Quando si parla di panico notturno nei bambini, spesso si fa riferimento a ciò che viene meglio definito come terrore notturno, detto anche Pavor Nocturnus.
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Che cosa è il Pavor Nocturnus
«Si tratta di un disturbo tipico dell'età pediatrica, caratterizzato da improvvisi parziali risvegli durante il sonno in cui il bambino è in preda al terrore – spiega Michela Corrias, psicologa e neuropsicologa –. Generalmente, questi episodi, si presentano nelle prime ore di sonno e durano pochi minuti. Al risveglio del mattino il bambino non ricorda nulla di quanto accaduto o ricorda parzialmente un'unica scena di terrore. Nel caso in cui il bambino ricordi invece l'episodio in modo ben definito, è più probabile che si tratti di un attacco di panico notturno».
Quando si verifica
«L'esordio del disturbo si presenta generalmente nella fascia d'età compresa tra i 3 e i 10 anni. La percentuale dei bambini che soffrono del disturbo tende poi a ridursi con l'aumentare dell'età, fino a raggiungere percentuali molto basse in età puberale».
Che cosa accade durante una crisi
«Il bambino si sveglia parzialmente dal sonno profondo e
- grida,
- formula frasi a volte sconnesse,
- si agita,
- suda,
- ha il battito cardiaco e il respiro accelerato,
- il volto pallido
- e un tono muscolare aumentato.
Quando l'adulto prova a tranquillizzarlo, sembra inconsolabile e risponde poco o nulla agli stimoli ambientali. Se lo si sveglia, non riconosce le persone accanto a lui e appare confuso e disorientato».
In alcuni casi, può alzarsi dal letto e camminare per casa urlando terrorizzato. «Questo comportamento non è da attribuire a sonnambulismo. A differenza di quest'ultimo, nel terrore notturno sono presenti infatti sudorazione, battito cardiaco accelerato, tremore, rossore ed espressioni di terrore».
Le cause del Pavor Nocturnus
«È stata riscontrata la presenza di un'elevata componente genetica: i bambini i cui familiari hanno sofferto di terrori notturni o di altre parasonnie, hanno un rischio molto più alto di sviluppare il disturbo.
Oltre alla componente genetica, la presenza di alcuni fattori come
- apnee notturne,
- asma,
- reflusso gastroesofageo
- e deprivazione di sonno,
può contribuire all'insorgenza dei terrori notturni».
Ci sono però anche dei fattori psicologici da tenere presente: «Nei soggetti predisposti, la componente psicologica può certamente giocare un ruolo soprattutto in relazione al livello di stress a cui il bambino è sottoposto nella sua quotidianità. Nel caso in cui, ad esempio, esista la presenza di fattori predisponenti (come la familiarità) e il bambino stia attraversando un periodo di forte stress, quest'ultimo può essere un fattore scatenante l'insorgenza del disturbo. Altri fattori psicologici possono inoltre riguardare possibili preoccupazioni e ansie riguardo al disturbo stesso: motivo per il quale è sconsigliato raccontare al bambino cosa è accaduto durante la notte».
Lo stato emotivo del bambino è quindi molto importante in quanto la presenza di condizioni che possono favorire un risveglio dal sonno profondo come ansia e eccitazione, ma anche un rumore improvviso, la vescica piena, etc., possono essere fattori scatenanti l'episodio di terrore notturno.
Cosa possono fare i genitori
Nel caso in cui la frequenza degli episodi sia inferiore a una volta a settimana e i comportamenti del bambino non lo mettono a rischio di incidenti, occorre semplicemente che i genitori adottino alcune misure come:
- una corretta igiene del sonno (esempio: fare in modo che gli orari di addormentamento e di risveglio si mantengano regolari)
- ridurre lo stress quotidiano
- non svegliare il bambino durante un episodio di terrore notturno (potrebbe spaventarsi ed agitarsi ulteriormente). Provare invece a tranquillizzarlo con un tono di voce basso e accarezzandolo dolcemente
- evitare di raccontare al bambino ciò che è accaduto durante la notte (ciò potrebbe preoccuparlo e provocare ansia)
- chiudere l'accesso a porte e scale e rimuovere gli oggetti che potrebbero essere pericolosi nel caso in cui il bambino si alzasse
Quando rivolgersi a un professionista
«Generalmente il disturbo non deve destare particolare preoccupazione e scompare nel tempo senza che siano necessari interventi specifici.
È opportuno, però, consultare un professionista quando gli episodi si presentano più volte a settimana e/o il comportamento notturno del bambino mette a rischio la sua incolumità».
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Qual è la terapia da seguire
«Il trattamento maggiormente indicato in questi casi prevede l'adesione a un programma comportamentale di una o più settimane che consiste nella programmazione di risvegli notturni finalizzati a modificare i fattori fisiologici che sottendono il disturbo. Si tratta di una strategia comportamentale molto efficace implementata ad hoc dall'esperto il quale guida i genitori nell'applicazione del protocollo in ogni sua fase. Solo in casi rari può essere ritenuto necessario un trattamento farmacologico».
La differenza con l'incubo
«Diverso è poi il ruolo della componente psicologica nei bambini che soffrono di incubi notturni. In questo caso, l'ansia, le preoccupazioni, lo stress e le esperienze quotidiane "negative" (visione di un film pauroso, assistere a una lite dei genitori, assistere o essere vittima di violenza, etc.), segnano il vissuto emotivo del bambino e incidono negativamente sui contenuti dei sogni, dando luogo a un fenomeno diverso: l'incubo.
In questo caso, a differenza dei terrori notturni, l'episodio si presenta nelle ultime ore di sonno, provoca un risveglio cosciente e, il mattino seguente, il soggetto ricorda sia l'episodio di risveglio, sia il contenuto del sogno. Si tratta, quindi, di due fenomeni distinti che richiedono interventi altrettanto diversificati. Ciò che però è necessario ricordare è che la presenza di stress, ansia e preoccupazioni, gioca un ruolo fondamentale nella qualità del sonno del bambino ed è quindi importante prestare sempre attenzione al suo stato emotivo e alla presenza di fattori che possono generare stress».