Alzi la mano chi si trova quotidianamente a gestire affermazioni e prese di posizione di questo tenore: “Il passeggino sul pianerottolo intralcia” oppure il grande classico “non si può giocare a palla nel cortile né tantomeno sfrecciare con il monopattino”. Quanti di noi si rivedono nell’infinita sequela di rimostranze che ci fanno (o che facciamo noi a nostra volta) i nostri vicini di casa? Ma perché sembra diventato così difficile andare d’accordo tra dirimpettai, o per lo meno gestire in maniera civile la situazione?
IL VICINO DI CASA NON È IL COLPEVOLE: IMPARIAMO A STARE NEL CONFLITTO
"Gli altri, in questo caso i vicini di appartamento, vengono percepiti come un intralcio al nostro stare al mondo: non si tratta di un ostacolo oggettivo ma simbolico" - ci spiega Paolo Ragusa, responsabile formazione del CPP, counselor e formatore e autore dei libri "Imparare a dire no. Una guida chiara ed efficace per prendere in mano la propria vita in famiglia e al lavoro" e "Il potere del sì. Vincere i timori nelle piccole e grandi scelte di tutti i giorni" entrambi pubblicati da BUR-Rizzoli.
"In quest'epoca attuale assistiamo ad una frenesia nella ricerca del colpevole del mio impedimento: l'altro, in questa veste, diventa il destinatario della mia rabbia e frustrazione. Ad esempio, se ho fatto il turno di notte e voglio riposare nel pomeriggio, i bambini che giocano a palla diventano automaticamente i responsabili del mio disagio".
Un ulteriore tassello a questa visione distorta è dato dalla rappresentazione dello spazio in maniera privatistica. "Il mio appartamento, anche se inserito in un contesto collettivo come il condominio, è visto come un mio personale dominio senza spazio per gli altri: lo stesso discorso vale per pianerottoli, scale e cortili. Questa visione purtroppo sta diventando sistemica e non episodica: è proprio il mondo ad essere visto spesso da questa prospettiva".
"Ma per starci devo necessariamente rapportarmi con gli altri: sarebbe impossibile immaginare un mondo senza cortili, bambini che ci giocano e passeggini depositati a margine delle scale".
Come fare quindi per uscire da questo inghippo, nello specifico con i vicini di casa?
“Bisogna capire che il conflitto è una modalità di relazione che dobbiamo imparare a gestire per convivere tutti meglio, non solo come vicini di casa ma anche come società civile, e che la competenza conflittuale serve a trovare un accordo nell’interesse di tutti”.
Tornando all’esempio di prima, “se ho fatto il turno di notte e voglio dormire, devo trovare un accordo con i bambini che giocano in cortile e le loro famiglie, per stare tutti meglio: io riposare e loro divertirsi”.
Urlare dalla finestra sicuramente servirà a ben poco. “La competenza conflittuale ci aiuta a stare bene nel mondo assieme agli altri”.
COME TROVARE UN TERRENO COMUNE CON I VICINI DI CASA
Vediamo allora qualche spunto pratico per gestire al meglio i conflitti con i vicini di casa.
1 - NON AFFRONTARE TUTTO COME UN’EMERGENZA
“Non affrontare come emergenza ogni piccolo incidente: non serve chiamare l’amministratore se c’è un passeggino in pianerottolo. L’ideale è stabilire un patto tra condomini. Accanto al piano di sicurezza dovrebbe sempre esserci anche il piano dei conflitti: quali sono le situazioni di potenziale attrito in cui potremmo trovarci? Facciamo una riunione tutti insieme, stiliamo questo elenco e un modus operandi per uscirne bene e in maniera civile, capendo che ognuno può fare la sua parte e che soprattutto il condominio è un terreno dove coltivare relazioni. Non dobbiamo necessariamente essere tutti amici, ma va compreso che ci deve essere una relazione alla base”.
2 - NO AI DIVIETI, SI ALLE REGOLE
“Un altro passo utile da fare è bandire i divieti e lasciare il posto alle regole, che siano chiare e sostenibili per le persone che abitano il condominio. Se ci sono molti bambini, è inutile mettere una prescrizione come “Non fare rumore”: serve una regola adeguata al contesto.
La regola “regolamenta” e non “elimina” il problema, ma gli conferisce una misura sostenibile. Eliminare il rumore è una pretesa assurda, regolamentarlo in certi orari è buonsenso”.
3 - NON ACCUSARE MA RICHIAMARSI ALLE REGOLE
Se si è costruito un terreno comune, poi si possono tranquillamente gestire le emergenze. In questo caso, non serve bussare in maniera furiosa alla porta dell’inquilino che fa rumore “basta richiamarsi alla regola condivisa, scegliere affermazioni come “ascolta, ti do questa informazione / ti richiamo all’impegno reciproco” è una modalità che sicuramente dispone meglio le persone all’ascolto”.
4 - FAI MANUTENZIONE DEI LEGAMI AFFETTIVI
Del “piano dei conflitti” e dei rapporti con i vicini bisogna poi prendersene cura e non considerarle fatte una volta per tutte. “Le cose funzionano se ne facciamo manutenzione. Se c’è un problema dobbiamo chiederci “Come mai non sta funzionando? Cosa possiamo fare?”. Ricordiamoci che il legame con chi abita nel nostro palazzo o caseggiato c’è nostro malgrado, che ci piaccia o meno. Questo non significa che dobbiamo essere amici ma va riconosciuto che c’è un contesto affettivo”.
5 - INIZIA LA CONVERSAZIONE CON UNA DOMANDA E NON UN’ACCUSA
Uno strumento sempre utile nella gestione dei conflitti è usare una modalità d’ingresso nella comunicazione che parta da una domanda e non da un attacco. “Evitiamo di esordire dicendo agli altri cosa devono fare ma proviamo ad usare delle domande maieutiche”. Un esempio? “Ho sentito che ieri sera i bambini erano in difficoltà: possiamo esserle d’aiuto in qualche modo?”.
6 - ASCOLTA LA SECONDA MOSSA
Mai agire d’impulso e fare la prima cosa che ci viene in mente: “Non assecondiamo la rabbia del momento e non andiamo dietro alla prima emozione, ma prendiamo tempo. Non è utile reagire alla prima ipotesi di azione (che generalmente è “adesso vado lì e gli faccio vedere io”): la seconda e la terza mossa che ci vengono in mente in genere sono più filtrate e più utili alle relazioni con gli altri".
7 - ALLARGA L’ORIZZONTE
Ricordarsi sempre che gli spazi comuni sono luoghi di socialità: “il nostro comportamento non è mai solo individuale, ma è anche sociale.
Per questo bisogna evitare di ragionare sempre in termini esclusivi, in stile “ce l’ha con me” ma bisogna pensare sempre al plurale e non dimenticare di essere in un contesto collettivo. Una mamma non lascia il passeggino in fondo alle scale per disturbare personalmente me, ma forse perché non riesce a portarlo sempre su da sola”.
8 - CERCA UN CONTATTO DIRETTO
Piuttosto che fare ricorso all'amministratore per un nonnulla, sforziamoci di creare delle relazioni dirette: "davanti ad un terzo non coinvolto si tende a sfogarsi senza filtri, ma davanti al volto dell'altro ci si frena e si fa un passo indietro".
Facciamo un esempio pratico:
"Buongiorno, spero di non averla disturbata ieri sera con i bambini"
"Si, effettivamente mi ha disturbato".
"Capisco che a lei dia fastidio ma ho due bambini, la sera mio marito torna tardi e sono sola a gestirli. Faccio del mio meglio. Buona giornata".
"Il contatto diretto è sicuramente urticante ma è quello più efficace. Non dobbiamo aspettarci necessariamente comprensione o amicizia, la distanza nel conflitto è prevista, ma l'importante è spiegare con calma il proprio punto di vista. L'altro non può evitare di prenderne atto", conclude Paolo Ragusa.