È ormai dimostrato anche dalla ricerca scientifica che il processo di apprendimento dovrebbe sempre essere sostenuto da emozioni positive, al fine di generare nello studente un senso di autoefficacia.
Obiettivo del libro Educare la mente educando il cuore (Red edizioni, pp. 128), scritto dall'educatrice ed esperta di DSA Veronica Togni, è fornire ad insegnanti e a genitori strumenti e strategie utili per aiutare bambini e preadolescenti a scoprire e a conoscere le emozioni, ad accogliere l'errore (senza farsi travolgere da questo) e a gestire i momenti di difficoltà durante il percorso scolastico nel migliore dei modi.
Abbiamo intervistato la scrittrice Veronica Togni, chiedendole alcuni consigli per adulti (insegnanti, genitori, educatori) affinché possano educare i bambini attraverso le emozioni.
Educare attraverso le emozioni
«Nella vita, per gli adulti tanto quanto per i bambini, le esperienze sono impregnate di emozioni: ciò significa che anche mentre un bambino apprende prova emozioni. Purtroppo ancora oggi sono molti coloro che ritengono emozioni e cognizione due entità scisse tra loro, quando invece sono l'una correlata all'altra.
Mi piace descriverle infatti come due protagonisti di una danza, dove al contrario di quanto si è sempre pensato, è l'emozione che conduce il passo, questo perché l'esperienza emozionale viene tracciata più in fretta nella memoria autobiografica. Porto spesso l'esempio della me bambina, quando frequentavo la scuola elementare (oggi primaria) ed in classe c'era la lezione di matematica.
La mia maestra di quel tempo urlava in continuazione quando sbagliavo, ripetendomi che non sapevo, mi strappava le pagine dicendomi che dovevo rifare da capo e così via. Ero arrivata al punto di chiedere a mia mamma di spostarmi di sezione, perché lei mi faceva piangere e avevo paura durante le sue lezioni: non volevo averci nulla a che fare.
Oggi ho 31 anni e nonostante abbia delle conoscenze matematiche ogni qualvolta devo rievocare nella mia mente alcuni apprendimenti che al tempo erano stati difficili, provo un sentimento di insicurezza e, come per le tabelline, ricontrollo sempre con la calcolatrice i risultati; mi sento dubbiosa perché nella mia memoria autobiografica si è inciso il sentimento di inadeguatezza e paura.
E questo è un cortocircuito doloroso e perpetuante dalla quale diventa difficile uscire, poiché si rischia di scivolare nell'impotenza appresa: ovvero apprendere di non essere in grado di imparare una determinata materia e ci si convince talmente tanto di questo che ci si auto saboterà. 'Veronica studentessa' ha per decenni detto e pensato che con i numeri non ci sapeva fare, che era inadeguata per la matematica e ne aveva paura perché incompetente in questa. Grazie all'incontro con la dott.ssa Daniela Lucangeli ho invece capito che ero entrata nel vortice dell'impotenza appresa ed è ciò che mi ha spinto e mi motiva oggi a stare vicino ai bambini che vivono delle fatiche a scuola ed alle loro famiglie».
Come insegnare ai bambini a capire le emozioni?
«In passato si credeva che fossero il periodo neo natale e i primi mesi di vita a sancire l'inizio della storia di un individuo, invece 'tutto inizia nell'utero'. La madre ed il proprio bambino ancora in grembo hanno una stretta connessione emotiva. Le emozioni che la madre vive vengono trasmesse al piccolo attraverso un'interazione neuro-ormonale e tutto questo è vicendevole.
Anche il feto reagisce emotivamente agli stimoli che riceve e li trasmette alla sua mamma. Tutto questo contribuisce a costruire quella che viene definita "memoria fetale". Già a 16 settimane l'embrione produce espressioni facciali in risposta agli stimoli intrauterini e mese dopo mese classificherà come piacevoli o spiacevoli gli stimoli che percepisce, mettendo le basi per lo sviluppo emotivo.
Sarà una volta fuori dal 'pancione' che le emozioni riceveranno una forma sempre più definita, assumendo sfumature nuove e non più considerate solo come positive o negative. Durante il primo anno di vita si strutturano le emozioni primarie, chiamate così perché di base, infatti non si apprendono. Non si può insegnare ad un bambino ad essere felice, arrabbiato o triste; lo è e basta.
Quello che il genitore deve fare invece è insegnare in primis a riconoscere le emozioni, per poi imparare a dar loro un nome ed infine a gestirle affinché non diventino eccessivamente travolgenti. Per fare questo però il genitore stesso deve avere una buona alfabetizzazione emotiva: come possiamo insegnare ad un bambino a gestire la propria tristezza se noi per primi non riusciamo a conviverci?».
Imparare a sbagliare: come accogliere anche l'errore?
«Nell'ambito dell'apprendimento, e non solo, l'errore fa ancora tanta paura e provoca dolore, per questo si cerca di rifuggirlo. I bambini temono che sbagliando e prendendo un brutto voto nella verifica possano deludere la mamma ed il papà o che gli insegnanti possano reagire male dinanzi ad un insuccesso che è in realtà il loro e di nessun altro.
Quando lavoro con bambini che hanno paura dell'errore e si sentono incapaci ed impotenti dinanzi ad esso, li rassicuro e cerco di spiegar loro che sbagliare è normale, è parte integrante del processo d'apprendimento. Chi non sbaglia è perché non sta imparando cose nuove, ma sta facendo qualcosa che già sapeva.
Inoltre racconto loro sempre la storiella del Signor Errore, un personaggio barbuto ed incappucciato incontrato sul sentiero dell'imparare. Inizialmente fa paura, ma poi si scopre che non è altro che una guida che cerca di spiegare al viandante dove ha sbagliato strada e gliene indica una nuova.
Estrapolato dal contesto d'apprendimento invece, l'errore è possibile fronteggiarlo ponendoci noi per primi come modello rispetto la relazione che intessiamo con l'errore stesso. Richiede tanto lavoro su di sé. Non è semplice, ma possibile. Nel mio libro pongo molta attenzione all'errore ed anche a quel bambino che risulta sempre puntuale e funzionante, e le insidie che ciò nasconde».
Come gestire i momenti di difficoltà emotiva dei bimbi
«Dinanzi ad emozioni che ci mettono in scacco, quello che suggerisco e che come genitore cerco di fare, anche se non sempre riesce perché siamo umani e le esperienze di vita ci influenzano continuamente (a questo punto dell'intervista penso ormai sia chiaro), è quello di riuscire ad interpretare in modo oggettivo un evento che suscita sentimenti di irritazione e frustrazione, a causa di costrutti pregressi che tutti noi, con il nostro vivere, abbiamo.
Attenzione! Cercare oggettività negli eventi non significa svuotarli delle emozioni, ma cercare di accendere la nostra mente razionale in modo da tollerare gli eventi. Durante il master in Disturbi Specifici dell'Apprendimento e difficoltà scolastiche, legate all'apprendere del bambino è stata insegnata a me ad agli altri corsisti una strategia che si basa sulla REBT di Albert Ellis (Rational-Emotive Behavoir Therapy), in modo da aiutare i bambini e ragazzi che hanno pensieri irrazionali sul proprio apprendimento, a sostituirli con pensieri razionali.
Ho pensato di rendere questa tecnica utile anche nella genitorialità; mi spiego cercando di utilizzare parole il più semplici e accessibili: questa teoria spiega che le reazioni emotive sono frutto di un dialogo interiore che nemmeno ci rendiamo conto di fare.
Uno degli esempi che riporto nel libro è personale. Mi piace molto la pulizia, e nel weekend impiego tutta la mattinata a pulire e nel pomeriggio avere la casa splendente come desidero mi dà senso di pace. Quando arriva l'ora della merenda mi raccomando con la mia piccola di non sbriciolare e sporcare, ma ecco che il bicchiere pieno di succo va in terra, si rompe e sporca tutto il pavimento. È qui che in modo impercettibile viene effettuato un dialogo dentro di noi.
È molto probabile che il dialogo dica che è sempre la stessa storia, pulisco e puntualmente lei sporca, non sta attenta ed è maldestra e sembra quasi che lo faccia apposta. Da questo pensiero l'emozione che scaturisce è di frustrazione e rabbia che sfoca presumibilmente in sgridate e urla. Ma cosa succede se questo pensiero irrazionale, perché con razionalità si è consapevoli che non succede sempre e che lo faccia apposta, lo sostituissimo con un pensiero più razionale?
È frustrante aver pulito tutto e dover ripulire questa zona; il succo poi è appiccicosissimo, ma d'altronde è una bambina e anche a me capita che le cose scivolino di mano, ed urlare non cambierà la situazione.
La reazione a questo dialogo interiore sarà sicuramente più tollerante e riusciremo a dare una buona educazione emotiva. Imparare a riconoscere i propri pensieri irrazionali, secondo me, cambia la vita».
Educare attraverso le emozioni, consigli per genitori
«Il mondo di oggi corre e sembra che vada sempre più veloce. Tutto sembra anticipato e noi adulti contribuiamo a questo 'bruciare le tappe'.
- Ai genitori suggerisco di rallentare. Trattiamo i bambini come bambini e non come se fossero nostri amici o piccoli adulti. Smettiamo di fare scherzi cattivi ai piccoli per 'andare virali': mesi fa l'ultimo che mi è capitato sott'occhi è stato quello dell'uovo aperto rompendolo in fronte al piccolo. Visualizzazioni, like e trends sono davvero più importanti dell'emozione di un bimbo/bimba che era pronto a cucinare e divertirsi con il proprio genitore, ed invece viene colpito di sorpresa ed il risultato è mortificazione e pianto.
- Ancora suggerisco agli adulti, tutti, (genitori, insegnanti, allenatori ecc..) di imparare a stare e a convivere con i fallimenti proponendosi come modelli positivi e senza sciogliersi come neve al sole.
- Ai politici vorrei chiedere di cambiare la scuola, rivoluzionarla dalle fondamenta. La dispersione scolastica in Italia è tra le più alte in Europa. Per me è una vergogna, perché penso che questo sia causato non solo da fattori socio economici, ma anche di tipo emotivo. È NECESSARIO creare una didattica affettiva. Fare ciò significherebbe aver capito quello che la ricerca ci sta spiegando, che senso di colpa e paura affossano l'apprendimento e non è elargendo 100 euro a chi ha la media del 9 che si motivano e si crescono adulti migliori».