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Quando il bambino sgrida i genitori

di Stefano Padoan - 30.11.2021 - Scrivici

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Fonte: Shutterstock
Non è raro che, tra genitori e figli, talvolta si invertano i ruoli e siano i bambini a rimproverare i genitori. Ecco cosa fare

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Quando il bambino sgrida i genitori

Regole, sgridate e contenimenti fanno parte della vita quotidiana in famiglia e di una sana relazione tra genitori e figli. Ma se invece è il bambino a sgridare papà e mamma? È un'eventualità che stupisce e spiazza sempre i genitori, a volte perché preoccupa e altre perché suscita una curiosità divertita. Cosa ci vogliono dire i bambini con le loro "sfuriate" e come dobbiamo comportarci di fronte ad esse? Ce ne parla la pedagogista Laura Mazzarelli.

Perché un bambino sgrida i genitori 3-6 anni

«Si vedono spesso scene in cui un figlio sgrida i genitori - esordisce l'esperta - e questo non deve sorprendere più di tanto». I bambini lo fanno per almeno 3 motivi intrecciati:

  1. Perché apprendono per imitazione. «A livello cerebrale i neuroni specchio riproducono i comportamenti e gli atteggiamenti che vedono». Capita infatti di vedere bambini e bambine rivolgersi ai loro pupazzi o bambole come i genitori o le maestre si rivolgono a loro: lo fanno in parte anche con i coetanei, ma è con gli adulti che si sentono più legittimati.

  2. Perché si confrontano con il mondo adulto. «Con l'adulto il bambino si misura e, attraverso anche le regole da lui poste, si sperimenta nella relazione con l'autorevolezza per costruire la propria identità. Se una modalità di relazione con i figli è inevitabilmente anche quella del rimprovero, loro la ripropongono ai genitori ("tu mi sgridi, io ti sgrido")».

  3. Perché sfogano le loro emozioni. In più in età dai 3 ai 6 anni nelle sfuriate dei bimbi influisce tanto la componente emotiva che non sono ancora in grado di gestire: «Le sgridate a questa età sono soprattutto uno scarico di emozioni, magari di una frustrazione rispetto a qualcosa che gli viene impedita e non tanto a qualcosa di "personale" con il genitore».

Perché un bambino sgrida i genitori 6-12 anni

Se già verso i 4-5 anni alcuni bambini sgridano i genitori anche perché stanno già sviluppando un senso etico e di giustizia, è dai 6 anni in su che, con il progressivo sviluppo della neocorteccia, aumenta la consapevolezza delle proprie emozioni. «I motivi dei rimproveri si spostano quindi più sul piano cognitivo, per esternare diversità di vedute o mettere in discussione alcune regole. Dagli 8 anni iniziano ad opporsi maggiormente e reagiscono a ciò che percepiscono come ingiustizie».


Ciò avviene per due motivi:

  1. Perché stanno sviluppando la propria identità. Man mano che crescono seguiranno sempre più il loro naturale bisogno evolutivo di diventare autonomi e affermare la propria individualità differenziandosi e distanziandosi progressivamente dalle figure genitoriali.

  2. Quando non si sentono ascoltati. «Anche i bambini hanno dei bisogni e talvolta le decisioni dei genitori sembrano non tenerne conto. Di fronte ad alcune forme educative come quelle impositive o ricattatorie, che trasmettono poco ascolto nei loro confronti, i figli si chiudono e provano a ribellarsi. Se sono trattati con poco rispetto, rischiano di ricambiare con la stessa moneta e con le stesse modalità».

Mio figlio mi sgrida: va bene o è un problema?

Un bambino che rimprovera mamma e papà è sintomo di una relazione sana o di un mancato riconoscimento del ruolo genitoriale?

  • Pro. «Di positivo c'è che non subisce tutto e non ha paura della nostra figura, che quindi non appare ai suoi occhi come autoritaria e dispotica. Come genitori si può apprezzare se il proprio figlio sta sviluppando senso critico e si sente in diritto di esprimere la propria opinione. Non pensate subito che non debbano permettersi, possono e devono, ma con i modi adeguati».

  • Contro. Se è dunque sano esternare i propri disappunti anche da "piccoli", il problema è farlo in modo accettabile e rispettoso dell'altro: «Tanti genitori ad esempio lamentano che i figli li picchiano: ciò non va bene, nemmeno se si tratta di bambini 3-6 anni che fanno fatica a controllare le emozioni negative.

    La decisione dell'adulto sicuramente ha generato una frustrazione che loro sfogano su di lui, quasi senza volerlo. Però devono imparare a incanalare la rabbia in altro modo, con il dovuto rispetto per le altre persone. Non si può permettere questo "sfogo fisico" solo perché è comprensibile e quindi va fermato».

Cosa fare quando il bambino sgrida i genitori 3-6 anni

Se un bambino della scuola dell'infanzia sgrida i genitori, ci si può comportare così:

  • Accettate la critica. Accettare che il bambino in quanto persona non sia d'accordo con voi e possa avere esigenze diverse

  • Ascoltatelo e dialogate. Si può, si deve parlare anche con un bambino di questa età: «Creare una relazione di ascolto reciproco è la base su cui limiterete questi episodi. Certo lo spazio della negoziazione con un bambino così piccolo è minimo, perché ha bisogno di contenimento e non di opzioni che non sa gestire: il compromesso ad esempio sul suo rifiuto ad andare dai nonni può essere trascorrerci meno tempo».

  • Chiedete scusa. I bambini a volte hanno ragione nei loro rimproveri: «Accogliete il suo punto di vista e ammettetelo candidamente: "Hai ragione ho sbagliato, non dovevo arrabbiarmi così ma ho perso la pazienza. Succede anche ai grandi". Dicendo una frase come questa, ad esempio, mostrate il vostro lato umano: i ruoli così non vengono confusi, ma anzi ribaditi grazie a questa capacità che la figura adulta ha di elaborare le emozioni. Noi siamo mamma e papà, e te lo diciamo con autorevolezza e non autoritarismo».

  • Codificate le emozioni ma senza permissivismo. A questa età i bambini non sanno farlo, solo un adulto può dare un nome alla loro rabbia o delusione. «Però non si picchia perché l'altra persona va rispettata, punto: non si può sempre fare ciò che si vuole.

    Non si transige su questo».

Cosa fare quando il bambino sgrida i genitori 6-12 anni

Alle elementari frutterà il buon lavoro fatto in precedenza: «Se la relazione è impostata sul confronto, il bambino sa che non ha bisogno di strepitare per farsi ascoltare. Se invece gli fornirete un nemico contro cui opporsi, si opporrà».

  • Negoziate. Si ampliano un po' gli spazi del compromesso: «A questa età i bambini non vedono ancora tutti gli effetti delle loro azioni e non hanno pieno senso di responsabilità, ma di certo non li si aiuta se, ad esempio, ci si comporta come se le responsabilità scolastiche fossero di mamma e papà. Al ricatto "se non fai i compiti non vai alla festa" si ribelleranno; fateli invece scegliere se farli prima o dopo la festa. Che li debbano fare è un punto fermo, non si scappa, ma avete iniziato a proporredue opzioni di cui sono responsabili loro».

  • Spiegate le regole. Le regole vanno spiegate anche ai più piccoli, ma a questa età la comprensione del senso delle richieste che vengono fatte è fondamentale viste le motivazioni per cui i ragazzi e le ragazze possono sgridare i genitori: «Iniziano a riconoscere le emozioni, ma ancora non sanno collocarle bene in una relazione sociale. Costruire un orizzonte di senso su cui appoggiare richieste e divieti o aprire confronti è ciò di cui hanno bisogno. "Perché l'ho deciso io" non è una spiegazione, anzi è il tentativo di affermare un'autorità che sentite minacciata».

  • Autorevolezza e fermezza. Il messaggio è "tu puoi scegliere, ma il contenitore educativo lo definisco io". Vuol dire non imporsi - perché chi vive continue mancanze di rispetto, le rimetterà in atto - ma ricordarsi che a un "no" si sopravvive: «Dovremmo poter dire "Io ti parlo così? No e quindi tu non lo fai, punto".

    La fermezza parte dall'esternare l'emozione negativa che vi ha causato il comportamento di vostro figlio. Di fronte a una persona solida e consapevole il bambino si ferma perché capisce che non si scherza: senza urlare dite: "Mi dispiace, sono risentita e triste. Non ti permetto di parlarmi così e quando ti sei calmato parliamo del tuo comportamento e di ciò che è successo. Riflettici". La radice su cui poggia il ruolo di genitori è proprio la capacità di accettare la propria umanità, senza paura di perdere l'autorità o il proprio ruolo».

L'intervistata

Laura Mazzarelli è pedagogista e co-autrice del libro "Invece di dire… Prova a dire. Le parole per educare i bambini con amorevole fermezza" (Mondadori, 2019). Cura un proprio blog dal titolo "Il cammino pedagogico".

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