Time in e Time out cosa sono
Quali sono le tecniche più efficaci per educare un bambino? Qual è il miglior modo di comportarsi quando fa qualcosa che non va? Bisogna sgridarlo? Essere fermi e rigidi sulla propria posizione? O accoglierlo tra le braccia, rassicurarlo e aspettare che il suo momento di rabbia e nervoso passi?
"Time in" e "Time out" sono tra le tecniche di educazione di cui più si sente parlare negli ultimi tempi. Ma cosa sono? In cosa si differenziano? E, soprattutto, sono davvero efficaci?
"Time out", di cosa si tratta
Il "time-out" è la tecnica, spesso utilizzata in ambito educativo o in casa, da genitori e nonni, che consiste nell'allontanamento temporaneo di un bambino dall'ambiente in cui ha fatto qualcosa di sbagliato.
Il concetto di "time-out" è stato inventato nel 1958 dal ricercatore Arthur Staats, ora in pensione presso l'Università delle Hawaii a Manoa, quando ancora insegnanti e presidi schiaffeggiavano sistematicamente i bambini e i genitori sculacciavano o frustavano i loro figli.
Applicando il "Time out", l'adulto porta il piccolo in un altro ambiente per riflettere e pensare al suo comportamento.
L'obiettivo vuole essere quello di toglierlo da un contesto piacevole, facendogli comprendere che non deve più avere quel determinato atteggiamento. Il luogo può essere una sedia in un posto preciso della casa, ad esempio. Si tratta di una tecnica che non trova tutti d'accordo, ma che viene suggerita da diversi pediatri e psicologi dello sviluppo, che la riconoscono come una forma efficace di disciplina.
La tecnica del "Time out" funziona?
Da diversi studi e testimonianze di genitori ed educatori, è emerso che la tecnica del "Time out" è efficace in modo particolare nei bambini, in età scolare, che hanno un comportamento oppositivo, provocatorio, aggressivo. La maggior parte degli esperti, invece, la ritiene inutile e la sconsiglia in età prescolare (dunque dagli 0 ai 3 anni).
Quando il bambino è troppo piccolo, infatti, non ha modo di filtrare il comportamento rigido dell'adulto e non ha ancora capacità di regolare le sue emozioni.
Con i più piccoli ci vuole un atteggiamento di rassicurazione, contenimento. E' bene spiegare al bambino un atteggiamento sbagliato, consapevoli che probabilmente lo rifarà e che un "allontanamento", come quello proposto dalla tecnica del "Time out" non avrà alcun giovamento, anzi. I bambini sotto i 3 anni hanno necessità di imparare sbagliando ma, soprattutto, di calmarsi, imparare ad autoregolare le emozioni.
Time "out": come procedere
Come procedere se si vuole applicare la tecnica del "Time-out" con il proprio bambino:
- Date un chiaro avvertimento (uno soltanto) al bimbo prima di procedere con il "time-out". Dopo che il bambino ha combinato qualcosa di sbagliato, fateglielo presente e accompagnatelo nel luogo del "time-out" appunto (una sedia all'angolo, o un altro luogo prestabilito). Alcuni esperti sconsigliano che questo luogo sia la sua camera, perché ricca di distrazioni che farebbero perdere il senso della tecnica educativa.
- Avviate il timer dell'orologio. Oggi molti genitori usano la regola "un minuto per ogni anno di età di un bambino".
- Non offrite attenzioni al bambino durante il "time-out": in quei pochi minuti, il bambino deve provare noia, non ricevere le attenzioni del genitore o di altro (che vorrebbe).
- Quando il timer suona, il "time-out" è finito e questo va rispettato dall'adulto, anche se il bambino piange e si agita ancora
- Il Time-out va applicato solo quando necessario, non troppo spesso altrimenti perde di efficacia
Time "in", di cosa si tratta
Non ci vuole molto a capire che "Time in" è la tecnica di educazione opposta al "Time out". Invece di preparare un luogo dove "allontanare" il bambino dopo che ha fatto un guaio, alcuni pediatri e psicologi suggeriscono un'alternativa molto diversa.
Ad essere preparato, in questo caso, è uno spazio di "time in", ossia un luogo che possa aiutare il bambino a ritrovare il controllo di se stesso. A casa può essere un "angolo felice" nella sua cameretta, un tavolo con una sedia, ma ricco di libri, giochi cognitivi e attività che lo coinvolgano (fogli e colori, pasta modellabile, giochi con chiodi o costruzioni, etc.
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Il "Time in" consiste nell'allestimento di un luogo dove il bambino ritrova la sua tranquillità: non è una punizione, non è un momento in cui l'adulto sgrida, rimprovera, toglie le attenzioni, ma un momento in cui il bambino si sente guidato, accompagnato, rassicurato e ritrova così la sua calma e serenità, imparando, a poco a poco, a regolare le sue emozioni.
Time in o Time out? Quale scegliere
Spiegate entrambe le tecniche di educazione, è impossibile dire che una sia sbagliata e l'altra giusta. Il genitore conosce il suo bambino e sa cosa può essere più efficace.
Non è da escludere la possibilità di applicarle entrambe in momenti e situazioni completamente differenti. Se il bambino l'ha fatta grossa, infatti, il "Time out" può essere più efficace, se la marachella è piccola, se il bambino è davvero in preda al nervoso, una maggiore comprensione, attraverso il "Time in" può essere probabilmente più appropriata.
In caso di dubbi, in ogni caso, il parere del pediatra o di uno psicologo dello sviluppo può assolutamente fare la differenza.
Fonti: Time.com; parentingfromtheheartblog.com; raisingchildren.net.au; www.cdc.gov