La rabbia negli adolescenti: come comportarsi?
La rabbia è una delle più frequenti manifestazioni di disagio negli adolescenti. Comportamenti aggressivi, oppositivi, provocatori o violenti vengono interpretati come espressione di cattiveria, assenza di valori, insensibilità, noia, disturbi mentali. In realtà essi sono più spesso la conseguenza della disperazione e una reazione di fronte a ostacoli percepiti come insormontabili nel percorso di sviluppo. Alfio Maggiolini, psicoterapeuta e autore di "Pieni di rabbia" (Franco Angeli, 2023) ci aiuta a comprendere le origini di questo fenomeno e come poterlo gestire.
Perché gli adolescenti provano tanta rabbia
Bisogna ricordare che la rabbia è un'emozione che provano tutti gli esseri umani, un modo per reagire a situazioni di minaccia, frustrazione o vergogna. «Alla reazione aggressiva si è più propensi se si è di genere maschile e nella fase evolutiva tipica dell'adolescenza, con i disagi legati ai cambiamenti psicofisici. A questi fattori si aggiungono quelli socio-economici (disagio sociale e incertezza sul proprio futuro) e individuali, come la personalità ed eventuali condizioni patologiche». La rabbia è dunque stata presente nei ragazzi di ogni epoca.
La Generazione Z (gli adolescenti di oggi) tendenzialmente non mostra più rabbia rispetto al passato. «Le loro emozioni dominanti sono vergogna e tristezza. Il rapporto con internet non suscita rabbia, quanto piuttosto la necessità di costruire la propria identità sulla dicotomia esporsi/nascondersi, inclusione/esclusione. Gli adolescenti di oggi, insomma, sono meno ribelli e più tristi e infelici».
Come si manifesta la rabbia degli adolescenti
A cambiare, dopo il trauma collettivo del Covid-19, sembra essere la frequenza e il modo in cui si manifestano le reazioni rabbiose. «I ragazzi e le ragazze hanno risentito del fatto che fosse impossibile fare esperienze e avere occasioni di relazione». Ciò ha aumentato l'incidenza di fenomeni come il ritiro sociale e comportamenti autolesivi come i disturbi alimentari, ma anche:
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Relazioni intrafamiliari sotto stress.
L'inconsueta convivenza in spazi stretti, nel contesto di relazioni familiari negative, ha messo sotto pressione un sistema e i comportamenti rabbiosi sono aumentati. «Sono aumentati i casi di parental abuse nei confronti dei genitori, la cosiddetta violenza filio-parentale. Si va dalle minacce verbali a quelle fisiche, a volte come esplosioni episodiche e altre volte ripetute. Non è per nulla un fenomeno nuovo, ma in questi ultimi anni stanno interessando più frequentemente anche le ragazze».
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Risse. L'altro fenomeno che sembra esploso è quello legato a risse e baby gang. «Si tratta di atti sempre esistiti e un po' sovrastimati dai media, grazie soprattutto a internet che non è causa scatenante ma veicolo di amplificazione. Sia perché i ritrovi si organizzano su ampia scala e rapidamente anche tramite Whatsapp, sia perché tutto viene poi ripreso e postato sui social con un effetto di spettacolarizzazione. Una novità è dunque legata ai canali e alla tipologia di scontri: se in passato era tra gruppi etnici, oggi è più tra periferie e centro e quartieri diversi».
Quando la rabbia degli adolescenti è sintomo di un malessere profondo
La rabbia è considerata un'espressione emotiva normale quando è immediata e contingente. Diventa problematica quando muta sotto due aspetti:
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Maggiore persistenza. Quando la rabbia diventa uno stato di base persistente nel tempo (cioè non una reazione di fronte a minaccia e frustrazione). «Il ragazzo o la ragazza vive in uno stato di rabbia perenne e affronta tutto con spirito di rivendicazione. In questo caso può diventare violento in ogni momento e con pretesti non giustificabili nemmeno dall'ipotesi che sia una reazione a un presunto torto subito».
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Modalità espressive. A seconda del grado di espressione della rabbia. «Un conto è se un soggetto la esprime in modo verbale o addirittura argomentato, oppure se lo esprime anche sul piano fisico.
Se poi la violenza è rivolta solo verso gli oggetti o anche verso le persone. E tra le violenze verso le persone, va distinta una più impulsiva, eccessiva e reattiva (di fronte a una minaccia o insulto, a una provocazione) e una più fredda. In quest'ultimo caso non vi è un motivo contingente, ma l'espressione rabbiosa è un progetto costruito e programmato. L'aggressione a freddo è indubbiamente la situazione peggiore, che esprime il malessere più profondo».
Consigli per gestire la rabbia negli adolescenti
Un comportamento violento, naturalmente, richiede da parte degli adulti un intervento di contrasto. «Una reazione per fermare e contenere è necessaria, ma poi bisogna superare un logica di tipo sanzionatorio e punitivo se si vuole davvero affrontare il problema. Dobbiamo distinguere la prima risposta, immediata e inevitabile, da quella più pensata e strategica. Serve capire le ragioni, le intenzioni alla base di questo comportamento». Non basta insomma restaurare l'autorità che il mondo educativo sembra avere perso nei confronti dei ragazzi, cercando di essere più fermi e decisi nel dire dei "no", nel dare punizioni, note o sospensioni. «Non è la deterrenza che produce un cambiamento. Vale per i ragazzi in carcere tanto quanto a scuola o in famiglia. Anzi, una reazione punitiva e basta può avere un effetto contrario. Occorre invece rispondere al bisogno evolutivo che è all'origine di certi fenomeni, altrimenti il rischio di recidiva è elevato».
Cosa dire a un adolescente arrabbiato
A fare la differenza non è tanto una tecnica di intervento, ma un atteggiamento. «Se la rabbia fosse il problema ultimo, per ridurla e controllarla esistono delle tecniche. Se invece il nostro obiettivo è lavorare sulle motivazioni profonde, la chiave sono tempo e calma».
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Interrogatevi. Spesso, negli adolescenti, la rabbia esprime disperazione e tristezza, è la reazione a un bisogno frustrato. «Dove un adulto può piangere, un adolescente è portato a diventare irritabile, scontroso, reattivo.
Se di fronte a una persona triste o disperata mi limito a punirla, dimostro di non essere in grado di capirla e di entrare in sintonia con lei al di là del suo atto violento. Chiedetevi dunque se state interpretando bene la rabbia di vostro figlio, ma anche se essa può in parte essere una reazione a vostri comportamenti o mancanze».
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Parlarne non basta. Dare loro la possibilità di esprimere la rabbia a parole è utile, ma il più delle volte serve anche un grado di intuizione da parte del genitore. «Spesso non basta chiedere, perché se vostro figlio fosse capace di esprimere la propria frustrazione adeguatamente non avrebbe scatti d'ira».
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Un aiuto esterno. Ricorrere a uno specialista può essere utile, ma non impostate la proposta come obbligatoria. «Non ha senso, per esempio, che i presidi dicano "o sospensione o psicologo". Il ragazzo deve condividere la necessità di comprendere cosa capita dentro di sé. E poi va presa come la possibilità di confrontarsi con qualcuno, non come una terapia di controllo della rabbia. Ricordiamoci che il nostro obiettivo non è impedire le manifestazioni di rabbia del ragazzo, ma permettergli di comprenderle innanzitutto per poi poterle anche controllare».
L'intervistato
Alfio Maggiolini è psicoterapeuta e socio dell'Istituto Minotauro di Milano. Ha insegnato psicologia dell'adolescenza e del ciclo di vita presso l'Università di Milano-Bicocca. Da molti anni lavora con un modello di intervento psicologico efficace con i ragazzi che commettono reati. Recentemente ha pubblicato: Psicopatologia del ciclo di vita (Angeli, 2017); I sogni tipici. Metafore affettive della notte (Angeli, 2021).