C'era un tempo in cui ai genitori non importava se i figli avessero ottimi motivi per essere arrabbiati con il professore di matematica o se la professoressa di italiano li rimproverasse ingiustamente. La loro risposta non cambiava: l’insegnante ha sempre ragione. Oggi, invece, l’alleanza educativa tra famiglia e scuola sembra vacillare. E le reazioni di mamma e papà davanti alla nota della maestra sono ben diverse. Il più delle volte si limitano a protestare con l’insegnante o con il preside, ma nei casi più gravi possono perfino alzare le mani contro il docente.
È successo a gennaio in un liceo di Avola, dove i genitori di un ragazzo hanno spaccato la costola all’insegnante di educazione fisica, colpevole di aver invitato l’alunno a chiudere la finestra prima di scendere in palestra. O una settimana fa a Vimercate, dove una prof di storia è stata colpito da un lancio di sedie a luci spente durante la lezione.
Per quali motivi si arriva alla violenza fisica contro gli insegnanti e come deve comportarsi il resto della classe in questi casi? Se a essere violento è un genitore? O se è un alunno? Lo abbiamo chiesto a Lorenzo Sartini, psicologo e psicoterapeuta.
Riconoscere il ruolo educativo dell’insegnante
Una delle radici di questo problema è di natura "sociale".
Per i docenti è sempre più difficile farsi rispettare in classe e a volte i primi a non riconoscere la loro figura professionale sono i genitori: «Una volta l’insegnante aveva un ruolo educativo definito e importante.
Oggi è considerata una persona che non è riuscita a fare quello che voleva, viene pagata poco e ha un riconoscimento sociale precario.
A questo si aggiunge il rifiuto dei ragazzi nell’interiorizzare l’autorità che viene sistematicamente messa in discussione, prima a casa e poi in classe».
L'incapacità nel gestire le emozioni
Quando si è spettatori di questo disastro educativo, bisogna agire subito e tempestivamente: «La prima cosa da fare in questi casi è proteggere il docente che ha subito violenza: i colleghi e gli altri genitori devono fargli sentire che non è solo», spiega Sartini.
Accettare gli errori e i fallimenti dei figli
Un punto fondamentale da trasmettere ai genitori, una sorta di "medicina preventiva" a questi episodi, è il fatto che anche i loro figli possono sbagliare, ma dobbiamo ricordare che ogni errore può trasformarsi in una opportunità di crescita.
«Oggi il genitore non accetta l’idea che suo figlio non raggiunga il successo.
Se un insegnante mette in luce le difficoltà dell’alunno, mamma e papà spesso entrano in panico.
Sono troppo impegnati a fare in modo che i propri figli non vengano colti mai in fallo.
Un esempio sono i compiti a casa: i genitori il più delle volte cercano di sopperire alle loro mancanze, ma in questo modo si impedisce ai figli di affrontare una difficoltà.
L’insegnante è lì per correggere e l’errore deve essere visto come una occasione per progredire: è anche attraverso il fallimento, piccolo o grande che sia, che si apprende e si imparare a mettersi in discussione.
Nella nostra società invece è vietato sbagliare e non si sa più tollerare la frustrazione di un errore».
Quando ad essere violenti sono gli alunni
Non solo genitori violenti.
Ad aggredire i docenti a volte sono gli stessi studenti.
Per lo psicologo Emilio Masina, psicanalista della Associazione Italiana Psicanalisi, psicoterapeuta dell’infanzia, dell’adolescenza e della coppia, bisogna ristabilire una relazione tra insegnanti e alunni: «I casi di cronaca non sono tutti uguali, non possiamo generalizzare.
I segnali da cogliere in tempo e il lavoro preventivo
«Il problema non è solo capire se un ragazzo sta male e se reagisce con violenza, ma è lavorare preventivamente per creare un contesto che possa aiutare l’alunno a trovare una risposta alle sue domande e indirizzarlo verso interlocutori competenti», continua Masina. «I segnali che mostra un ragazzo in difficoltà sono visibili a tutti: si isola, non studia, fa tardi la sera davanti al pc o al telefono. I genitori purtroppo non riescono a dire dei no e gli insegnanti pretendono che i ragazzi passino da una famiglia che li coccola ad una scuola estremamente esigente. Questo potrebbe portarli verso episodi depressivi o oppure ad avere atteggiamenti violenti, come può essere anche il comportamento da bullo contro i più deboli o contro l’insegnante».
Aggiornato il 06.11.2018