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Le punizioni dei bambini: utili o dannose?

di Sara Sirtori - 05.08.2019 - Scrivici

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Fonte: Shutterstock
Punizioni: utili o dannose? Scopriamolo insieme al Pedagogista Daniele Novara, che ci spiega qual è l’approccio educativo giusto da parte dei genitori per un equilibrato sviluppo psicologico del bambino

In questo articolo

La punizione è un intervento educativo basato sull’applicazione di un castigo da parte del genitore nei confronti del bambino. Oggigiorno il sistema punitivo è cambiato, si è passati da un approccio particolarmente severo a modalità di approccio più morbide.

Anche se talvolta i figli mettono a dura prova la pazienza dei genitori, occorre capire che i comportamenti che non corrispondono alle loro aspettative non sono una colpa: bisogna educare e non infliggere punizioni.

Le punizioni provocano nel bambino un senso di mortificazione che non lo aiuta a crescere né a responsabilizzarlo.

Il pedagogista Daniele Novara, fondatore del Centro PsicoPedagogico per l'educazione e la gestione dei conflitti e autore del libro "Punire non serve a nulla", espone ai genitori un metodo che propone, oltre alle distanze educative da rispettare, nuovi passi avanti per un rapporto edificante tra genitori e figli.


Il genitore deve essere per il bambino un punto di riferimento, un’autorità e una guida per il processo di crescita. Le regole prefissate devono essere chiare e concrete, affinché il il rapporto genitori/figli non sia basato sulla paura ma sulla reciproca fiducia. In questo senso, è utile il metodo del “silenzio attivo” : una sospensione della comunicazione che aiuta il bambino a comprendere le regole.

Abbiamo intervistato il pedagogista Daniele Novara in merito al tema delle punizioni.


Perché punire un bambino non serve?

“Punire non serve perché il bambino si mortifica, se si pretende di educare i figli con la paura, questo non potrà mai funzionare. Il bambino ha bisogno di chiarezza, non di sentirsi minacciato dai suoi genitori in cui ripone la più totale fiducia.”
Ovviamente sono bandite anche le punizioni corporali, ed è consigliato cercare di costruire una vera organizzazione educativa. “Dobbiamo creare un nuovo inizio, dove educare i figli non sia più basato sulla paura.”


Che cosa sarebbe giusto fare?

“I bambini si aspettano dai loro genitori che facciano i genitori.

Ovvero che sappiano organizzare delle regole. I bambini sono abitudinari e più i genitori riescono a costruire una situazione prevedibile in cui il bambino sappia cosa si può o non si può fare, ecco che allora non si crea quel nervosismo e quel clima di tensione.”
Il genitori non possono pretendere giusti comportamenti dai bambini, se non hanno prima chiarito le regole in maniera coerente e univoca.
Spiega Daniele Novara: “I figli non possono immaginare cosa hanno in testa i genitori, quindi occorre che ci sia una maggior coesione educativa, che i genitori si parlino di più perché sono loro che guidano l’educazione e la crescita dei loro figli. I figli non possono fare a meno di un punto di riferimento preciso concordato tra i genitori stessi.”

Che cosa è il silenzio attivo?

“Il silenzio attivo è un’idea che mi è venuta quando seguendo mi sono accorto che ai genitori mancava una capacità di comunicazione nelle situazioni di difficoltà. Così ho inventato il silenzio attivo: un “semaforo rosso”. Prosegue Daniele Novara: “Se il bambino fa o dice cose sbagliate, o vuole fare qualcosa che proprio non deve fare, occorre farglielo presente con una comunicazione molto semplice: “E’ la regola”, “Non si fa”.
“D’altro canto, se proprio il bambino insiste, il silenzio attivo è efficacissimo.”
In cosa consiste? “Nella sospensione della comunicazione per alcuni minuti, a seconda dell’età. Non si parla più al bambino per qualche minuto, dicendogli con fermezza che si sospende questa comunicazione perché c’è qualcosa che non funziona, qualcosa che deve essere fatto in maniera adeguata. E’ un semaforo rosso, non è una punizione, ma è estremamente efficace.”


Come mantenere la giusta distanza educativa?

“La giusta distanza educativa presuppone che il genitore possa educare solo se c’è riconoscimento: il genitore fa il genitore e il bambino fa il bambino.”
Non deve esserci parità tra genitori/figli ma un rapporto di autorità: “Il genitore è il genitore ed è il titolare dell’educazione. Dobbiamo uscire da questo equivoco del genitore amico, del genitore che si mette alla pari, che parla ai figli come se fossero suoi coetanei. Il bambino ha un altro tipo di pensiero, non riesce a interagire con ragionamenti.”
“Non dobbiamo puntare al ragionamento, ma alla concretezza: ‘si fa così’, ‘ti faccio vedere come si fa’, ‘lo facciamo insieme poi lo farai da solo’. Questa concretezza crea la giusta distanza.” Conclude Daniele Novara:
“Tra genitori e figli ci vuole autorità sana e organizzata, le punizioni derivanti da quelle tensioni che scaturiscono dal non riuscire a tenere la giusta distanza educativa sono inutili.”

Guarda il video con le pillole di Daniele Novara:

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