bene e con coerenza all'interno dei comportamenti visti e vissuti fino a quel momento dai bambini».

L’esempio è fondamentale

È essenziale che siano le figure più importanti per i bambini (i genitori e le prime cerchie sociali) le prime a comportarsi bene e a rispettare le regole, «perché i vostri figli apprendono per imitazione e un gesto è più importante di mille parole. E non pensate che con loro si possa fingere: se vi sforzate a fare la cosa giusta solo perché siete in loro presenza, ma certe regole non le rispettate quando pensate di non essere visti, state certi che se ne accorgeranno. Nella costruzione del senso di onestà e giustizia gli adulti sono decisivi».

Non regole, ma senso di responsabilità

«Non si tratta insomma di mostrare artificiosamente ai bambini le regole di convivenza, o di rispettarle superficialmente e per cieca obbedienza: questo sul lungo periodo è un insegnamento che si perde». Bisogna trasmettere il senso profondo di una regola, che poi è ciò che non la rende astratta ma legata al benessere e ai sentimenti delle persone che vivono attorno a noi. «Le regole vengono introiettate se trasmettono un senso di responsabilità verso gli altri, altrimenti i nostri discorsi diventano staccati dalla realtà».

Educate ogni giorno al rispetto del prossimo

Educare al rispetto delle regole richiede molta pazienza, perché i bambini hanno bisogno di vedere e sperimentare per imparare con gli anni il motivo di ogni singola regola.

Dalla regola alla responsabilità

«Forse ad un certo punto vi potrà sembrare di avere fallito, ma in realtà il passaggio decisivo (e che arriva con il tempo) è quando impareranno ad obbedire non più solo per paura delle conseguenze esterne, ma in base alla percezione autonoma di cosa sia giusto e sbagliato». Quando il bambino passa da un rispetto acritico della regola - perché glielo dice un'autorità esterna - alla responsabilità, le regole vere diverranno pochissime, perché quasi tutte le norme saranno diventate abitudini da mettere in pratica per vivere meglio.

La base: il rispetto del prossimo

Ricordate che i bambini vi guardano, soprattutto quando pensate di non essere visti. Per questo, qualsiasi età essi abbiano, è importante che crescano vedendo i gesti più "banali" di rispetto del prossimo che conducono al concetto di legalità: «Genitori, educate per primi voi stessi: fare un gesto cortese verso un estraneo, evitare commenti gratuiti e offensivi verso dei passanti sono cose molto sottili ma per questo anche difficili da percepire come importanti. E invece lo sono, perché è quasi automatico il passaggio da un commento distratto della mamma a instillare nel bambino l'idea che quella persona valga meno e non abbia gli stessi diritti».

Spiegate il perché delle regole

Ad ogni età, è importante parlare con i bambini e spiegare loro il perché delle regole. Attenzione, perché nel fare ciò "tradirete" anche il vostro grado di adesione alla regola e di responsabilità: se dite che non si passa con il rosso perché si prende la multa, state passando l'idea che è la sanzione eventuale ad imporre quel comportamento. E non il rischio, ben più grave, di fare male a qualcuno.

Come comportarci di fronte alle ingiustizie

«Se vediamo qualcosa che per noi è un'ingiustizia, verbalizziamola e spieghiamo perché secondo noi non è corretta. Se siamo in coda e ci passano davanti, è giusto fare notare la scorrettezza e non lasciare correre. Ma è ancora più importante affrontare la situazione con gentilezza, perché anche non inveire contro le persone fa parte delle regole da rispettare».

No a minacce e punizioni

Il rispetto è anche quello che mostrate verso vostro figlio e nelle modalità di interazione con lui: «Minacce e punizioni non aiutano la comprensione profonda della regola, ma più in generale sono coercitive e ledono la libertà del bambino. Si può essere fermi sulle regole, puntando però sulle conseguenze delle sue azioni».

E quando vi capita di sbagliare?

Nessun problema, se naturalmente non è un'abitudine e se ne parlate apertamente con vostro figlio: «Ogni tanto capita di fare una sfuriata con i bambini, ma appena torna un po' di lucidità basta tornare sull'accaduto e dire loro "Quel modo non è quello giusto, abbiamo perso la pazienza". Tenete fermo il motivo della sgridata, ma sottolineate che avete sbagliato la modalità».

Educare alla legalità: consigli per fasce d’età

0-3 anni: le conseguenze

«Nei primi anni di vita - prosegue la Rossini - le regole servono principalmente per tutelare il bambino stesso dal punto di vista fisico: quello che può o non può toccare, quanto è pericoloso fare una cosa, cosa può mettere in bocca».

In questa fase è propedeutico alla comprensione della regola far sperimentare ai bambini le conseguenze delle loro azioni: «Oltre a dire loro che non devono toccare la pentola perché scotta, avvicinate la loro manina per far sentire il calore. Oltre ad arricchire la loro esplorazione del mondo, mostrate anche che quando dite una cosa c'è un motivo: è il germe che conduce pian piano alla responsabilità del bambino e alla sua autoregolamentazione, il momento in cui non toccare la pentola calda non sarà più una regola che arriva dall'esterno, ma una semplice abitudine che loro hanno tutto l'interesse ad assumere».

3-6 anni: le emozioni

Dai 3 anni in su inizia l'ingresso in società, i primi scambi continuativi con i pari e le prime amicizie. «Le regole qui assumono un respiro più ampio, sono necessarie alla buona convivenza sociale e al rispetto degli altri. Prima fisicamente e poi soprattutto moralmente».

«In questa fase è importantissimo parlare di emozioni, che conduce al rispetto per se stessi prima ancora che verso gli altri. Insegnate al bambino ad ascoltare quello che prova, riconoscerlo e nominarlo; poi allora potrà anche riconoscerlo negli altri». Parlate dunque prima voi di quello che provate: se la vostra giornata è andata bene o no, se avete discusso con un collega, come vi siete sentiti. E non minimizzate mai le loro emozioni, neanche quelle negative: «La tristezza è un'emozione intima che spaventa più i genitori che i bambini: la reazione diffusa è quindi difensiva e sbagliatissima, "cos'hai da essere triste?". Perché gli adulti pensano che i bambini non abbiano mai motivi di essere tristi. Se però è stato riconosciuto e rispettato nella sua tristezza, sarà in grado di rispettare anche la tristezza del suo compagno, si sentirà come si sta sentendo l'amico: in pratica saprà mettersi nei panni dell'altro, e l'empatia

è la base di qualsiasi educazione alla legalità perché permette di capire se una mia azione può ferire un altro essere umano. Se insomma ha imparato ad essere rispettato… sarà un adulto che rispetta».

Dai 6 anni in su: a scuola

Se i bambini fino ai 6-7 anni sono eterodiretti rispetto alle regole (ovvero devono essere guidati nel giudizio dagli adulti), successivamente avviene uno scatto cognitivo che permette loro di capire meglio le regole di declinarle nelle diverse situazioni.

IL RISPETTO DELLA MAESTRA. «Qui riportano quello che hanno vissuto e avete seminato nei primi 6-7 anni in termini di responsabilità, onestà e legalità. Il sistema di regole si fa più complesso, pensiamo solo alla scuola: dallo stare seduti a non parlare, dai compiti alla cura del materiale, dal rispetto per i compagni e per la maestra. All'inizio la massima autorità in classe la ascolteranno sulla fiducia, ma ben presto lo faranno sulla base del legame affettivo con lei. Se voi però in casa parlate male della maestra, inutile poi intimare loro comunque di ascoltarla: il messaggio è contrastante e difficilmente la vedrà come un essere umano con gli stessi suoi diritti!».

L'EDUCAZIONE CIVICA. La recente reintroduzione dell'educazione civica in classe è poi, secondo la pedagogista, un traguardo importante: «Anche con i bambini più piccoli si può parlare di mafia: non devono esserci tabù, solo un modo adeguato».

FARE LA SPIA. Segnalare le cose a un adulto è giusto o sbagliato? Tacciare un bambino come "spione" può ricondurre alla cultura omertosa e passa l'idea che bisogna "farsi i fatti propri": «La linea di demarcazione è l'effetto che una certa azione altrui ha sugli altri: la regola dovrebbe essere "quando c'è qualcosa che ti fa stare male (o fa stare male qualcun altro) e che non capisci fino in fondo, parlane con un adulto".

In questo modo "Marco mi ha preso in giro" è una segnalazione doverosa, ma "Marco ha usato il quaderno sbagliato" è solo voglia di parlare male del compagno, perché le conseguenze delle sue azioni ricadono solo su di lui e controllarlo compete alla maestra».

IL RISPETTO DEI BENI COMUNI. Anche sul rispetto degli spazi comuni e delle cose di tutti si lavora fin da piccoli: «Fate loro vivere tutti gli ambienti di casa, sapendo che devono prestare attenzione a seconda di dove sono: se ha lasciato i giochi sul tappeto in sala non dite "allora giochi in camera tua", ma "mettili via perché altrimenti rischiamo di inciampare o rompere il gioco". Poi non ci sarà differenza tra camera sua, l'aula di scuola o la strada. Lo stesso vale per l'abitudine a usare i cestini pubblici o a fare la differenziata a casa. Il passaggio è sempre quello dal rispetto dell'oggetto (che di per sé non gli è dovuto) a quello per le persone attorno a sé: a chi poi usufruirà di un determinato spazio, o del genitore che con il suo lavoro ha comprato quel gioco che è quindi il caso di trattare con cura».

Adolescenza: tempo di raccolta

Dal punto di vista della comprensione delle regole, l'adolescente è completamente maturo, ed è per questo che proprio nella fase della sfida alle regole l'unica vera bussola che li può orientare è proprio quanto si è lavorato negli anni precedenti sull'empatia. «Solo il riconoscere i sentimenti altrui porrà il limite alle loro azioni o li farà riconoscere gli errori, ma in fondo è tutto ciò che serve per non infrangere le regole davvero importanti del rispetto e della legalità: le norme per loro non hanno più senso in sé, ma solo se valorizzate dal rapporto con un adulto che davvero ci tiene e crede nel ragazzo.

Insomma, fatti veramente gravi compiuti a 18 anni ahimé non possono essere derubricati come "bravate", come ogni tanto capita di sentire: a quell'età hanno tutti gli strumenti per capire cosa stanno facendo».

STRUMENTI. Per approfondire i temi della legalità e dell'antimafia a scuola si può ospitare la mostra a fumetti "1, 10, 100 Agende Rosse!" delMovimento Agende Rosse. Sono poi adatte ai ragazzi due graphic novel di Giacomo Bendotti edite da Becco Giallo, "Giovanni Falcone" e "Paolo Borsellino. L'agenda rossa".

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