Dalla National University of Singapore, istituto che da anni stanzia fondi nella ricerca del rapporto tra bilinguismo e sviluppo dei processi cognitivi, giungono nuove prove riguardo i benefici di sottoporre i bambini a più lingue fin dalla tenera età.
Il Professor Leher Singh, già autore di studi in merito nel 2014, sta infatti proseguendo un percorso che punta a stabilire con esattezza il modo di agire del cervello umano nell'apprendimento di una lingua, nonché la connessione tra facoltà cognitive e bilinguismo.
Questa volta il lavoro compiuto ha abbattuto la radicata credenza che vedeva i bebè bilingue più lenti nell'imparare nuove parole perché impegnati su due linguaggi differenti, convinzione che in molti casi ha scoraggiato famiglie multietniche a parlare fin da subito al proprio piccolo con due linguaggi diversi, nel timore di "sovraccaricare" quel cervello ancora troppo acerbo.
Il team del dottor Singh ha sfatato il mito grazie ad esperimenti che hanno testato la capacità di distinguere i suoni di due lingue differenti: il Mandarino, dove il tono può mutare il significato di una stessa parola, e l'Inglese che invece non modifica il senso a seconda della impostazione vocale.
72 bambini tra i 12 e i 13 mesi (l'età media dove si iniziano a pronunciare le prime parole) sono stati pertanto sottoposti all'ascolto di suoni provenienti da entrambe le forme linguistiche e quando il bambino era bilingue (i genitori cioè gli avevano parlato sia Inglese che Mandarino fin dalla nascita) ignorava il tono durante l'apprendimento di nuove parole inglesi, mentre quando gli veniva detto qualcosa in Mandarino, questi rispondeva col mutamento di tono adatto ad ogni nuova parola imparata. I bimbi monolingue invece, iniziavano a destreggiarsi con le regole fonetiche del Mandarino solo sei mesi più tardi, intorno ai 18 mesi d'età.
Si è dimostrato pertanto che un bilingue aveva sviluppato una consapevolezza del sistema di toni mandarino ben prima di un pari età monolingue.
Questa ricerca, pubblicata ad aprile sulla rivista on-line Frontiers, ha scoperto dunque che sebbene questi bambini non parlassero ancora, erano già in grado di conoscere molto riguardo le regole, i suoni e la forma di più lingue (anche se contrastanti tra loro), riuscendo inoltre a utilizzare queste informazioni con competenza fin dalla tenera età.
I prossimi sviluppi punteranno a comprendere ulteriormente i passaggi d'apprendimento di una lingua e le facoltà di riconoscimento degli errori, studiando parallelamente la formazione sociale e di un giudizio morale per annotare eventuali differenze tra bilingue e monolingue nella percezione della realtà e delle persone (i bilingue avranno davvero la mente più "aperta"?)
FONTE: Frontiers, NUS.edu, Science Daily

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