Il dramma della guerra, dello sradicamento, della migrazione forzata dal proprio Paese d'origine in condizioni di rischio elevatissimo, unito al mancato inserimento in un nuovo contesto, rappresenta un evento traumatico potentissimo. Succede così che alcuni bambini e ragazzini, come unica risposta possibile a tanta sofferenza, cadano in un sonno profondo dal quale sembra impossibile risvegliarli. È il caso del piccolo Samir, fuggito dalle bombe in Siria, o dei bimbi siriani rifugiati in Svezia senza permesso di soggiorno. Come affrontare questa situazione? Ne parliamo con Maria Pontillo, psicoterapeuta dell'età evolutiva presso l'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma.
Sindrome della rassegnazione: l’origine del fenomeno
La sindrome della rassegnazione è un fenomeno recente o sono stati riscontrati casi anche in passato?
"È un disturbo identificato di recente. Gli è stato dato un nome nei primi anni 2000 proprio in riferimento alle esperienze dei colleghi svedesi che hanno notato i sintomi nei figli di rifugiati provenienti dalla ex Jugoslavia. Tuttavia, andando indietro nel tempo, è possibile trovare casi molto simili: nei campi di concentramento ragazzi e giovani adulti internati si addormentavano senza svegliarsi più. Non sono mai stati verificati dal punto di vista scientifico, ma sono probabilmente assimilabili a questa sindrome. Ancora, negli Stati Uniti, negli anni '80, sintomi riconducibili alla sindrome della rassegnazione sono stati riscontrati nella popolazione adolescenziale di rifugiati e figli di rifugiati. La codificazione scientifica, però, è arrivata molto dopo".
Linee guida Oms
Esistono linee guida dell'Oms su questa sindrome?
"Non esistono linee guida. Nel 2013 sono emerse alcune proposte e raccomandazioni che non fanno però riferimento a procedure terapeutiche standard. Si è parlato dell'opportunità di dare la cittadinanza, con un'accoglienza ufficiale, a questi bambini e alle loro famiglie. Una misura assolutamente consigliata e utile ma di per sé non sufficiente".
Sindrome della rassegnazione e post-Covid
Una simile condizione si può verificare anche nel post-Covid?
"Non abbiamo mai riscontrato una condizione così grave.
Quello che però stiamo osservando sono reazioni che sicuramente si avvicinano alla sindrome della rassegnazione: isolamento estremo, totale apatia, scarsa iniziativa, il venir meno di tutte quelle attività quotidiane legate alla cura e all'igiene personale, la mancata risposta emozionale a stimoli esterni. Il Covid ha alterato la normalità, le abitudini e la quotidianità, quindi può senz'altro rappresentare un trauma".
Caratteristiche di una bambino “rassegnato”
Che caratteristiche ha un "bambino rassegnato"?
"Un bambino con sindrome della rassegnazione presenta sintomi molto più gravi di quelle post Covid. Cade, infatti, in uno stato di torpore, con una totale incapacità di rispondere a qualsiasi stimolo. Questi bambini devono essere nutriti con un sondino. Non evitano volontariamente lo stimolo, come può accadere nel post-Covid: c'è un'assenza assoluta della capacita di rispondere a qualsiasi stimolo. In comune c'è il rifiuto della sofferenza e il conseguente ritiro dal mondo. Qui, però, subentra un sonno profondissimo, dato da una sofferenza altrettanto profonda canalizzata a livello corporeo. Samir aveva chiare e vivide davanti a sé le immagini di sé stesso e della sua famiglia che fuggivano dalle bombe in Siria. Una condizione di paura estrema, inaffrontabile, che ha trasferito nel proprio corpo. Dopodiché, al trauma della fuga segue un altro trauma: quello del rifiuto, del mancato inserimento nel nuovo Paese".
Similitudini con il bambino catatonico
Ci sono similitudini con un bambino catatonico?
"Il quadro clinico è molto simile. C'è però una differenza importante: la catatonia è un disturbo psichiatrico che ha spesso basi genetiche e implica disfunzioni dal punto di vista neurologico. Invece la sindrome della rassegnazione rientra tra condizioni reattive: è una reazione a un fattore esterno. Non è una malattia che esiste di per sé, ma una risposta a fattori traumatici, innescata da eventi ambientali".
Cure a disposizione per la sindrome della rassegnazione
Che cure abbiamo a disposizione?
"Bisogna agire con un approccio integrato. Come dicevo prima, l'inserimento e il conferimento della cittadinanza sono importanti, ma non bastano. Parliamo infatti di una condizione medica che coinvolge diversi piani: neurologico, psichiatrico, psicologico, sociale. Questi ragazzini vanno sottoposti ad una valutazione completa per verificare il livello di sviluppo cognitivo ed emotivo, passando anche per analisi mediche volte ad escludere cause legate ad altri fattori. Sulla base di questa valutazione si cerca di intervenire con approcci non farmacologici, ai quali si accede solo nei casi più gravi. Si fornisce un supporto individuale e famigliare, che si estende anche alla sfera sociale e all'inserimento di cui abbiamo parlato inizialmente. Solo un approccio che opera su molteplici livelli permette di superare questa grave condizione".
L'intervistata
Maria Pontillo è psicologa e psicoterapeuta dell'età evolutiva presso il reparto di Neuropsichiatria dell'Infanzia e dell'adolescenza dell'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma.