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Come spiegare l’inclusione ai bambini

di Stefano Padoan - 02.03.2021 - Scrivici

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Come spiegare l'inclusione? Educare bambini e bambine al rispetto della diversità è fondamentale per promuovere una società più votata all’inclusione

Come spiegare l’inclusione ai bambini

Siamo tutti diversi e di questo i bambini si accorgono ben presto. L'altro non è come me in tutto e per tutto, eppure saper stare insieme e non escludere nessuno è un insegnamento essenziale per la vita. Ecco i consigli della Pedagogista Elena Urso dello Studio Rossini Urso per spiegare l'inclusione ai più piccoli

In questo articolo

Cos’è l'inclusione per i bambini

«L'educazione al rispetto dell'altro comincia da piccoli, da quando i bambini iniziano ad osservare i comportamenti in casa e fuori casa delle persone vicine a loro» esordisce l'esperta. Ecco cosa significa educare all'inclusione a seconda delle fasce d'età:

  • Asilo nido. I bambini molto piccoli non percepiscono tanto la diversità come un problema e tendono a concentrarsi sugli aspetti che li accomunano. Ciò non vuol dire che il tema dell'inclusione non si ponga, anzi: «È più in generale la presenza dell'altro in sé (e non specificamente del diverso) a metterli in discussione: l'inclusione a questa età è iniziare ad integrare l'altro da me in un orizzonte che è molto egoriferito».
  • Scuola dell'infanzia. La negoziazione e la buona convivenza con i compagni è un obiettivo educativo che accompagna tutta la scuola materna, che lavora sulla definizione di regole, spazi e giochi comuni. «I bambini prima devono conoscere il proprio mondo interiore e poi che esistono anche gli altri, ognuno con le sue emozioni e forme di comportamento. E queste emozioni a volte combaciano, a volte sono diverse o addirittura opposte alle proprie».
  • Scuola elementare. Alla scuola primaria si potenzia questo allenamento propedeutico alla vita adulta e a forme di inclusione più sofisticate (ad esempio rispetto a differenze di nazionalità e credo politico o religioso): «Fino alle elementari i bambini si affidano a insegnanti ed educatori nel processo di crescita e accettano con meno senso critico la regola dell'inclusione».
  • Scuole medie e superiori. Alla scuola secondaria di primo grado invece aumenta la consapevolezza delle differenze che ci sono tra sé e gli altri: «I ragazzi cominciano a riconoscere sempre di più la diversità ed è qui che si tirano le fila del lavoro precedente: l'inclusione non è più un dettame da seguire ma qualcosa che deve far parte del modo di essere dei ragazzi».

Come educare all’inclusione in famiglia

La famiglia è fondamentale soprattutto per lo sviluppo emotivo del bambino, che comincia nei primissimi mesi di vita.

  • Allenate la loro empatia. Parlate delle vostre emozioni per trasmettere che anche loro sono liberi di farlo con voi, e che voi prenderete sul serio quello che vi diranno e proveranno. «La classica comunicazione serale è perfetta per scambiarsi le emozioni e i sentimenti della giornata. "Cosa pensi che abbia fatto la mamma al lavoro?"; "Oggi ho litigato con un collega" è un ottimo esercizio perché è un modo molto pratico per mostrare la comunicazione dei sentimenti e a uscire dal loro punto di vista egoriferito, allenando così la loro empatia».
  • Non abbiate paura delle emozioni negative. È in casa dunque che si impara a includere in sé tutte le emozioni, senza aver paura delle emozioni negative come tristezza, delusione e frustrazione che spesso bloccano più i genitori dei figli: «Non vivetele con ansia e non fategliele evitare. L'obiettivo è far capire a vostro figlio che tutte le emozioni che prova vanno bene, tutte le parti di sé vanno bene. Entrare in relazione con gli altri in maniera aperta e tollerante sarà così più facile».
  • Non edulcorate le fiabe. Integrare in sé anche le emozioni faticose è un ottimo passo e le fiabe hanno la funzione di avvicinare i bambini nel giusto modo anche alle parti della vita più difficili e "scabrose". «Usate le fiabe, soprattutto quelle classiche, senza risparmiare ai bambini le parti più dure: ognuno di noi ha una parte cattiva che non bisogna rimuovere dalla mente e ignorare».
  • Non buttate i giocattoli rotti. «Per un bambino un gioco rotto non è mai da buttare, ma diventa un'altra cosa e spesso se ne prendono anche maggior cura: anche voi dunque non buttateli, anzi provate a trattarli con maggiore attenzione. Per i piccoli è il modo migliore per accettare tutte le forme di diversità».
  • Donate dei giocattoli insieme a loro. Educateli anche a donare qualcosa di proprio. «Fate scegliere a loro qualche giocattolo da regalare, perché lo scelgono e a chi vorrebbero donarli. Scegliete pochi giochi e accompagnateli nel percorso spiegando bene loro a chi andranno: questo è un modo di integrare nei loro pensieri, senza averne esperienza diretta, l'esistenza di altre persone».

Come insegnare l’inclusione ai bambini della scuola dell’infanzia e primaria

  1. Spiegate le cose con sincerità. I bambini osservano molto e riconoscono subito la diversità, ovvero qualcosa che devia dalla propria norma soggettiva. «Già uno con gli occhiali è diverso e in loro sorge spontanea la domanda "Perché?". A questi quesiti, non mettetevi sulla difensiva e non giudicatela discriminatoria: i bambini chiedono per sapere, per curiosità, senza giudizi di valore. Usate anche metafore come "La natura fa i fiori colorati in modo diverso e così i prati sono più belli. È così anche con le persone". I bambini registrano la differenza, la elaborano e vanno avanti tranquilli».
  2. Lavorate in gruppi eterogenei. Mischiate età, genere ed etnie per fare lavori di gruppo in cui ciascuno sia valorizzato per il proprio apporto. E non tenete i gruppi fissi.
  3. Usate il cibo. L'incontro tra culture ed etnie diverse avviene attraverso il cibo, un bisogno e un piacere che accomuna tutti gli uomini e le donne. «Assaggiare cibi diversi, apprezzarne il sapore e anche la cura che ciascuno ha messo per prepararli per gli altri è una splendida metafora di accoglienza».
  4. Libri e fiabe. Leggete fiabe di letterature diverse e arricchite l'angolo dei libri in classe e in casa. «È facile in questi scritti trovare differenze ed elementi simili. Suggerisco per le elementari anche la lettura de "Lo sguardo del lupo" di Giancarlo Ferron (ed. Biblioteca dell'Immagine, 2015)».
  5. Il gioco spontaneo. Tutti i giochi che hanno regole predefinite aiutano, perché i bambini tendono ad escludere l'altro, a non aspettare il proprio turno o mettersi in fila. «Il gioco spontaneo è però altrettanto importante, perché è necessaria la capacità di autoregolamentazione: i bambini sono costretti a lavorare in autonomia, senza direzione da fuori».
  6. I compagni che fanno più fatica non rallentano la classe. Sfatiamo il mito che gli alunni stranieri con poca conoscenza della lingua o i compagni con disturbi dell'apprendimento rallentino il programma della classe: «È un equivoco in cui cadono spesso i genitori, ma in realtà gli studi dimostrano che l'educazione tra pari è efficace: i bambini, se chiamati ad aiutare un compagno, apprendono loro stessi molto meglio e acquisiscono maggiori capacità di rielaborare i concetti e di spiegarli. Un bambino poi è molto più interessato se interagisce con un coetaneo. Ecco perché, a maggior ragione, la persona da alfabetizzare non va trattata come un problema ma come un elemento da integrare per lavorare insieme».
  7. Invitate i compagni a casa. Tutti i bambini hanno le preferenze e non dobbiamo insistere che siano amici di tutti, ma «sollecitiamoli ad avere una certa apertura nell'invito a casa, così facendo favoriamo un atteggiamento di accoglienza verso gli altri».

Come spiegare l’inclusione ai ragazzi delle scuole medie

  1. Attenzione al linguaggio. La scuola secondaria di primo grado è una tappa verso la maggior conoscenza del mondo e delle dinamiche sociali, ecco perché è importante porre l'attenzione sul linguaggio usato: «A questa età il linguaggio si fa più esplicito e aumenta la tendenza a commentare. Educateli ad evitare modi di esprimersi discriminatori e fate loro capire che peso possono avere le parole».
  2. Fate notare le conseguenze delle azioni. La capacità di mettersi nei panni degli altri è un processo lento: «Dagli 11 anni i bambini iniziano a capire cosa provano gli altri, ma questo ancora non li rende in grado di censurarsi e di modificare il loro comportamento in funzione di questa maggiore empatia: capiscono, ad esempio, che un ragazzo ci rimane male di fronte a un'offesa ma lo prendono in giro lo stesso. Lavorate su questa capacità di trasformare la loro percezione in un'azione concreta».
  3. Libri sull'inclusione. Far leggere i ragazzi affina i loro pensieri rendendoli più complessi. «È più facile parlare di sé a partire da libri o film. Consiglio la trilogia di Italo Calvino "Il visconte dimezzato", "Il barone rampante" e "Il Cavaliere inesistente" e il racconto di fantascienza "Sentinella" di Fredric Brown».
  4. Film sull'inclusione. «Oltre a "Wonder" consiglio "Jojo Rabbit" che parla di inclusione e discriminazione, ma anche la serie tv "Stranger Things", che parla di mondi diversi: la fantascienza è un modo per discuterne in modo non convenzionale, perché tratta i temi in modo abbordabile e ambienta le storie in un luogo indefinito che ci fa abbassare le difese rendendoci così più ricettivi».

L'intervistata

Elena Urso è Pedagogista dello Studio Rossini Urso (assieme alla collega Elisabetta Rossini). È autrice di numerosi libri dedicati alla genitorialità, tra cui "I genitori devono essere affidabili, non perfetti" (Edizioni Edicart, 2015) e "Dudù e la torcia magica" (Edizioni Edicart, 2019). Tutti i loro libri si trovano a questo link. L'8 marzo 2021 saranno relatrici all'evento online "Il talento delle donne" organizzato dal comune di Milano.

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