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Il bambino si picchia da solo: cosa possono fare i genitori

di Giulia Foschi - 13.09.2022 - Scrivici

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Fonte: Shutterstock
Non è preciso parlare di autolesionismo nei piccoli; quando il bambino si picchia da solo sta reagendo a situazioni di stress e disagio: ecco come intervenire

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Il bambino si picchia da solo: cosa possono fare i genitori

Può capitare che un bambino, anche molto piccolo, metta in atto qualche gesto di apparente autolesionismo. Ad esempio, dandosi degli schiaffi da solo o picchiandosi da solo. Questo atteggiamento si può presentare in situazioni di stress, stanchezza o frustrazione e i genitori possono intervenire con semplici gesti e frasi, cercando di intuire il malessere del bambino. Ne parliamo con Eleonora Farina, professore associato di Psicologia dello Sviluppo e dell'Educazione presso l'Università Bicocca di Milano.

Darsi schiaffi da solo

Quando il bambino inizia a darsi schiaffi da solo: cosa c'è dietro ad un atteggiamento simile? Quali sono le cause?

"Come molti già immagineranno non è possibile ricondurre questo comportamento ad un unico ordine di cause. Innanzitutto qualche precisazione: per autolesionismo si intende la volontà di procurarsi danni fisici in grado di procurare dolore ed è un fenomeno che, pur interessando anche fasce d'età molto basse, ha una prevalenza in preadolescenza e adolescenza (soprattutto tra i 12 ed i 14 anni). I bambini più piccoli possono mettere in atto comportamenti che di fatto procurano loro dolore come una risposta alla frustrazione: è una manifestazione della difficoltà a fronteggiare situazioni stressanti, che possono essere diverse.

Facciamo alcuni esempi:

  • al bambino viene impedito di fare qualcosa (il tollerare un "no");

  • il bambino non riesce a fare qualcosa, anche mentre sta giocando da solo o con altri;

  • i bambini sono molto stimolati dalla situazione, ma anche molto stanchi (vorrebbero essere attivi e partecipativi ma faticano a rimanere svegli).

In queste situazioni il bambino fatica prima di tutto a comprendere e dare un nome alla tensione emotiva interna e "sposta" il dolore all'esterno, sul proprio corpo (che è qualcosa di più tangibile, visibile) perché così sembra – paradossalmente – più controllabile".

Autolesionismo bambini 1 anno

È possibile parlare di autolesionismo nei bambini di 1 anno? Se si, come si manifesta e cosa possono fare i genitori?

"Se pensiamo all'autolesionismo "da definizione" dobbiamo includere il carattere di volontarietà: per questo possiamo pensare che in bambini molto piccoli, di appena un anno, sarebbe impreciso parlare di autolesionismo vero e proprio. La frustrazione nei bambini così piccoli può derivare dal fatto di non avere ancora strumenti precisi ed efficaci per comunicare i propri bisogni, così il bambino utilizza il corpo e l'ambiente (che sono i suoi principali strumenti di conoscenza del mondo a quell'età) per esprimere un bisogno di ascolto. È dunque importante che l'adulto si sintonizzi con il bambino per ascoltarlo in un momento del suo sviluppo in cui le parole non sono ancora uno strumento efficace per comunicare, soprattutto le emozioni e gli stati interni. Sintonizzarsi significa osservare il bambino, cercare di intuire quali sono i suoi desideri di esplorazione e fare da ponte tra questi e l'ambiente, magari accompagnando questi gesti con parole semplici che possano dare forma ad una sensazione o un pensiero".

Ad esempio, possono essere d'aiuto verbalizzazioni come queste:

  • "Oh questa pallina è proprio in alto, ti aiuto a prenderla!"

  • "Vedo che sei arrabbiato, non riesci a fare questo? Lascia che ti aiuti!"

Bambini che si picchiano da soli a 4, 5, 6, 7 anni: cosa possono fare i genitori?

Bambini che si picchiano da soli in diverse fasce d'età (4/5/6/7 anni): perché e cosa possono fare i genitori?

"Crescendo, i bambini aumentano le possibilità di esprimere i loro bisogni e i loro stati interni utilizzando molti più strumenti, il linguaggio innanzitutto. Tuttavia, in alcuni casi il procurarsi dolore rimane uno di questi. È importante parlarne subito con il bambino (senza allarmarlo o sgridarlo), utilizzando un linguaggio adatto alla sua età, per evitare che questa forma di comunicazione "agita" si cronicizzi: mostrare che comunicare diversamente un disagio funziona di più per stare meglio è il miglior modo per favorire lo sviluppo di forme sane di gestione emotiva

".

Con i più piccoli è importante:

  • osservare e individuare le situazioni fonti di stress che possono generare queste risposte comportamentali;

  • cercare situazioni di gioco o condivisione in cui possano emergere quegli stessi elementi stressanti da gestire insieme;

  • verbalizzare e dare un nome alle emozioni e alle azioni che si compiono.

"Con i più grandi si può affrontare il discorso più direttamente, partendo per esempio dal comunicare che abbiamo notato che c'è qualcosa che non va: sentirsi visti nelle proprie difficoltà – oltre che nelle potenzialità, chiaramente – è fondamentale, anche quando l'adulto non ha ben chiaro "cosa fare dopo". Dire ad un bambino che vediamo la sua sofferenza e che insieme proveremo ad affrontarla è fondamentale per rassicurarlo e aprire un canale comunicativo per promuovere il benessere".

L'intervistata

Eleonora Farina è Professore Associato di Psicologia dello Sviluppo e dell'Educazione presso il Dipartimento di Scienze Umane per la Formazione "R. Massa" dell'Università Bicocca.

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