L'ultimo in ordine di tempo è il delitto di Ferrara. Le vittime, Salvatore Vincelli e Nunzia di Gianni, sono state uccise dal loro figlio 16enne, che ha confessato il delitto, aiutato da un amico. Il movente sarebbe da ricondurre a forti contrasti tra il ragazzo e i genitori.
Ma sono molti i casi di parenticidio: alla mente tornano molte storie di figli che uccidono i genitori, come quella di Pietro Maso, nel 1991, che uccise i genitori Antonio e Rosa, nella loro abitazione di Montecchia di Crosara, in provincia di Verona, o quello di Erika e Omar, nel 2001, che ha visto i ragazzi uccidere la madre di lei e il fratello di 11 anni.
I DATI
Secondo gli ultimi dati disponibili, gli omicidi in famiglia sono i più frequenti, soprattutto al Nord. Il rapporto Eures-Ansa sull'omicidio volontario evidenzia che nel decennio 2003-2012 si sono contati poco meno di 2mila omicidi volontari all'interno della sfera familiare o affettiva, con una media annua di 184 vittime, pari a 1 morto ogni 2 giorni.
Sempre secondo l'Ansa, sarebbero più contenuti i casi di “parenticidio”, cioè di omicidio di entrambi i genitori, che rappresenta circa il 4% degli omicidi degli ultimi 20 anni (tenendo presente che il dato potrebbe comprendere anche alcuni casi nei quali a essere ucciso è stato solo la mamma o il papà).
In 5 casi su 6 a commettere questo tipo di omicidi sono gli uomini, perlopiù tra i 22 e i 35 anni.

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LE CAUSE
PER APPROFONDIRE: Rabbia e aggressività nell'adolescenza, come possono gestirla i genitori
sostanze stupefacenti
relazione affettiva all'interno della famiglia
I SEGNALI A CUI PRESTARE ATTENZIONE
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cambiamenti umorali
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cambiamenti delle consuetudini
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momenti di distacco (ad esempio, quando i figli stanno molto tempo fuori casa, può voler dire che in casa non stanno bene ed esprimono così la loro sofferenza)
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atteggiamenti di isolamento (come quando smettono di parlare)
Questi segnali devono essere interpretati come messaggi di un disagio percepito dai nostri figli.
«Sono tutti elementi che possono preparare a una fase di depressione. Ma prima di accettare la depressione, che è uno stato che ci avvicina molto alla morte, è possibile che si combatta questa sofferenza, generalmente diventando aggressivi. Dunque, si butta fuori la morte che si ha dentro di sé riversandola sugli altri. È questo il momento in cui possono scaturire comportamenti violenti o aggressivi fino anche agli omicidi».
Ma perché si passi dalla fantasia alla realtà «la persona deve alienarsi da sé, portare la propria azione al di fuori del senso di responsabilità, considerarla come 'un'azione virtuale'» ha spiegato all'Ansa Claudio Mencacci, presidente della Società italiana di psichiatria.
DI CHI È LA RESPONSABILITÀ?
CHE COSA SI PUÒ FARE?
Ascoltare il disagio