Metodo Feuerstein
Il metodo Feuerstein è conosciuto e praticato in tutto il mondo e si sta diffondendo sempre di più anche in Italia. Ma in cosa consiste esattamente? Ce lo spiega Liliana Gravaghi, psicologa esperta in difficoltà di apprendimento e applicatrice del metodo Feuerstein presso la Cooperativa Atelier di Pensieri di Milano.
Medodo Feuerstein: chi era Reuven Feuerstein
Il metodo Feuerstein prende il nome dal suo ideatore, lo psicologo israeliano Reuven Feuerstein. Nato in Romania nel 1921, divenne allievo dello psicologo e pedagogista svizzero Jean Piaget (tra i primi studiosi dello sviluppo cognitivo del bambino) prima di vivere la terribile esperienza dei campi di concentramento nazisti. «Feuerstein sviluppò il suo metodo a partire dagli anni Cinquanta proprio per recuperare i tanti bambini che, in seguito agli eventi della Seconda Guerra Mondiale, avevano traumi psicologici, carenze cognitive e difficoltà di apprendimento simili a ritardi mentali» spiega l'esperta. «Reuven Feuerstein è stato professore di psicologia e pedagogia in Israele e negli Stati Uniti e dal 1992 ha fondato e diretto il Feuerstein Institute di Gerusalemme, l'unico ente che fornisce gli strumenti e accredita i Centri Feuerstein nel mondo».
L’intelligenza secondo Feuerstein
Alla base del metodo Feuerstein c'è l'innovativa concezione di intelligenza sviluppata dallo studioso: «L'intelligenza è modificabile: può essere sviluppata, potenziata e allenata. Questo perché, secondo Feuerstein l'intelligenza è un insieme di processi mentali, "la propensione dell'organismo a modificarsi nella sua struttura cognitiva, in risposta al bisogno di adattarsi a nuovi stimoli, di origine interna o esterna che siano", citando le sue parole».
TEORIA DELLA MODIFICABILITÀ COGNITIVA.
Su questo presupposto si fonda la sua Teoria della Modificabilità Cognitiva Strutturale: «Tutti gli esseri umani, secondo Reuven Feuerstein, possono imparare ad imparare. Tutti possono modificarsi e apprendere in qualsiasi momento della loro vita». Se l'intelligenza si può dunque apprendere, vuol dire che intelligenti non si nasce, ma si diventa? «Non esattamente.
L'intelligenza è determinata in gran parte dall'eredità genetica, ma il metodo Feuerstein sottolinea come essa sia sempre modificabile e migliorabile. In questo senso va letta la famosa frase di Reuven Feuerstein "i cromosomi non hanno l'ultima parola": anche un bambino molto grave può migliorare. Non esiste per noi la frase "non ce la farai mai"».
Cos’è il metodo Feuerstein
Il metodo Feuerstein permette dunque di aumentare la capacità di imparare attraverso una serie di esercizi di potenziamento delle strategie cognitive. Tali esercizi non si svolgono da soli, ma tramite l'interazione con un mediatore, ovvero una persona in grado di accompagnare il ragionamento.
APPRENDIMENTO MEDIATO.
«L'apprendimento di una persona può avvenire in due modi - spiega la dott.ssa Gravaghi - Per i soggetti autonomi e senza deficit avviene tramite la diretta esposizione agli stimoli, in maniera accidentale e non pianificata. Ad esempio, a un bambino basta l'osservazione diretta dei genitori per capire come si risponde al telefono. Altre volte invece il processo è passivo e necessita di una mediazione, cioè di una figura umana che si frappone tra lo stimolo e il bambino per facilitarlo nella comprensione ed emulazione».
Chi è e cosa fa un mediatore Feuerstein
In questa accezione ampia, mediatori possono essere tutti gli adulti che si relazionano con il bambino: i genitori in primis, gli insegnanti, i nonni e naturalmente anche i professionisti esperti nel metodo Feuerstein, gli unici che possono applicare lo strumento del PAS (vedi sotto). «L'importante è che di fronte a un problema non si sostituiscano mai al bambino e non diano risposte, ma pongano solo domande per farlo riflettere sul processo. Come un'impalcatura sorregge la costruzione di una casa - ma è una struttura temporanea e non è parte della casa stessa - così il mediatore si affianca al bambino per sorreggerne l'apprendimento e ha l'obiettivo di mediare sempre meno fino a non essere più necessario».
I 3 CRITERI FONDAMENTALI DELLA MEDIAZIONE.
Secondo il metodo Feuerstein, l'interazione tra un qualsiasi adulto e il bambino diventa mediazione quando l'adulto mette in atto tre criteri di base:
- Mediazione dell'intenzionalità e reciprocità. «Il mediatore deve esprimere al bambino l'intenzione di creare una relazione con lui. Cattura il suo sguardo, crea un contatto fisico o di prossimità, parla con un tono di voce regolato, enfatizza alcune parole, usa il linguaggio non verbale e le espressioni facciali, rimuove dall'ambiente eventuali fonti di distrazione per il bambino. Il messaggio è "sono qui per te, ora ti chiedo di fare questo esercizio perché voglio aiutarti. Voglio stabilire una relazione e lavorare con te e vorrei che anche tu desiderassi lavorare con me, che mi dessi ascolto". Non posso pretendere un cambiamento del bambino se non gli manifesto che voglio dei cambiamenti da lui e che sono lì con e per lui». La relazione, insomma, stimola il bambino a fare meglio come se pensasse tra sé: "se me lo chiedi tu, allora ci provo".
- Mediazione della trascendenza. «Il mediatore deve andare oltre l'attività immediata che sta svolgendo, deve spostare l'esperienza che il bambino sta vivendo "qui e ora" in altri contesti e situazioni. Chiede cioè al bambino di pensare ad altre esperienze simili a quella che sta facendo, per esempio rispondere al telefono può essere simile a rispondere al citofono. Se mi limito a fare la scheda del metodo non accompagno il bambino al cambiamento, ma se riesco a fargli fare dei collegamenti con altre esperienze questa piccola attività potrà davvero servirgli anche per il futuro.
Questa attività, detta bridging, è il nucleo fondamentale del metodo Feuerstein. Ecco perché alla fine della pagina di lavoro chiediamo al bambino di formulare un principio o una generalizzazione. Se ad esempio abbiamo lavorato sulla classificazione, proviamo a dire cosa vuol dire classificare in generale: vuol dire dividere secondo categorie. Una situazione simile può essere quando la mamma divide il bucato in calze e magliette». Il percorso è dal particolare della scheda di lavoro al generale del principio, per poi tornare a tanti particolari diversi da quello esemplificato nella scheda. L'obiettivo pertanto non è quello di fare giusto l'esercizio, ma di trarre un insegnamento per la vita. - Mediazione del significato. «Il mediatore deve dare un valore affettivo all'esperienza che sta condividendo con il bambino. Comunicargli il significato della mediazione motiva il bambino a cooperare: "Vorrei che tu capissi perché abbiamo fatto questo esercizio, perché può davvero avere una ricaduta positiva sulla tua vita"».
Se il bambino necessita di mediazione per imparare, il suo cambiamento sarà tanto più possibile quanto più l'ambiente attorno a lui sarà modificante, ovvero quanto più possibile il metodo sarà utilizzato: l'ideale sarebbe che lo applicassero tutti gli adulti con cui si interfaccia e in ogni momento della giornata.
«Difficilmente però i genitori e gli insegnanti riescono sempre ad essere mediatori per come li abbiamo descritti prima. Ecco perché intervengono gli esperti del metodo Feuerstein, che però appunto non prendono in carico solo il bambino, bensì tutta la famiglia e puntano a coinvolgere al massimo anche gli insegnanti applicando il metodo a scuola».
Come funziona il metodo Feuerstein
Fase 1: LPAD
La prima fase del metodo Feuerstein prevede la valutazione dinamica della propensione all'apprendimento del soggetto (bambino o adulto che sia), in inglese Learning Propensity Assessment Device (LPAD): «Si tratta di una batteria di test che valutano la propensione all'apprendimento. Si differenzia molto dalla nota misurazione del quoziente intellettivo secondo la Wechsler Intelligence Scale for Children (WISC) per un aspetto fondamentale: se quest'ultimo è un test statico (che fotografa cioè l'intelligenza del soggetto in un dato momento) da svolgere senza l'aiuto di nessuno, il LPAD è un test dinamico, che valuta cioè cosa il soggetto potrebbe arrivare a fare se subentrasse l'aiuto di un mediatore. Il test dunque viene svolto con una mediazione e verifica - per dirla con la terminologia dello psicopedagogista bielorusso Lev Semënovič Vygotskij - la zona di sviluppo prossimale, ovvero quali potenzialità future ha il bambino o l'adulto testato».
Fase 2: il PAS
Valutato il potenziale di apprendimento del soggetto, si passa alla parte applicativa del metodo attraverso lo strumento del PAS (Programma di Arricchimento Strumentale): «Consiste in una serie di schede carta e matita divise in 2 gruppi: PAS Standard, indicato dagli 8 anni in su, e PAS Basic, che dai 4 anni lavora sui prerequisiti dell'apprendimento. Ogni strumento lavora su una parte del pensiero, ad esempio il confronto, la classificazione, l'orientamento spaziale». Questi esercizi, da svolgere sempre sotto la guida di un mediatore professionista, possono essere applicati in due modi.
APPLICAZIONE INDIVIDUALE.
«L'incontro tra bambino e mediatore può avvenire individualmente in studio o a scuola. È sconsigliabile a casa, poiché è un luogo di quotidianità per il bambino che non verrebbe percepito come ambiente modificante, ovvero un luogo in cui si impara. Alla fine della scheda, si prova a scrivere il principio sul quaderno personale e a fare bridging con altre situazioni simili. Se l'applicazione avviene a scuola, al termine dell'attività concordiamo con le insegnanti che il bambino possa leggere alla classe il principio che ha dedotto e chiedere ai suoi compagni di pensare altri ambiti di applicazione. Serve anche per comunicare che lui sta facendo un lavoro differenziato rispetto agli altri, ma che può servire a tutti: questo passaggio ha ricadute molto positive sulla motivazione e l'autostima del bambino, che infatti è invitato a condividere i suoi progressi anche in famiglia».
APPLICAZIONE DI GRUPPO.
L'applicazione di gruppo è più indicata per i bambini più piccoli: «Si applica in questo modo soprattutto il PAS Basic, che fa lavorare una classe o un gruppo ad esempio sull'intelligenza emotiva, il riconoscimento delle emozioni e l'empatia».
Per chi è indicato il metodo Feuerstein
Nato per aiutare i bambini con difficoltà cognitive o deprivazioni culturali, il metodo Feuerstein è molto diffuso per
- rispondere a problemi di apprendimento come BES (Bisogni Educativi Speciali)
- o aumentare le capacità e l'autonomia di persone affette da disabilità intellettiva o sindrome di Down.
Lavorando tuttavia sulle strategie, il metodo è in realtà indicato per chiunque voglia allenare il pensiero e aumentare le proprie abilità: «È un validissimo strumento di potenziamento cognitivo adatto a ogni età: è usato per migliorare il proprio metodo di studio; in ambito aziendale per la formazione dei manager e lo sviluppo di problem solving, analisi e flessibilità; con gli anziani per prevenire e contrastare il decadimento cognitivo».
Come accedere al metodo Feuerstein
Se siete interessati al metodo Feuerstein, per avere ulteriori informazioni potete contattare direttamente uno studio o una cooperativa specializzata. Oppure consultate sul Feuerstein Institute l'elenco dei centri di formazione presenti in Italia, che vi potranno indirizzare presso i professionisti più vicini a voi. Accertatevi che la cooperativa, l'associazione o il libero professionista a cui vi rivolgete abbia ottenuto la certificazione presso uno di questi centri autorizzati. Se pensate che vostro figlio abbia difficoltà scolastiche o necessiti di supporto per aumentare la sua autonomia in caso di disabilità intellettiva, l'intervento del genitore potrebbe non bastare. In questo caso un mediatore specializzato, dopo la valutazione tramite LPAD, concorderà con voi il percorso più indicato per vostro figlio: in genere si tratta di un paio di incontri a settimana, a un costo che oscilla tra i 40 e i 50 euro l'ora.
L'intervistata
Liliana Gravaghi è psicologa esperta in difficoltà di apprendimento e applicatrice del metodo Feuerstein presso la Cooperativa Atelier di Pensieri di Milano.