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Il bambino dice le parolacce: che fare

di Angela Bisceglia - 14.11.2018 - Scrivici

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Fonte: Foto: Pixabay
Una parolaccia: un bambino può dirla per imitazione, per sfogo, per provocazione. Quale il comportamento più adatto da parte di noi genitori? Dipende soprattutto dall’età del bambino, come ci spiega la psicologa e psicoterapeuta Rosanna Schiralli

In questo articolo

Un conto è la parolaccia innocente pronunciata a 3 anni, un conto è la parolaccia che entra nel linguaggio di un ragazzino: è diversa la funzione e l’uso che se ne fa ed è diverso il significato che gli si attribuisce.

Ecco i consigli della psicologa a seconda dell’età del bambino. E i suggerimenti validi per tutti.

Intorno ai 3 anni: le parolacce rientrano tra le “prove” di linguaggio


L’interesse verso le parolacce comincia verso i 3 anni, quando, man mano che si sviluppa il linguaggio, il bambino prova a ripetere un po’ tutti i suoni che ascolta intorno a sé. Non ha consapevolezza di quel che sta dicendo e non ha alcuna intenzione offensiva: al tempo stesso, però, intuisce che la parolaccia, rispetto a tutti gli altri suoni, ha una “marcia in più”, perché solo quando pronuncia certe parole gli adulti hanno reazioni particolari, di meraviglia, divertimento, imbarazzo. Ecco che allora può provarci gusto nel ripetere determinati suoni nel tentativo di suscitare di nuovo quelle reazioni.


Come comportarsi. Proprio perché il bambino non si rende conto della portata offensiva di certe parole, l’atteggiamento migliore da parte degli adulti, almeno inizialmente, è quello di far finta di nulla, perché molto spesso, così come sono arrivate alla sua bocca, vanno via. Molto importante non ridere o mostrarsi scandalizzati di fronte alla parolaccia, altrimenti potrebbe sentirsi stimolato a ripeterla all’infinito.

Dai 4 ai 6 anni


Man mano che cresce, il bambino intuisce che la parolaccia può essere uno strumento molto efficace per attirare l’attenzione, destare scandalo o solo sfogarsi. Pur non comprendendo ancora il significato di un certo termine, capisce che è come una parola magica, con la quale può ottenete un effetto ben preciso.
Come comportarsi
Proviamo a chiedergli di sostituire quella parola con un’altra buffa, che storpia la lingua ma non è volgare: in questo modo si allontana l’attenzione dalla parolaccia ma si lascia il gusto di trasgredire e di destare ilarità. Se il bambino insiste, evidenziamo che certe parole non si dicono perché fanno male a chi le sente: per rafforzare il nostro discorso possiamo giocare con gli emoticons, da disegnare o cliccare insieme sul cellulare: se ad esempio pronunciamo parole come “bello” o “bravo”, abbineremo una faccina sorridente, se diciamo “brutto” o “stupido” metteremo una faccina triste.
Se neanche questo ha effetto, il bambino va stoppato, esattamente come quando compie altre azioni maleducate, dicendogli con tono fermo e deciso che certe parole non si dicono.

Dai 6 anni in poi


Una volta iniziata la scuola elementare, il bambino ha ormai compreso che la parolaccia può essere usata con l’intento ben preciso di offendere o deridere qualcuno, per irritare il genitore o per esprimere rabbia. E via via comincia a comprenderne i vari significati.


Come comportarsi
Proprio perché ha ormai consapevolezza dell’implicazione morale della parolaccia, serve un intervento correttivo più deciso da parte di noi genitori, che abbiamo il dovere educativo di esprimere la nostra disapprovazione netta. Se ad esempio ha detto una parolaccia ad un suo compagno, chiediamogli di metterci nei panni dell’altro, per fargli capire come ci si può sentire; possiamo anche far finta di scambiarci fra di noi delle parole brutte, in modo da verificare che effetto fanno. Se persevera nel suo comportamento, senza fare scenate o rimproveri eclatanti si può ricorrere a piccole sanzioni, come il divieto di vedere un cartone o qualche piccola rinuncia che ponga un paletto alla sua “libertà espressiva”.

Le regole per tutte le età


Dare il buon esempio
Non possiamo chiedere a loro di non dire parolacce quando noi non perdiamo occasione per gettarle ai quattro venti. Al volante, a tavola, quando raccontiamo di un collega str…avagante, teniamo a freno la lingua. Per lo stesso motivo chiediamo ai fratelli più grandi, in genere più “disinvolti” nel linguaggio, di stare attenti quando parlano davanti a fratellini.


Cercare parole alternative
Quando è arrabbiato vuole sfogare anche verbalmente i suoi sentimenti? Proponiamogli di individuare parole alternative e non offensive per esprimere rabbia, meraviglia, tristezza. Magari ne inventiamo qualcuna dentro casa, da usare come codice linguistico condiviso, che crea senso di complicità.


Cercare sfoghi alternativi
Dare pugni al pungiball, tirare calci col pallone, andare a fare una corsa, accarezzare il gatto domestico: ci sono anche altre modalità per scaricare certi sentimenti negativi: ognuno potrà individuare quello più efficace.


Gratificarlo se riesce a trattenersi
Se dopo qualche tentativo riesce ad evitare le parolacce che gli avevamo sentito pronunciare, gratifichiamolo. Tornando all'espediente degli emoticons, potremmo creare una tabella dove disegnare la faccina sorridente il giorno in cui è riuscito a non dire parolacce e la faccina triste se ci è cascato di nuovo.
Oppure attribuire un punteggio ai giorni “virtuosi” e, quando si raggiunge un certo traguardo, si fa qualcosa di bello insieme.


Insegnare a chiedere scusa
Se è scappata una parolaccia offensiva contro qualcuno dobbiamo insegnare a nostro figlio a chiedere scusa: magari non si è reso conto della portata di quel che ha detto, magari sì, ma l’insulto è sempre sbagliato e deve scusarsi con chi è stato offeso.

Fare attenzione alla tv
Prestiamo attenzione al tipo di programmi che guardiamo in presenza dei nostri figli: a volte anche in programmi “seri” come un dibattito politico si usa un linguaggio aggressivo. Per non parlare di certi reality e talk show. I bambini dovrebbero guardare solo programmi adatti alla loro età.

Riempiamo la loro valigia della sicurezza
Spesso i ragazzini dicono parolacce per imitare certi coetanei percepiti come 'forti'. "Nel loro percorso di crescita i nostri figli incontreranno chi insegna parolacce o altre cattive abitudini, chi offre droga, alcol o altre 'tentazioni': ma se in casa i bambini e i ragazzi troveranno sempre accoglienza e regole, se in casa stabiliremo un rapporto di condivisione e fiducia, avranno la possibilità di riempire adeguatamente la loro personalissima 'valigia della sicurezza' e, quando vedranno qualcuno dire o fare qualcosa di sbagliato, non sentiranno alcun bisogno di distinguersi, di credersi forti o di sballarsi con certi strumenti, perché saranno consci di avere ben altre qualità per emergere e farsi notare" conclude la psicologa.

A volte è il segnale che qualcosa non va
Se il turpiloquio si associa ad un atteggiamento di ansia, nervosismo, aggressività, e se, nonostante i vari accorgimenti suggeriti, il bambino non riesce ad evitare certo modo di parlare, può darsi che ci stia comunicando inconsciamente un disagio che vive quotidianamente, nell’ambiente famigliare o extrafamigliare, che non riesce ad elaborare e ad esprimere in altro modo. In tal caso può essere d’aiuto rivolgersi ad un esperto, che aiuti ad interpretare correttamente il suo atteggiamento

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