Disciplina dolce
Negli ultimi anni tra i genitori, complici internet e social network, c'è un crescente interesse per un approccio educativo che si basa sulla gentilezza, che abbandona rimproveri e punizioni nel gestire comportamenti indesiderati dei bambini. Questo metodo, noto come "Disciplina dolce" o "educazione gentile" sfida i tradizionali paradigmi educativi concentrandosi sull'ascolto e il rispetto dell'individuo, rifiuta il sistema dei premi e delle punizioni, proponendo alternative apparentemente innovative. Ma cosa significa realmente educare i propri figli applicando la "via" del dialogo e della dolcezza? Nella disciplina dolce ci sono dei contro oltre ai pro? Funziona realmente o ha delle controindicazioni? Cerchiamo di scoprirlo insieme a Claudia Denti, esperta in Scienze dell'Educazione, fondatrice di Genitore Informato e Parentalife, due community a sostegno della genitorialità.
Che cosa è la disciplina dolce
La disciplina dolce è un approccio educativo che si basa sull'empatia e il rispetto verso il bambino, considerato come portatore di bisogni. Si focalizza sull'ascolto profondo del bambino e sull'accoglienza delle sue emozioni e istanze, per comprendere veramente chi è. Questo metodo apre la comunicazione con il bambino attraverso pratiche come l'alto contatto, la Comunicazione Non Violenta e la legittimazione delle emozioni proprie ed altrui. Non significa educare senza regole: il rispetto delle regole è un bisogno del bambino e stabilire dei limiti è parte integrante di questo approccio. Dunque la disciplina dolce non promuove una genitorialità permissiva, ma piuttosto un equilibrio tra empatia e fermezza nel mantenere dei confini. Abbiamo approfondito l'argomento "disciplina dolce e capricci" in questa intervista alla pedagogista Elena Cortinovis.
I limiti della disciplina dolce
"L'approccio - spiega Claudia Denti, esperta in Scienze dell'Educazione - sembra offrire una boccata di ossigeno ma in realtà ha dei limiti significativi. Innanzitutto non ha una comprovata valenza scientifica che funzioni a lungo termine e rischia di stressare i genitori compromettendo la qualità dell'educazione e delle relazioni familiari. Si tratta insomma di un approccio che può andare bene per educatori di talento, con competenze e pratica sul campo di anni: i genitori, nella maggior parte dei casi, non sono in questa situazione e quindi si trovano in difficoltà e finiscono per sentirsi inadeguati e incapaci, rischiando quello che in termini tecnici si chiama burnout, ovvero una sindrome che, legata allo stress, esaurisce le risorse psico-fisiche di chi ne è vittima".
Si tratta dunque di un metodo che, pur offrendo molti vantaggi, pone mamma e papà davanti a sfide che spesso sono difficili da affrontare: "Una lettura solo apparente - prosegue la Denti - può far sembrare questo tipo di approccio permissivo e invece non è così perché ha bisogno di stabilire regole ferme ma giuste, che devono essere coerenti e accompagnate da spiegazioni comprensibili per i bambini.
Il che non è facile, considerando che richiede attivamente ai genitori di mettere in secondo piano e talvolta sopprimere le proprie emozioni in nome di un colloquio pacifico che spesso non è possibile. Da qui alcuni dubbi sembravano inevitabili: come possiamo educare all'emotività se siamo i primi a sopprimere ciò che proviamo veramente? Inoltre, come supportiamo questi genitori quando il dialogo è carente o, peggio ancora, non funziona?".
Il rischio dunque è che il genitore possa vivere un forte senso di disagio, possa cioè non sentirsi all'altezza e non essere in grado di compiere alcune cose che la disciplina dolce richiede. "Perché una famiglia funzioni in modo armonico - sottolinea Claudia Denti - è opportuno che tutti i suoi componenti siano preservati. L'approccio di cui stiamo parlando può avere come conseguenza che una mamma e un papà disorientati finiscano con l''ammalarsi', esprimendo un forte senso di disagio e frustrazione".
Quindi, se da un lato l'obiettivo è di crescere in modo sano i figli, molto probabilmente un metodo di questo tipo può compromettere la salute dei genitori con delle inevitabili ripercussioni anche sui figli. Un ulteriore problema sulla strada di un metodo educativo funzionale alla nostra epoca è che, per moltissimi genitori, rifiutare la disciplina "rispettosa" significa appoggiare la violenza. Questa dicotomia è purtroppo molto comune ed è un'idea sbagliata: si può educare senza usare la violenza e senza scadere nel lassismo.
"L'elemento cardine - conclude l'esperta - è quello di rimettere al centro la figura del genitore perché la sua centralità educativa va rispettata e salvaguardata".
Come capire che la disciplina dolce non fa per noi?
"Su questo argomento si potrebbe scrivere un libro intero - prosegue l'esperta. "Se ti senti profondamente stressato e frustrato ogni volta che devi interagire con tuo figlio (soprattutto nei momenti difficili), e se ti trovi a dover reprimere continuamente le tue emozioni, inclusa la rabbia, portandoti al limite delle tue energie psicofisiche, allora è un segno che questo modello educativo non sta funzionando per te.
Se ti trovi a scontrarti frequentemente con il tuo partner perché punti sulla disciplina dolce 'a tutti i costi' e l'ambiente in famiglia peggiora, facendosi caotico e teso, anche questo non è un buon segno. Gli effetti sul bambino saranno quelli di confusione e disordine educativo. In particolare per la discrepanza tra il linguaggio verbale, estremamente gentile e comprensivo, e quello corporeo, contratto da frustrazione, rabbia e stanchezza represse, che comunica tutt'altro".
Le alternative
"Per prima cosa il genitore deve comprendere che l'educazione del bambino parte prima di tutto dalla propria. Per poter aiutare il bambino a gestire le proprie emozioni, il padre e la madre devono avere una vita emozionale matura ed equilibrata. Questo lavoro su se stessi dura tutta la vita.
I genitori italiani, in questo periodo storico, seguono principalmente tre macromodelli educativi: un'educazione casuale e reattiva, una più 'tradizionale' - spesso involontariamente incline alla violenza - e una più moderna, assimilabile alle correnti di educazione gentile e di disciplina dolce.
Con il mio staff abbiamo lavorato a un metodo più completo che metta insieme i punti forti dei migliori modelli educativi e che vada a estirpare, alla radice, i problemi che i metodi attuali portano con sé. Nella nostra disciplina, che abbiamo chiamato 'Umami' anche per un simpatico contrasto con il dolce (Umami è un gusto completo e soddisfacente, che regala un'esperienza anche più completa del 'dolce'), si rimette finalmente al centro il genitore e non solo il bambino. Ne parleremo, tra l'altro, nel libro 'Impara a dire no' che uscirà questo giugno, edito dalla Rizzoli" conclude Claudia Denti.
Sull'intervistata
Claudia Denti, Dottoressa in Scienze dell'Educazione e della Formazione, Consulente del Sonno IACSC, fondatrice di Genitore Informato e Parentalife, due community a sostegno della genitorialità. Ideatrice della Disciplina Umami e divulgatrice scientifica.