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Bambini e terapia genica: come funziona e per quali malattie è utile

di Rosy Maderloni - 07.06.2023 - Scrivici

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Fonte: Shutterstock
Bambini e terapia genica: la ricerca scientifica permette di trattare sempre più patologie intervenendo sulle basi genetiche.

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Bambini e terapia genica: come funziona e per quali malattie è utile

Correggere gli errori di trascrizione del nostro DNA. A questo serve la terapia genica, frontiera di cura su cui si concentrano gli sforzi della comunità scientifica al fine di sconfiggere un numero sempre più ampio di malattie genetiche. Il manuale di istruzioni di ciascuno di noi è scritto nella doppia elica e basta anche una sola "lettera" fuori posto perché possa insorgere una malattia. Attraverso la sostituzione del gene "difettoso" tramite questa tecnica avanzata, un sempre maggiore numero di famiglie può sperare in una qualità di vita migliore per i propri figli affetti da malattie genetiche rare, alcune delle quali ritenute fino a poco tempo fa incurabili. Ne parliamo con Francesca Ferrua, un dottorato in Medicina Molecolare, Medico Specialista in Pediatria dell'Unità di immunoematologia pediatrica dell'IRCCS Ospedale San Raffaele e nella Unità di Ricerca Clinica dell'Istituto San Raffaele Telethon per la terapia genica di Milano.

Cos'è la terapia genica?

"Si tratta di una metodica innovativa che consiste nel correggere un difetto genetico presente all'interno della cellula di un paziente - premette Ferrua -. Nel DNA sono scritte le informazioni per il corretto sviluppo e funzionamento del nostro organismo. Se una parte, anche minima, è alterata, il meccanismo "si inceppa" e può avere origine una malattia. Tale alterazione genetica può essere una alterazione congenita, trasmessa da uno o entrambi i genitori, o insorgere de novo".

Vettori virali.

Cosa c'entrano i virus con la cura di una malattia genetica?  "I virus sono professionisti nel trasporto di geni e in grado di portare facilmente informazioni all'interno delle cellule. Nella terapia genica sfruttiamo questa loro capacità, andando tuttavia a "smontarli" in laboratorio per rimuovere le loro componenti "cattive" in modo da trasformarli in innocui "trasportatori" professionisti di geni. I virus maggiormente utilizzati a questo scopo per le loro caratteristiche sono il virus dell'HIV e alcuni tipi di adenovirus.

Si tratta di vettori di "nuova generazione" con aumentata efficacia e migliore profilo di sicurezza".

Terapia genica in vivo ed ex vivo, quali differenze?

"I due principali approcci di terapia genica utilizzati attualmente sono:

  • In vivo: il vettore virale contenente l'informazione genetica corretta viene infuso direttamente nell'organismo del paziente, all'interno del quale si dirigerà verso le cellule bersaglio per penetrare al loro interno al fine di "consegnare" l'informazione corretta. Questo approccio viene utilizzato in particolare per quelle patologie in cui le cellule malate non si possono "estrarre" facilmente dal paziente (es. cellule del fegato, motoneuroni).
  • Ex vivo: in questo caso, le cellule bersaglio vengono prelevate dal paziente stesso e corrette mediante utilizzo di vettore virale in laboratorio. Solo in seguito vengono reinfuse al paziente mediante infusione endovenosa. Tipico esempio è la terapia genica con cellule staminali ematopoietiche, che possono essere prelevate o direttamente dal midollo osseo del paziente, oppure possono essere mobilizzate nel sangue periferico con farmaci specifici e raccolte mediante una procedura che chiamata aferesi.

Lo scopo della terapia genica è di curare una determinata malattia mediante un singolo trattamento, i cui effetti benefici possano durare il più a lungo possibile.

Quando si individua la presenza di una malattia genetica?

"Lo scopo della terapia genica è curare patologie genetiche, le quali esordiscono tipicamente in età infantile, ma non solo - chiarisce la ricercatrice -. Un trattamento che "prima si fa e meglio è" perché si limitano le complicazioni legate alla malattia: la terapia genica precoce evita, infatti, che si sviluppino complicanze che possono provocare danni ai diversi organi, ma anche compromettere la qualità di vita del paziente e della sua famiglia.

Per favorire un trattamento tempestivo, abbiamo due strumenti principali a disposizione: 

  • Lo screening neonatale, sebbene attualmente non sia disponibile in tutti i paesi e sia spesso limitato ad ristretto numero di patologie, rappresenta uno degli strumenti più efficaci per la diagnosi precoce delle malattie congenite rare. Questo è particolarmente importante per quelle malattie per cui a oggi sono disponibili trattamenti specifici, il cui inizio tempestivo è fondamentale per migliorare la prognosi.
  • La diagnosi precoce, qui incidono diversi fattori: le malattie rare spesso non sono semplici da diagnosticare. La storia familiare è certamente di aiuto, soprattutto per quelle patologie in cui è importante individuare i soggetti affetti prima dell'esordio di malattia. In assenza di storia familiare, è fondamentale il riconoscimento precoce dei primi segni/sintomi e l'invio tempestivo del paziente ai centri di riferimento per le diverse patologie, per poter avviare prontamente un appropriato iter diagnostico.

Quali sono le malattie su cui oggi si interviene con la terapia genica?

"Attualmente le malattie per la cura delle quali questo approccio terapeutico innovativo è già stato approvato dagli enti regolari o è in fase avanzata di sperimentazione clinica, appartengono alle seguenti categorie principali:

  • Le immunodeficienze primitive, ossia malattie congenite causate da alterazioni del funzionamento e/o dello sviluppo del sistema immunitario che causano principalmente una maggiore suscettibilità alle infezioni. Fanno parte di questa categoria l'immunodeficienza severa combinata da deficit di adenosina deaminasi (ADA-SCID) e la sindrome di Wiskott-Aldrich (WAS) (in questo caso è associato anche un difetto a livello piastrinico con aumentata suscettibilità a sanguinamenti spontanei).
  • Malattie da accumulo lisosomiale: malattie metaboliche ereditarie caratterizzate da un eccessivo accumulo di sostanze tossiche all'interno delle cellule. A seconda dello specifico deficit enzimatico, possono essere colpiti diversi organi. Ad esempio nella leucodistrofia metacromatica (MLD), abbiamo un coinvolgimento neurologico importante. Nelle mucopolisaccaridosi, come ad esempio nella sindrome di Hurler, vi è accumulo di sostanze tossiche a livello osseo, epatico e cardiaco con manifestazioni multisistemiche, inclusi difetti di crescita e deficit cognitivi.
  • Malattie neuromuscolari, quali la atrofia muscolare spinale (SMA), in cui la sopravvivenza delle cellule deputate al trasporto dei segnali nervosi dal cervello ai muscoli (i motoneuroni) è ridotta a causa di difetti a carico di geni fondamentali per questi processi. Si manifesta quindi un progressivo indebolimento dei vari muscoli fino alla paralisi.
  • Difetti ereditari dell'emoglobina, quali la beta-talassemia e l'anemia falciforme, in cui, a causa di un difetto genetico sottostante, i pazienti sono affetti da anemia cronica conseguente ad un difetto quantitativo o qualitativo nella produzione di emoglobina, rispettivamente. I pazienti affetti dalle forme più gravi di malattia sono generalmente trasfusione-dipendenti. Nel tempo possono svilupparsi complicanze quali ingrossamento di fegato e milza o sovraccarico di ferro conseguente alle trasfusioni. Nell'anemia falciforme inoltre i pazienti possono soffrire di debilitanti crisi dolorose a causa della occlusione dei vasi sanguigni da parte dei globuli dalla forma alterata.

Per alcune di queste patologie, quali ad esempio le immunodeficienze primitive, le emoglobinopatie e alcune forme di mucopolisaccaridosi, il trapianto di cellule staminali ematopoietiche da donatore compatibile ha rappresentato in passato l'unica alternativa terapeutica curativa possibile. Questo approccio non è tuttavia disponibile per tutti i pazienti, essendo limitato dalla disponibilità di un donatore compatibile e gravato da un certo tasso di complicanze, soprattutto in certi gruppi di pazienti. In questo contesto la terapia genica può rappresentare una valida alternativa terapeutica. 

Nel caso, invece, della leucodistrofia metacromatica, attualmente la terapia genica con cellule staminali ematopoietiche rappresenta l'unica terapia efficace disponibile al momento". La terapia genica per questa malattia, proprio come quella per l'ADA-SCID, è un farmaco a tutti gli effetti, messo a punto grazie al lungo lavoro dei ricercatori dell'Istituto San Raffaele Telethon per la terapia genica di Milano, che sta lavorando anche allo sviluppo di terapie geniche per altre malattie genetiche rare. A oggi, circa 150 bambini da 40 paesi di tutto il mondo sono venuti in questo istituto per ricevere una terapia genica per sei diverse malattie, anche nell'ambito di sperimentazioni cliniche. L'impegno su questa forma di terapia avanzata è condiviso, per altre malattie, anche dall'altro istituto di ricerca di Fondazione Telethon, il Tigem di Napoli.

La terapia genica è dolorosa?

"Più che dolorosa in sé la terapia genica, va specificato che in molte procedure l'infusione di cellule corrette è anticipata da una chemioterapia necessaria per far spazio nel midollo osseo del paziente. Questo aspetto può fare paura perché la chemioterapia indebolisce il sistema immunitario, esiste una tossicità legata a questa terapia ed è necessario un periodo di ricovero. Quello che possiamo però affermare è che i dati attualmente disponibili suggeriscono che la terapia genica con cellule staminali ematopoietiche corrette con vettori lentivirali (derivati dal virus HIV) è sicura sul lungo termine.

I primi 3-6 mesi in seguito alla terapia genica sono generalmente più delicati, tuttavia nei mesi successivi i pazienti iniziano gradualmente a vivere una vita sempre più 'normale'. Iniziano o riprendono la scuola e le normali attività dei loro coetanei. La speranza per il futuro è di poter estendere l'approccio di terapia genica a un numero sempre più ampio di patologie".

L'intervistata

Francesca Ferrua, un dottorato in Medicina Molecolare, Medico Specialista in Pediatria dell'Unità di immunoematologia pediatrica dell'IRCCS Ospedale San Raffaele e nella Unità di Ricerca Clinica dell'Istituto San Raffaele Telethon per la terapia genica di Milano.

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