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Cosa vuol dire essere un uomo vero, risponde Alberto Pellai

di Stefano Padoan - 20.02.2023 - Scrivici

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Fonte: Shutterstocks
Siamo legati a vecchi stereotipi di genere. Ma oggi cosa vuol dire essere un uomo vero? Lo spiega lo psicoterapeuta dell'età evolutiva Alberto Pellai.

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Cosa vuol dire essere un uomo vero?

I temi dell'educazione emotiva faticano a entrare nella nostra cultura. In particolare si scontrano con una concezione di maschio ancora legata a vecchi schemi di machismo. L'uomo che non deve chiedere aiuto, che non può piangere, che affronta tutto di petto. Ma cosa vuol dire essere un uomo vero? Alberto Pellai, medico e psicoterapeuta dell'età evolutiva, nel suo ultimo libro "Ragazzo mio. Lettera agli uomini veri di domani" (DeAgostini, 2023) prova una volta per tutte a scardinare questi concetti arcaici.

Perché è necessario un manuale di educazione emotiva per i maschi

Della necessità di superare gli stereotipi di genere si parla da anni, ma nonostante il dibattito sia aperto e attuale raramente questi temi vengono affrontati direttamente con i ragazzi. «Quasi nessuno parla con loro, anzi i messaggi che continuano ad arrivare ai maschietti fin da piccoli sono che di emozioni è meglio non parlare. Quando le manifestano, gran parte dei genitori le bloccano disorientati dal fatto che siano cose "da femminucce"». A spaventare gli adulti sono soprattutto le emozioni negative come paura e tristezza, perché vorrebbero (comprensibilmente ma del tutto irrealisticamente) che i figli non le provassero mai. «E bloccare l'accesso alle emozioni, quando i figli maschi crescono, si traduce nel non affrontare nemmeno i temi dell'educazione all'affettività».

Essere un uomo vero: serve un modello positivo

Gli approfondimenti sull'educazione di genere sono sostenuti in ambito femminile e dalla parte del mondo maschile che abbraccia le nuove forme di paternità. All'atto pratico però la cultura di genere maschile è ancora sostanzialmente ferma. «Anche nella prevenzione della violenza di genere si parla di maschile solo in termini negativi e di patriarcato: si parla del rischio di trovarsi di fronte a uomo che fa male, ma non si dice come si comporta un uomo che sta bene con la propria mascolinità. Non vengono proposti ai ragazzi modelli positivi, ma ci si limita a metterli in guardia da ciò che non devono diventare.

Come se in qualche modo fossero naturalmente portati a tendere verso violenza e prevaricazione». Non si dà loro fiducia insomma, facendoli riflettere innanzitutto su cosa sono realmente e cosa di bello sono chiamati a essere. Un approccio positivo e proattivo è certamente più attrattivo di uno negativo e preventivo.

Come parlare ai ragazzi di amore e sessualità

I nostri ragazzi poi hanno la sfortuna che nessuno parla loro di affettività e sessualità. «È un argomento molto più tabù tra i maschi. Le mamme parlano alle figlie del menarca, mentre i padri allo spermarca non affrontano il tema del corpo che cambia e dello sviluppo sessuale. Chiedetevi quando vi siete occupati dell'educazione affettiva e sessuale del vostro figlio maschio. Che supervisione fate delle loro navigazioni online, se avete mai parlato dell'uso della pornografia e di che idea di maschile e femminile restituisce». Anche a scuola, spesso l'educazione sessuale rischia di essere implicitamente rivolta più alle ragazze, considerate più responsabili o comunque più direttamente coinvolte. «Vedere, anche qui, il maschile più come una minaccia che come alleato serio e competente non aiuta i ragazzi. Che invece avrebbero tanto bisogno di essere aiutati a gestire in modo nuovo il dialogo e la relazione con il femminile». È insomma un tema che i genitori devono inserire nel proprio progetto educativo.

Il falso mito del "vero uomo"

L'immaginario maschile ruota attorno ai concetti di forza, potenza, agonismo e competizione. «In questa logica diventa fondamentale essere il più forte, o quanto meno mostrarsi tale. Dare l'idea di essere in condizione di dominio, degli altri ma anche di sé. Da qui deriva il rifiuto e il camuffamento della fragilità, l'impermeabilità ai propri stati emotivi e anche l'imperturbabilità di fronte ai sentimenti altrui. Il falso mito del "vero uomo" suggerisce ai nostri ragazzi che il loro obiettivo è bastare a se stessi, essere resistenti e infrangibili contro tutto e tutti.

A furia di fare i "duri", però, si finisce per spezzarsi». Ma l'essere umano a livello evolutivo è andato oltre la legge naturale del più forte. Il cervello cognitivo costruisce significati, regola le emozioni e le pulsioni e quindi i comportamenti, permettendoci di essere "animali sociali" in grado di vivere insieme agli altri.

Cosa vuol dire essere un uomo vero

Ai nostri ragazzi dobbiamo quindi far capire che la vita non è una gara e loro non sono naufraghi solitari, bensì persone fatte per entrare in relazione con se stesse e gli altri. «La proposta della vera mascolinità è di entrare in modalità cooperativa e solidale, dove non si elegge un "capo branco" ma si è tutti membri di una squadra. Avendo accanto persone che ci supportano possiamo affrontare sia la vittoria che la sconfitta, che risulta altrimenti intollerabile soprattutto per i maschi. Per imparare a chiedere aiuto quando serve e a non vivere le condizioni di vulnerabilità nell'isolamento, ci vogliono uomini dotati di tutte le emozioni e in grado di entrarci in contatto. Solo così il falso mito di resistenza diventa capacità sociale di resilienza».

Le frasi da dire e quelle da non dire più

Essere un vero uomo vuol dire dunque connettersi con la propria sensibilità per riuscire a esprimerla, come naturale bisogno di ogni essere umano. Bisogna però insegnare ai nostri ragazzi a ritrovare le parole. «Come e a chi si comunica di essere tristi o preoccupati? Per vedere un'alternativa al silenzio, i nostri figli hanno bisogno di esempi concreti e di segnali di apertura e accoglienza. Il vero coraggio non è tenersi tutto dentro, ma riuscire a dire queste parole difficili, ma di verità, su di sé». Ecco alcune frasi da trasformare in famiglia:

  • Sii uomo. È un'esortazione che giudica non "da uomo" un certo comportamento (secondo lo stereotipo vigente) dando ad intendere al ragazzo di essere sbagliato.

    Sostituitela con "Sii te stesso".

  • Non piangere come una femminuccia. A una certa idea di maschile e femminile aggiunge il rifiuto delle emozioni del figlio maschio. Da sostituire con "Se ne hai bisogno piangi, perché se sei triste è normale e necessario avere voglia di farlo".

  • Non aver paura. È un ordine inutile e che il ragazzo non potrà mai ottemperare, sentendosi così incapace e inadeguato. Alle emozioni non si comanda, anzi il coraggio sta nello starci dentro. Dite "Guarda in faccia la tua paura e condividila con me".

  • Sii forte. All'idea di forza come valore massimo del maschio, sostituite il valore della competenza. "Sii competente".

L'intervistato

Alberto Pellai (www.albertopellailibri.it) è psicoterapeuta dell'età evolutiva e ricercatore presso il dipartimento di Scienze biomediche dell'Università degli Studi di Milano. È autore di molti famosi libri di parenting e psicologia, tra i quali "Tutto troppo presto. L'educazione sessuale dei nostri figli ai tempi di Internet" e "Mentre la tempesta colpiva forte" e, con Barbara Tamborini, "L'età dello tsunami", "Il metodo famiglia felice", "Vietato ai minori di 14 anni" (DeAgostini, 2021) e "Next Level" (De Agostini, 2022).

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