“Non lo so che cosa mi è preso: continuavo a dirgli di rimettere a posto i suoi giocattoli perché era ora di cena e lui continuava ad ignorarmi. La sua indifferenza mi ha innervosito così tanto che, dopo l’ennesima richiesta, mi è scappato di dargli uno schiaffo. Lui ci è rimasto malissimo, ma anche io adesso sono in preda ai sensi di colpa…” (Massimiliano)
Risponde la psicologa e psicoterapeuta Rosanna Schiralli.
“Se il figlio disobbedisce, una sanzione ci vuole. Ma le botte no, neanche una volta tanto. Perché alzare le mani è sempre segno di un fallimento educativo e di debolezza da parte del genitore, che non è riuscito a farsi ascoltare in altro modo. Anche se attraverso lo schiaffo cerchiamo di ridefinire i ruoli, di comunicare al figlio chi è che comanda, in realtà è un gesto che ci fa perdere di autorevolezza, perché un genitore che si sente sicuro del proprio ruolo non ha bisogno di ricorrere alle mani.
Per il bambino invece uno schiaffo è umiliante e incute paura, perché non può difendersi e perché vede il volto del genitore trasformarsi. E poi pensiamoci un attimo: se lo facesse un insegnante ci verrebbe da denunciarlo, perché invece noi dovremmo essere autorizzati a farlo?
Come rimediare a uno schiaffo sfuggito?
Non chiedendo scusa, perché sarebbe come dire che abbiamo sbagliato e abbiamo bisogno della sua “assoluzione”, ma spiegando semplicemente che quel suo comportamento ci ha fatto perdere la pazienza, che neanche i grandi sono perfetti, è un gesto che non ci appartiene e non succederà più. E ovviamente non deve succedere più.”
Aggiornato il 19.02.2018