Hikikomori e Covid: com’è cambiata la situazione
L'hikikomori è un fenomeno sociale che coinvolge soprattutto i giovani che, per scelta, decidono di isolarsi, rifiutando ogni tipo di contatto con l'esterno. Talvolta anche con i genitori. Un evento che in Italia sta registrando numeri importanti e che, con la pandemia e la successiva riapertura, è tornato all'ordine del giorno. Ne parliamo con la dottoressa Chiara Illiano, psicologa-psicoterapeuta recentemente intervenuta ad un webinar sul tema promosso dal Coordinamento Donne della Mutua sanitaria Cesare Pozzo, in collaborazione con l'Associazione Hikikomori Italia.
Chi sono gli hikikomori
Dottoressa Illiano, chi sono gli hikikomori?
"Vengono definite hikikomori quelle persone che, ad un certo punto della loro esistenza, decidono di ritirarsi dalla vita sociale per lunghi periodi (mesi o anni) chiudendosi in casa o, nei casi più gravi, nella loro stanza. È un termine giapponese che significa letteralmente "stare in disparte" e viene usato dai primi anni '80. Si tratta di un fenomeno sociale che deriva principalmente dalle pressioni di realizzazione sociale: infatti si trova solo in società economicamente sviluppate. Non è una psicopatologia ma può creare patologie psicologiche e psichiatriche a causa del prolungato isolamento: disturbi d'ansia, disturbi dell'umore, dipendenza da internet e così via".
Hikikomori e Covid: come è cambiata la situazione
Come è cambiata la situazione con Covid?
"Non ci sono dati ufficiali ma, nella nostra associazione, con la pandemia abbiamo notato situazioni molto diversificate tra loro. Nelle persone in ritiro da molto tempo si è riscontrato un effetto paradossale con un conseguente miglioramento. Finalmente, infatti, dopo tanto tempo si sentivano come tutti gli altri: tutti stavano a casa come loro con conseguente diminuzione delle pressioni sociali. Chi, invece, non era ancora entrato in isolamento o ne stava uscendo ha subito una regressione ed un peggioramento della condizione. Con le riaperture è accaduto quello che temevamo: numerose le richieste di aiuto pervenute alla nostra associazione per un incremento dei casi di ritiro sociale".
La pandemia, i campanelli d’allarme e il coinvolgimento dei genitori
Con la pandemia è stato più difficile intervenire? A cosa devono prestare attenzione i genitori?
"Noi abbiamo continuato a svolgere il nostro lavoro online mantenendo le terapie individuali e famigliari e i gruppi di mutuo aiuto per i genitori. Inizialmente abbiamo riscontrato una diminuzione delle richieste di aiuto, come se il lockdown giustificasse il fenomeno. Senza comprendere che, invece, era il momento migliore per agire e per lavorare proprio sui rapporti famigliari, ricreando quel sistema di comunicazione e di relazioni che si era rotto. Troppo spesso si pensa che hikikomori sia sinonimo di dipendenza da internet, quindi i genitori si allarmano per le ore passate a giocare o davanti allo schermo del telefono. In realtà i segnali di allarme sono molti: assenza da scuola (uno dei più importanti), visione negativa della società, predilezione per hobby solitari, diminuzione dei contatti con i pari".
Come supportare gli hikikomori in una situazione di complicazione dei rapporti sociali
Come si possono supportare gli hikikomori in questa situazione di complicazione oggettiva dei rapporti sociali?
"Come detto sopra, il primo intervento è sulla famiglia. Gli hikikomori non ritengono di avere un problema, quindi bisogna agire sul sistema di appartenenza. Le pressioni implicite familiari contribuiscono alla persistenza del problema attraverso comunicazioni e azioni che devono essere affrontate e modificate. Abbiamo visto che, molto spesso, una volta che sono cambiate le dinamiche familiari, la persona ritorna ad aprirsi con i genitori e a considerare la possibilità di rivolgersi ad un professionista esperto. Il lockdown, ed il Covid in generale, in questo caso ci hanno aiutato su più fronti: per la possibilità di fare terapie online (da sempre predilette in questo caso) e di permettere ai genitori di entrare maggiormente nel mondo dei loro figli attraverso la conoscenza e l'utilizzo del digitale".
Hikikomori: il parere dell’Oms
L'Oms si è mai espressa su questo fenomeno?
"La comunità scientifica internazionale è più o meno concorde nel considerare l'hikikomori come un fenomeno sociale e non come una psicopatologia.
Nel DSM IV viene citata come sindrome culturale, mentre nel DSM V scompare. Su più fronti viene richiesto un maggiore approfondimento del fenomeno proprio per il fatto che sembra essere presente in molti Paesi del mondo e stanno aumentando le pubblicazioni scientifiche a riguardo".
L'intervistata
Chiara Illiano, psicologa-psicoterapeuta, è coordinatrice Area Psicologica dell'Associazione Hikikomori Italia per il Lazio.