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Come l'ordine di nascita influenza la psicologia di un bambino

di Stefano Padoan - 22.03.2022 - Scrivici

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Fonte: Shutterstock
Avere fratelli o meno ed essere nato per primo, secondo o ultimo incide sul nostro modo d’essere. Ma attenzione a non eccedere nel determinismo: l’ordine di nascita non è tutto. Ce lo spiega la pedagogista Elena Urso dello studio Rossini-Urso

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Come l'ordine di nascita influenza la psicologia di un bambino

Che essere primogenito, secondogenito, mezzano o figlio unico possa influire sulla personalità di un individuo è convinzione abbastanza comune. Questa però è solo una delle molte variabili ambientali che agiscono nella crescita di un bambino: la Pedagogista Elena Urso dello Studio Rossini Urso ci spiega in che modo l'ordine di nascita influenza la psicologia dei nostri figli e che attenzioni specifiche avere per ciascuno.

Ordine di nascita e psicologia: non generalizziamo

Nella formazione del carattere e della personalità dell'individuo c'è una componente genetica ma anche una ambientale. «Quest'ultima - esordisce l'esperta - è abbastanza determinante. E il primo ambiente fondamentale è la famiglia, in termini di composizione, dinamiche relazionali, educazione che si riceve, ma soprattutto atmosfera che si respira ed esempi che vengono trasmessi». Tra questi fattori rientra dunque anche l'ordine di nascita: essere o meno figlio unico, quanti fratelli e sorelle si hanno, se si vive in una famiglia ricongiunta o allargata con fratellastri o sorellastre: «Le variabili sono tantissime, molto dipende dal tipo di relazione tra mamma e papà e tra figli e genitori, ma anche da quanti anni passano tra una nascita e l'altra e se si tratta di maschietti o femminucce. Ecco perché non bisogna esagerare con le generalizzazioni e cadere in un determinismo di impostazione anglosassone che attribuisce ad ogni figlio, a seconda della nascita, caratteristiche precise».

Figlio unico sì o no?

Il figlio unico soffre? Si sente solo? Sono domande frequenti tra i genitori. Quel che è certo è che, almeno in ambito familiare, il figlio unico sta tanto tempo da solo. «Noi formiamo la nostra identità attraverso l'esempio e il confronto con l'altro, oltre che misurandoci con l'immagine di noi stessi che l'altro ci rimanda. In questo il confronto tra pari aiuta sicuramente. Nel caso del figlio unico, tale identificazione e differenziazione avviene rispetto alle figure dei genitori».

La caratteristica prevalente del figlio unico è dunque quella di essere al centro del mondo familiare, con ricadute sia positive che negative: «Da un lato, non avendo mai dovuto competere per attirare l'attenzione dei genitori, sviluppano abbastanza precocemente una buona sicurezza interiore; dall'altro, con occhi e aspettative sempre puntati su di loro, potrebbero soffrire d'ansia. La capacità di stare da soli li porta ad essere autonomi, ma anche a avere maggiori difficoltà nella condivisione degli spazi e a comprendere i confini di se stessi e delle proprie prerogative».

Figlio unico: come comportarsi. Si dice che i figli unici siano più interessati a compagnie adulte: «Il motivo è che in casa sono abituati a stare con i grandi e quindi l'interazione con i pari è meno naturale: talvolta faticano a riconoscere e decodificare i comportamenti degli altri bambini. Ecco perché consiglio di inserirli il prima possibile in spazi di gruppo e nel sistema scolastico».

La personalità del primogenito

Il primo figlio gode, inizialmente, dell'attenzione esclusiva dei genitori; poi l'arrivo di un fratellino o di una sorellina lo destabilizza su questo fronte. «Il rapporto privilegiato con i genitori porta vantaggi in termini di autostima, ma anche il fatto che subisce maggiormente le loro ansie, che con i figli successivi caleranno progressivamente; rispetto ai fratelli fa da apripista. Sviluppa di norma empatia e senso di responsabilità nei confronti dei fratelli, ma anche desiderio di controllo e gelosia rispetto al fratellino che arriva e che gli toglie un po' di attenzione».

Primogenito: come comportarsi. Quasi tutti i bambini vogliono un fratellino; attenzione però a non fraintendere questo loro desiderio: «I bambini colgono la bellezza di avere qualcuno con cui giocare, ma non hanno ben chiaro che colui che nascerà non avrà la loro età e all'inizio assorbirà le attenzioni di mamma e papà.

Non aspettatevi dunque che questa loro richiesta voglia dire che saprà essere sempre collaborativo: per non ottenere l'effetto opposto, bisogna evitare di iper-responsabilizzarlo. Accogliete poi i suoi momenti di gelosia senza sorpresa: sono il segno che sa amare e sente che qualcosa, rispetto a prima, gli sta venendo a mancare. Dategli il tempo di metabolizzare questo nuovo equilibrio familiare».

Il secondogenito: caratteristiche

I fratelli, in generale, si formano per contrasto: se il primo - come spesso accade - è tendenzialmente rispettoso delle regole, il secondo sarà più ribelle. «Questo risponde alla nostra naturale necessità di differenziarsi e distinguersi: iniziare con il definire chi non sono è già importante, per evitare una sensazione confusiva». Si dice poi che i figli dopo il primo siano più svegli: «In realtà semplicemente imparano prima grazie al filtro dei fratelli maggiori: sia cose pratiche grazie all'imitazione e l'apprendimento tra pari, sia come rapportarsi con i genitori osservando le loro reazioni di fronte ai primogeniti. Ecco perché spesso sono bravi nel compromesso e si adattano meglio alle circostanze. Per contro rischiano di voler rimanere i "piccoli della famiglia", perché ne intuiscono i vantaggi. Crescendo poi non sono immuni a una gelosia "di ritorno" nei confronti del maggiore».

Secondogenito: come comportarsi. Parola d'ordine differenziare: «Evitate di vestirli uguali e non confondete i loro giochi: ci sono alcuni giocattoli comuni e altri personali che, se l'altro vuole usarli, deve chiedere il permesso. Separate i letti e assecondate i loro gusti, nei limiti del possibile anche in cucina». Nei secondi poi va stimolata la voglia di crescere, ma senza assecondare la loro voglia di imitare i più grandi: «A età diverse competono cose diverse, come il fatto che a 4 anni non si va a fare sport ma nemmeno a scuola e non si hanno compiti: fate loro notare con calma e sincerità le differenze e vedrete che accetteranno queste piccole frustrazioni».

Sul piano relazionale, invece, vietato fare paragoni tra loro ma non solo: «Date tempo ai bambini di conoscersi: il nuovo nato è un estraneo per i genitori, figuriamoci per i fratelli».

Essere il figlio di mezzo

In una famiglia con tre o più figli le dinamiche sono meno schematiche e i ruoli tra fratelli e sorelle meno chiari e definiti. «Il mezzano è quello che fa più fatica a identificarsi: non essendo né il primo né l'ultimo, vive una confusione e non si definisce per contrasto con il primogenito né tantomeno con il più piccolo». Quando poi arriva il terzo figlio, cerca delle strategie per attirare l'attenzione: «Di solito questi piccoli disagi si manifestano in forme oppositive. Vigilate invece se, al contrario, vostro figlio tende a farsi "invisibile" e a non richiamare più la vostra attenzione. Non è poi detto che abbia capacità da mediatore, piuttosto escogita modi più eccentrici rispetto ai fratelli per trovare la propria dimensione: ad esempio sviluppando capacità creative».

Figlio di mezzo: come comportarsi. Ai figli mezzani è ancora più importante dedicare attenzioni specifiche: «Trasmettete ai vostri figli che riconoscete le loro differenti identità. Se sono oppositivi per certi versi è meglio, perché stanno mandando un segnale d'aiuto tangibile. Chi invece diventa invisibile e lo assume come ruolo, diventa più difficile da aiutare ad esprimersi: la richiesta di attenzione rimane, ma è più difficile da intercettare».

L'ultimogenito: psicologia

Gli ultimi nati in una famiglia con tre o più fratelli crescono "esercitandosi sul campo": «Nascono già inseriti in dinamiche tra bambini che li rendono da un lato più precoci nella conquista di competenze e autonomie, dall'altro più consapevoli di non avere tutto a disposizione e di avere dei confini dati dall'esistenza dell'altro (aspetti che invece per i primogeniti o i figli unici rappresentano "amare scoperte" che fanno più avanti)».

Di fronte a questi limiti, mettono in campo strategie a volte manipolatorie: «Sono di norma più "ruffiani", perché imparano prima, tramite i fratelli, a relazionarsi con i genitori». I secondi e i terzi, poi, sono educativi per i genitori perché imparano a "lasciar andare"; con gli ultimogeniti, però, papà e mamma sono talvolta eccessivamente rilassati su regole e divieti. «Ciò comporta che da un lato siano i più ribelli, temerari ed estroversi, ma dall'altro più insicuri perché l'assenza di regole genera meno autostima e la ricerca di continue conferme».

Ultimogenito: come comportarsi. Proprio per questo il consiglio per i genitori è, nei confronti degli ultimi nati, di conservare energie per dare limiti e regole che li possano contenere: «Concedere troppe libertà rispetto ai fratelli, poi, può anche essere fonte di malumori in casa».

L'intervistata

Elena Urso è pedagogista dello Studio Rossini Urso (assieme alla collega Elisabetta Rossini). È autrice di numerosi libri dedicati alla genitorialità, tra cui "I genitori devono essere affidabili, non perfetti" (Edizioni Edicart, 2015), "Dudù e la torcia magica" (Edizioni Edicart, 2019). Il loro ultimo libro è "Clio e l'arpa magica" (Edizioni Edicart, 2021).

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