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Cosa significa educare all'affettività nella nostra società?

di Giorgio Crico - 29.12.2023 - Scrivici

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Fonte: Shutterstock
Educare all'affettività è diventato un tema centrale nel dibattito pubblico. Un'esperta ci aiuta a orientarci tra verità e falsi miti.

In questo articolo

Educare all'affettività: cosa significa nella nostra società?

Anche a causa di alcuni dolorosi casi di cronaca, il dibattito sull'educare all'affettività e sull'educazione sessuale è più caldo che mai. Si parla moltissimo anche del ruolo che possono assumere lo Stato e le istituzioni scolastiche, in proposito, così come delle differenti esigenze che le varie fasce d'età possono presentare a riguardo. Alice Righi, educatrice professionista e pedagogista a Milano, esperta nell'ambito dell'educazione all'affettività e alla sessualità, ci spiega in cosa consista realmente questo tema così discusso oggi, perché sia diventato di grandissima attualità e quale ruolo debba assumere la scuola all'interno del processo educativo.

Educare all'affettività: quali sono i principali significati?

Dottoressa Righi, che cos'è l'educazione all'affettività?

"L'educazione all'affettività è innanzi tutto educare a un'identità armonica della persona. Non riguarda solo la sfera emotiva e relazionale ma tutte le dimensioni che compongono l'identità. In sostanza, non è per forza un progetto o un corso specifico: può esserlo, naturalmente, ma qualsiasi figura che si occupi della crescita di una persona si occupa anche di educazione all'affettività. I genitori, gli insegnanti, i catechisti, gli allenatori sportivi e così via, consapevolmente o meno, trasmettono i loro principi su questo tema perché è un aspetto fondante dell'essere umano. La persona in crescita non ha un'identità definita e definitiva ma è in costruzione ed è lì che dobbiamo lavorare, per sostenere, supportare, accompagnare, allenare il futuro adulto".

Cosa significa educare all'affettività: perché si parla molto di educazione all'affettività?

Ultimamente, l'educazione all'affettività è un tema piuttosto caldo. Secondo lei, perché se ne parla così tanto? C'entra anche la cronaca?

"In realtà, penso che il dibattito sull'educazione all'affettività sia viziato da un problema di base. A volte, mi sembra infatti che ci sia quasi un tentativo di delegare agli esperti questa specifica branca dell'educazione quando, ripeto, non può bastare un corso o un progetto a tema.

Questo genere di percorsi può essere di rinforzo, di stimolo sia per le persone in crescita, sia per le figure educative che tutti i giorni si occupano di loro. L'aspetto positivo del fatto che l'educazione all'affettività è un argomento d'attualità risiede nella crescente consapevolezza che si tratta di un argomento centrale per lo sviluppo dell'essere umano. Quindi, il dibattito può servire a responsabilizzare tutte le figure e le agenzie che si occupano di formazione ed educazione ma anche la società e lo Stato. Come recita un detto africano piuttosto noto, 'ci vuole un villaggio per crescere un bambino'".

Cosa significa educare all'affettività: quando ha senso cominciare a fare educazione all'affettività?

Esiste davvero un momento particolarmente indicato, nella vita dei bambini, in cui cominciare a far fare loro percorsi di educazione all'affettività?

Le prime figure educative sono i genitori. Dalla nascita – se non addirittura dal concepimento – trasmettono al figlio cosa vuol dire entrare in relazione con un'altra persona attraverso non solo gesti o parole ma anche mostrandogli come vivono in prima persona i propri rapporti, soprattutto nelle situazioni di conflitto e nella loro gestione. Detto questo, un percorso di educazione all'affettività – inteso come servizio erogato da esperti – può iniziare anche durante la scuola dell'infanzia (3-5 anni). Specifico che, per non confondere i lettori, non si parla di educazione sessuale ma di educazione all'affettività, appunto. Come abbiamo già visto, questo significa che si lavora sulle varie aree che compongono l'identità di una persona: quella corporale, quella cognitiva, quella sociale, quella affettivo-emotiva e quella relazionale. Quindi non esiste un 'momento indicato' per iniziare a fornire questo genere di servizio ma, piuttosto, ci si sforza di progettare i percorsi di educazione all'affettività considerando gli utenti a cui ci si rivolgerà. Sono loro i destinatari finali dei corsi, con tutte le loro risorse e i loro bisogni".

Cosa significa educare all'affettività: cosa può fare la scuola?

Dottoressa Righi, lei lavora abitualmente anche in contesti scolastici. Cosa ritiene che possa fare effettivamente la scuola, in quest'ambito?

"Come dicevo, può essere molto utile che la scuola accolga percorsi specifici di educazione all'affettività, valorizzando proprio questi aspetti della crescita. Allo stesso tempo, il corpo insegnante – e tutte le altre figure di riferimento del personale scolastico, incluse quelle non docenti – deve comprendere chiaramente che il lavoro dei professori e dei maestri è soprattutto educativo e che ciò che trasmettono alle alunne e agli alunni, attraverso la relazione che si crea tra di loro, può essere persino più incisivo della stessa didattica. Non è solo ciò che fanno gli insegnanti ad avere un impatto educativo, ma anche chi sono. Dal punto di vista della scuola, chiamare esperti esterni è sicuramente un'opzione. Tuttavia, prima ancora di ricorrere a figure specializzate, c'è il lavoro quotidiano degli insegnanti che, con proposte e attività specifiche, diventa strumento primario con cui la scuola stessa può lavorare sull'affettività degli studenti. La didattica, il sapere in senso ampio, può benissimo essere un tramite efficace. Gli eventuali percorsi specifici di educazione all'affettività con esperti devono quindi entrare in continuità con la proposta didattica, non devono essere fini a sé stessi. Si deve creare un fil rouge educativo tra esperti, insegnanti e genitori".

Alice Righi è una pedagogista di Sesto San Giovanni, con oltre vent'anni di esperienza in ambito educativo. Fin da giovanissima, ha lavorato educatrice professionale, occupandosi soprattutto di disabilità, di bambini, di giovani e di adolescenti, spesso e volentieri all'interno delle istituzioni scolastiche dell'alto milanese e della Brianza. Attualmente, è titolare di una serie di percorsi di educazione all'affettività rivolti essenzialmente ai giovani e ai giovanissimi che si tengono principalmente nelle scuole della provincia di Milano. Oltre a tutto ciò, la dottoressa Righi è anche una danzaterapeuta certificata con un diploma in Danza creativa, disciplina che utilizza spesso come strumento conoscitivo all'interno di percorsi specifici di educazione alla corporeità.

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