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Il bambino parla poco e male, consigli ai genitori

di Elisabetta Ranieri - 16.05.2013 - Scrivici

Ci sono bambini che iniziano a chiacchierare prestissimo e altri che invece stentano a dire le prime parole o hanno difficoltà di pronuncia. Come capire se è solo un ritardo o c'è qualcosa che non va? Ne abbiamo parlato con Laura D’Odorico, docente di Psicologia dello sviluppo e disturbi del linguaggio all’Università Bicocca di Milano.

  • Il bambino impara dalla mamma, non dalla tv.“Il bambino ha bisogno di essere esposto alla lingua madre specialmente nel primo anno di vita: il primo fattore che predice lo sviluppo quantitativo del linguaggio è la comunicazione materna, o comunque, della persona che lo alleva” sottolinea Laura D’Odorico. “Il piccolo, infatti, impara poco dall’esterno: è errato, per esempio, pensare che impari ascoltando la televisione. Inoltre, man mano che si sviluppano le competenze linguistiche, il bambino impara non più associando la parola all’oggetto corrispondente, ma anche in relazione al significato della frase. Così accade per esempio per i verbi”.

  • Al nido molto piccolo: è importante il rapporto numerico educatrici/bambino. “Un ingresso precoce e prolungato al nido nei primi due anni di vita può rallentare il ritmo di sviluppo del linguaggio, perché il bambino non avrà una persona solo per lui che gli rivolge continuamente la parola. Dipende dal rapporto numerico educatrici-bambini e l’ambiente esterno può essere rilevante solo nel caso di bambini già particolarmente vulnerabili”.

  • Indica con il dito? Non insistete perché parli “Il bambino che sa il nome delle cose le dice” sostiene la Prof.ssa D’Odorico. “E non bisogna insistere perché parli. La madre fa sempre bene a interpretare: è peggiore il rischio di frustrare il bambino che non quello eventuale di permettere che sia pigro. Il bene supremo, infatti, è che, in qualsiasi modo, madre e figlio comunichino fra di loro”. Quando poi il bambino uscirà dal nido familiare dove tutti conoscono “la sua lingua”, trovare le parole per comunicare con i pari sarà un nuovo stimolo.

  • Mamma e papà parlano due lingue diverse: che ciascuno usi sempre la stessa. “È assolutamente positivo parlare in due lingue al bambino. Ci saranno fenomeni di rallentamento nello sviluppo ma l’esito favorevole non viene compromesso, purché ci sia coerenza nelle situazioni: per esempio, mamma parla sempre inglese e papà italiano”.

  • Primo, secondogenito, ultimo: nessuno parte sfavorito. “Indagini recenti hanno rilevato che la posizione del bambino in famiglia (primogenito, ultimogenito, ecc…) non influisce sulla velocità dello sviluppo linguistico” sottolinea l’esperta. “Le femmine, invece, imparano in media uno o due mesi prima e il ritmo è più veloce in relazione alla scolarità più elevata della madre. Non sono però variabili determinanti sull’esito finale”.

  • Balbetta o pronuncia male: consultatevi con il pediatra. “La balbuzie in età prescolare è irrilevante dal punto di vista linguistico, perché dipende da cause di ordine emotivo-relazionale” spiega D’Odorico. “Per i problemi articolatori l’intervento da parte del logopedista è indicato non prima dei 4 anni. Lo specialista adotterà un programma di riabilitazione e il difetto fonologico in linea di massima si risolve”. Per le indicazioni sullo specialista rivolgetevi al pediatra di base o alla asl.

  • Anche dopo l’anno, parlare al bimbo è più importante di chiedere. “Non si deve chiedere, si deve dare. Solitamente accade che nei primi 12 mesi i genitori parlino molto al bambino, mentre nei successivi 12 tendano a chiedere: il nome degli oggetti, o delle figure quando si sfogliano i libri. La madre, invece, deve continuare a parlargli sempre, perché il bambino impara dal modello verbale dell’adulto, non dall’esercizio di ripetizione”.

  • Non sottolineate i suoi errori, ma dategli il tempo di cui ha bisogno. “Tempestarlo di domande indicando questo o quello, parlare davanti ad altri delle sue eventuali difficoltà, anticiparlo, interromperlo dicendo che si ha già capito non favorisce la sua possibilità comunicativa. Quando sbaglia, invece di correggerlo, ripetete la versione corretta”.

  • Un ambiente difficile non impedisce al bambino di imparare. “Il linguaggio è un competenza robustissima, che si sviluppa anche in condizioni esterne molto negative”.

Consulenza di Laura D’Odorico, docente di Psicologia dello sviluppo e disturbi del linguaggio all’Università Bicocca di Milano.

(fonte dati normativi: Primo vocabolario del bambino, di M. Cristina Caselli, Patrizia Pasqualetti e Silvia Stefanini, ed. Franco Angeli)

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