Spesso scegliamo di non mostrare rabbia, tristezza o disappunto di fronte ai bambini per cercare di preservare la loro serenità. Ma i bimbi sono molto più ricettivi di quanto si pensi...
A sottolinearlo è uno studio condotto da ricercatori della Washington State University Vancouver nel quale si è voluto dimostrare come la tendenza a reprimere emozioni negative davanti ai piccoli non solo non serva a molto, ma anzi comporti alcuni effetti negativi sul loro modo di agire.
Come descritto da Sara Waters, firma principale della ricerca, sulla rivista Emotion, i dati a supporto della teoria sono stati raccolti osservando il comportamento di 109 genitori - suddivisi quanto più omogeneamente possibile tra madri e padri - nel rapporto con i figli successivamente ad un episodio spiacevole.
La fase di studio
L'esperimento sociale consisteva in due fasi.
Nella prima gli adulti venivano sottoposti ad una specie di stress-test nel quale erano invitati a parlare in pubblico ricevendo impressioni negative dalla platea in ascolto.
Questa situazione decisamente sgradevole forniva le condizioni iniziali per imbastire la vera prova.
Ancora scossi dall'esperienza vissuta infatti, i genitori dovevano mettersi all'opera con i figli - di età compresa tra i 7 e gli 11 anni - per completare una collezione LEGO.
La stretta collaborazione tra le due parti in gioco era garantita dal fatto che i bambini avevano le istruzioni ma non potevano toccare i mattoncini, mentre i genitori posizionavano i LEGO senza però poter leggere le istruzioni.
Prima di iniziare però ad alcuni genitori era stato chiesto di lavorare nascondendo le proprie emozioni, mentre ad altri era stato detto di agire con naturalezza.
L'osservazione
Sia figli che genitori erano attaccati a sensibili sensori che tracciavano battito cardiaco, livello di stress ecc...
«Eravamo interessati ai comportamenti - ha spiegato la Waters - osservavamo la ricettività, il calore, la qualità delle interazioni e il modo in cui i genitori aiutavano i loro figli».

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Il tentativo di reprimere lo stress rendeva infatti i genitori meno propositivi, ma non erano i soli a reagire. Anche i bambini, di riflesso, assumevano atteggiamenti meno positivi, come se i genitori trasmettessero loro tutto il disagio.
I padri hanno fornito meno dati di rilevo anche perché - come spiegato dagli stessi autori della ricerca - sono mediamente meno collaborativi («Abbiamo impiegato molta fatica a portare i papà in laboratorio!»)
Ma allora come bisogna rapportarsi con i figli quando c'è qualcosa che non va?
«Se i bambini avvertono che sta accadendo qualcosa di negativo, ma i genitori continuano a comportarsi normalmente, essi ne rimangono confusi, perché vengono inviati messaggi conflittuali - ha detto la Waters - Lasciamo dunque che i figli vedano l'intero quadro. Ciò aiuta i bimbi ad imparare a regolare le loro stesse emozioni e a capire che i problemi possono essere risolti. È sempre meglio quindi spiegare loro perché si è arrabbiati e dire cosa si farà per migliorare la situazione»