Come riconoscere e prevenire i maltrattamenti dei bambini a scuola
I casi di maltrattamento dei bambini a scuola purtroppo possono accadere. Sono situazioni molto delicate, che vanno gestite con grande attenzione e sensibilità, senza precipitarsi verso conclusioni affrettate in caso di dubbio, ma allo stesso tempo senza lasciar correre quando si colgono segnali d'allarme. Ne parliamo con Ilaria Maggi, presidente de La Via dei Colori Onlus, con cui abbiamo approfondito il tema di come prevenire il burnout degli insegnanti.
Come riconoscere i maltrattamenti: i segnali da cogliere
I cambiamenti repentini.
"Il comune denominatore dei numerosi casi che abbiamo gestito e stiamo gestendo è il cambiamento repentino e apparentemente immotivato – spiega Ilaria Maggi -. Può essere negativo, ma non per forza. Ad esempio, un bambino dal buon appetito che smette da un momento all'altro di mangiare, così come un bimbo inappetente che inizia ad avere sempre fame; uno che solitamente dorme e comincia a svegliarsi, o viceversa.
Il sesto senso.
"I genitori hanno un certo sesto senso: ti accorgi quando tuo figlio "non ti torna", quando c'è qualcosa che non va. È importante prestare attenzione al gioco, in cui i bambini tendono a rimettere in atto un comportamento che hanno visto fare da qualcuno, quasi sempre un adulto: difficilmente l'apprendimento e l'emulazione avviene tra compagni.
Novità piccole ma continuative.
"Bisogna poi fare attenzione se nostro figlio torna a casa e inizia ad esprimersi con parole nuove che nessuno dei genitori è solito usare, a mettere in atto gesti insoliti che in casa non può aver visto, o ancora a parlare con un accento diverso. Naturalmente non parliamo di una giornata di stranezze, ma di un comportamento continuativo o che sopraggiunge all'improvviso".
Quali domande porre ai bambini e come farlo
"Inutile chiedere com'è andata a scuola: la giornata scolastica è lunga e sono troppi gli stimoli. La cosa più importante è costruire un dialogo. Certo, questo andrebbe fatto prima: non si inizia a parlarle quando qualcosa non va.
Una buona idea può essere scegliere un momento dedicato alle "confidenze", ad esempio la sera, quando si è tranquilli e si può chiacchierare. La giusta strategia è circoscrivere le domande a un arco temporale limitato: che gioco avete fatto oggi in giardino, com'è andato il sonnellino e così via. Si noterà che il bambino racconterà alcuni momenti con disinvoltura, mentre rispetto ad altri, se c'è qualcosa che non va, inizierà a sfuggire con lo sguardo, sarà evasivo. Userà spesso espressioni come "non ricordo, non posso dirlo". A quel punto, contrariamente a quanto verrebbe spontaneo fare, bisogna smettere di fare domande. Non insistere. Dobbiamo dire al bambino che capiamo che è successo qualcosa che l'ha messo a disagio e che vorremmo saperlo, ma che ce lo potrà dire quando vorrà. Sarà importante rassicurarlo che in ogni caso gli crederemo e che qualunque cosa sia accaduta saremo sempre disponibili ad ascoltarlo. Attenzione però: mai interpretare e mai porre domande suggestive o chiuse, "imboccando" la risposta. E no alle domande a raffica o alle quali si possa rispondere con un "si" o con un "no" ".
Le tecniche da (non) utilizzare
"Esistono delle tecniche per cercare di capire se il maltrattamento è effettivamente avvenuto, come quella più nota di chiedere ai bambini di disegnare. Però, si tratta di tecniche che vengono usate da professionisti: meglio non fare gli investigatori. Siamo genitori. E siamo troppo coinvolti. Si rischia di non essere lucidi, di vedere indizi dove non ci sono. Quindi, se captiamo casualmente qualcosa di sospetto prendiamone mentalmente nota, ma non sottoponiamo mai i bambini a queste forme di indagine. Non chiediamogli di ripetere frasi già dette, non fotografiamoli o filmiamoli mentre parlano (almenoché loro non possano accorgersene), non forziamo in alcun modo la mano perché questo contribuirebbe ad aumentare il loro disagio".
I passi successivi da compiere
"In caso di ragionevole sospetto di maltrattamento, consigliamo di non parlarne con la scuola in prima istanza. Non per cattiveria o mancanza di fiducia, ma perché nel 97% dei casi non porta ad una risoluzione: i dirigenti, gli insegnanti e il personale ausiliario sono pubblici ufficiali e/o incaricati di pubblico servizio; per questo, di fronte a una ipotetica notizia di reato, dovrebbero fare loro stessi un esposto. Questo purtroppo non accade mai. Quello che può accade è che venga detto all'insegnante di stare più attento (cosa che però non debellerà il problema), magari gli si affianca una persona, e così il problema si trascina e basta. O peggio, più raramente, l'insegnante viene spostato in un'altra scuola mettendo in pericolo però altri bambini.
Inoltre parlare su gruppi whatsapp o in riunioni e assemblee di ciò che sospettiamo, potrebbe configurare il reato di calunnia e diffamazione nei confronti delle persone sospette e quindi ritorcersi contro di noi.
Quindi, quello che consigliamo di fare è rivolgersi a un esperto in maltrattamenti infrastrutturali che abbia già affrontato in precedenza casi di abuso all'interno delle strutture educative o al nostro numero verde. Eventualmente saremo poi noi o altri professionisti a guidare i genitori verso una denuncia, nei casi più gravi, o nella gestione del rapporto con la scuola o con chi di competenza. Per quanto riguarda invece cosa fare col bambino, se spostarlo in un'altra scuola, tenerlo per un periodo a casa, o lasciarlo nella stessa scuola, non c'è una risposta univoca: bisogna valutare caso per caso. La cosa certa è che nessuno, io prima di tutto, vi obbligherà a lasciare il bimbo a scuola per fare da "cavia" per le indagini".
I danni psicologici e come aiutare i bambini a superarli
"I segni che rimangono purtroppo sono molto importanti. Si pensa che due schiaffi non facciano male a nessuno, ma noi riscontriamo spesso danni permanenti e non solo sui bambini direttamente colpiti da questo reato.
Abbiamo periziato decine di bambini con test che coinvolgono tutta la famiglia, gli equilibri cambiano completamente e i danni rimangono in modo duraturo. Purtroppo lo so anche per esperienza personale. Inoltre, il danno si estende a tutta la società, perché gli insegnanti rischiano di essere visti negativamente in seguito a casi di cronaca che vanno a discapito di un'intera categoria. Il percorso da seguire per far sì che il bambino e la famiglia recuperino fiducia è lungo e diverso a seconda della situazione specifica, per questo consigliamo sempre di farsi accompagnare da personale esperto in "maltrattamenti infrastrutturali" che sono ben diversi da quelli cosiddetti intrafamigliari".
L'intervistata
A seguito della scoperta dei tragici avvenimenti dell'asilo Cip-Ciop di Pistoia dove il figlio era coinvolto, Ilaria Maggi ha fondato La Via dei Colori Onlus, di cui è presidente, per offrire supporto alle vittime di maltrattamenti con particolare specializzazione in quelli che avvengono all'interno delle strutture scolastiche, educative e di cura. La Onlus è l'unico punto di riferimento nazionale per minori e minoranze vittime di abusi o maltrattamenti infrastrutturali. Opera per fornire supporto a bambini, disabili o anziani maltrattati nelle scuole, negli ospedali, nelle case di cura o comunque da chi dovrebbe averne cura. La Via dei Colori fornisce consulenza gratuita di primo livello tramite il Numero Verde 800-98.48.71 e supporto legale, medico e organizzativo convenzionato per tutti i soci, tramite il Comitato Scientifico diretto dalla Dott.ssa Francesca Ribaudo. Nei primi undici anni di vita, l'associazione ha dato il proprio contributo in oltre 200 processi in tutta Italia, seguendo più di 1000 parti offese. Nel 2016 ha ricevuto il Premio internazionale di Diritto Minorile. Nello stesso anno ha istituito l'Osservatorio sulle Relazioni Educative e di Cura (OREC) in fase di digitalizzazione, che a oggi raccoglie, monitora e studia le dinamiche di circa 500 casi di "maltrattamento infrastrutturale" effettuando la ricerca scientifica sul fenomeno e su tutte le variabili che concorrono alla sua insorgenza.
La prima ricerca scientifica promossa dalla Casa Editrice Hogrefe e da La Via dei Colori Onlus, relativa a"Punti di forza e fragilità nella personalità dei genitori del bambino presunto vittima di maltrattamento infrastrutturale" è stata presentata nel 2019 al IV Convegno Nazionale di Psicologia Giuridica di Roma grazie al lavoro svolto da Ilaria Maggi e dalle Dott.sse Francesca Ribaudo e Monica Rea.