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Febbre alta nei bambini

di Irma Levanti - 18.12.2020 - Scrivici

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Fonte: Shutterstock
Febbre alta nei bambini: risposte, consigli, rimedi, quando preoccuparsi e cosa fare se è persistente.

In questo articolo

Che cos'è la febbre?

La febbre è un incremento della temperatura corporea centrale al di sopra dei limiti di normalità.

Secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità, la temperatura si considera normale fino a 37,5°, anche se va specificato che la temperatura corporea può variare da persona a persona, durante l'arco della giornata e può essere più elevata in alcune occasioni, per esempio durante il sonno, subito dopo i pasti, dopo uno sforzo o in caso di riscaldamento eccessivo dell'ambiente.

La febbre è il sintomo più comune di gran parte delle infezioni e viene utilizzato dall'organismo come strumento di difesa, poiché, innalzando la sua temperatura, rende l'ambiente inospitale per la vita di virus e batteri.

Il bambino ha il Covid-19?

Come distinguere una normale influenza dal Covid-19?

Purtroppo è impossibile distinguere l'influenza dal Covid-19 dal punto di vista clinico. Da qui l'importanza della vaccinazione (per limitare il più possibile i casi di vera influenza) e dei tamponi, gli unici test al momento in grado di effettuare una diagnosi definitiva di Sars-Cov-2. 

Nel caso dei bambini, molto in generale si può dire che se è presente un solo sintomo - raffreddore oppure tosse, oppure febbre - è probabile che non si tratti di Covid-19 ma di un'altra forma virale. Se invece i sintomi sono più di uno è più probabile che si tratti di Covid. Questo però vale come indicazione generale per rassicurare i singoli e le famiglie, ma ricordiamo che i pediatri possono richiedere l'esecuzione di un tampone anche in presenza di un solo sintomo, perché non si può comunque escludere che sia coronavurs. 

Più è alta la febbre, più bisogna preoccuparsi?

Non necessariamente. "Contrariamente a quanto spesso si pensa, avere la febbre più o meno alta non è di per sé un indice della gravità della malattia" ha spiegato a nostrofiglio.it Maurizio De Martino, immunologo pediatra, direttore della Clinica pediatrica 1 dell'Ospedale Meyer di Firenze e coordinatore delle Linee Guida per la gestione della febbre nei bambini della Società italiana di pediatria. In altre parole, in generale non è detto che una temperatura molto elevata indichi una condizione grave e, viceversa, una febbre contenuta una condizione più tranquilla: "Si possono avere situazioni gravi con febbre bassa e infezioni molto lievi che danno una febbre altissima".


È vero però che una febbre elevata può segnalare un'infezione batterica grave se si associa ad altri fattori, come età inferiore ai tre mesi e valori alterati dei globuli bianchi o della Proteina C Reattiva.

Le linee guida inoltre specificano che non si può desumere la gravità o meno di un'infezione dalla risposta all'antipiretico, ad esempio non si può escludere con certezza un'infezione batterica grave se la febbre si abbassa dopo la somministrazione di paracetamolo o ibuprofene.

Quando serve abbassare la febbre?

Con la febbre l'organismo crea un ambiente inospitale per i microbi e stimola il sistema immunitario a contrastarli in modo rapido ed efficace. In questo senso è dunque un fenomeno positivo, che non va sempre e comunque contrastato con i farmaci, anche se ovviamente va tenuto  sotto controllo per vedere come evolve la situazione.

Un approfondimento pubblicato nel 2017 sulla rivista organo ufficiale della Società italiana di pediatria preventiva e sociale lo dice molto chiaramente: gli antipiretici (o antifebbrili: le medicine che abbassano la febbre) devono essere usati con il solo fine ultimo di ridurre il senso di malessere del bambino, e non di trattare la febbre in quanto tale, visto che si tratta di un meccanismo di difesa contro le infezioni.

Quindi non deve essere tanto il grado di temperatura a indurre a somministrare l'antipiretico, ma il livello di malessere (irritabilità, mal di testa, dolori muscolari, alterazioni del ritmo sonno-veglia), che può essere molto variabile. Ci sono situazioni nelle quali, salvo la temperatura elevata e magari un po' di stanchezza, il bimbo sta comunque bene – e allora non vanno usati farmaci – e altre invece nelle quali il malessere è elevato, magari anche a fronte di una febbre meno elevata: in questi casi ok invece ai farmaci.

Medicine per la febbre: quali usare?

Per i bambini, gli unici farmaci raccomandati dalle Linee Guida sono il paracetamolo e l'ibuprofene: diversi studi dimostrano infatti che entrambi sono efficaci nel ridurre la temperatura febbrile nel bambino e sono ugualmente sicuri. In Italia il paracetamolo può essere impiegato fin dalla nascita, mentre l'ibuprofene è autorizzato a partire dai tre mesi di età o dai 5,6 kg di peso corporeo.

È sconsigliato però somministrare insieme o alternare paracetamolo e ibuprofene.

Gocce, sciroppo o supposte?

Le Linee Guida raccomandano di somministrare sia paracetamolo sia ibuprofene in gocce o sciroppo, in quanto l'assorbimento è più costante ed è possibile maggiore precisione nel dosaggio, che deve essere sempre calcolato in base al peso corporeo e non in base all'età del bambino.

"Tra l'altro, gli sciroppi hanno oggi un sapore molto gradevole, che li rendono accettabili ai bambini" la sottolineato a nostrofiglio.it la pediatra di famiglia Adima Lamborghini, membro del centro studi della Federazione italiana medici pediatri. "E per quelli più grandi, sono disponibili anche bustine orosolubili e compresse masticabili, sempre di sapore gradevole".

Invece  meglio evitare le supposte, sia perché sono sgradevoli per il bambino sia perché possono causare effetti collaterali, dal momento che si tende al sovradosaggio. Le supposte vanno utilizzate solo se, oltre alla febbre, è presente vomito o altre condizioni che impediscano l'impiego di farmaci per via orale.

Abbassare la febbre in modo naturale: le spugnature servono?

Ci sono molti rimedi popolari e "naturali" che vengono proposti per abbassare la febbre, e tra questi in particolare le spugnature con acqua fredda, oppure con alcol o aceto. I dati scientifici a disposizione sull'efficacia di queste pratiche -pochi - sembrano indicare che  servano a poco o a nulla, e che per di più possano infastidire il bambino, se non diventare controproducenti.

"La febbre è un innalzamento della temperatura corporea comandato a livello centrale dal cervello, pertanto non si può pensare di intervenire raffreddando la periferia" spiega De Martino. "Anzi, raffreddando troppo le estremità, si costringe l'organismo a produrre più calore e la temperatura sale". Ecco perché questi mezzi fisici vanno evitati, a meno che si tratti non di febbre ma di colpo di calore: in questo caso sono utili.

"Al massimo, se il bambino è molto accaldato e sudato, si possono semplicemente lavare gambe e braccia con un pochino di acqua tiepida" afferma Lamborghini. "In questo modo non c'è il rischio di raffreddare troppo e il bambino potrebbe ricavarne un temporaneo beneficio".

Quanto dura le febbre nei bambini?

"La durata può essere molto variabile, da un paio di giorni a una settimana o più" afferma Lamborghini.

"In molte forme influenzali, per esempio, la febbre può durare tranquillamente 5-6 giorni, magari con in mezzo un giorno di pausa, in cui la febbre sembra passata".

"Se la febbre è 'indeterminata', cioè non è accompagnata da sintomi che ne possono spiegare la causa (come  mal di golatosse  e  raffreddore  tipici dell'influenza), dopo 72 ore è opportuno fare accertamenti (esami di laboratorio) per cercare di chiarirne l'origine".

Febbre alta persistente: cosa fare?

"Garantire sempre l'idratazione del bambino e verificare che non abbia malessere costante. In questo caso è opportuno intervenire con un antipiretico, che agisce non solo abbassando la temperatura, ma anche sulle sostanze responsabili del malessere" consiglia  Lamborghini.

"Se la febbre è 'indeterminata', cioè non è accompagnata da sintomi che ne possono spiegare la causa (come  mal di golatosse  e  raffreddore  tipici dell'influenza), dopo 72 ore è opportuno fare accertamenti (esami di laboratorio) per cercare di chiarirne l'origine".

Quando preoccuparsi?

Per cominciare, va portato il prima possibile al pronto soccorso il bambino con meno di un mese di vita, mentre tra un mese e un anno va portato al pronto soccorso se:

  • piange in maniera inconsolabile;
  • rifiuta completamente il cibo;
  • assume un comportamento che induce la mamma a pensare "non è lui".

Se invece le sue condizioni generali sono buone basta programmare una visita in giornata dal pediatra. Un controllo è comunque da fare perché si tratta di una fascia d'età in cui il rischio di infezione batterica grave, come una polmonite, è più elevato che in altre fasce.

Se il bambino è più grande, i campanelli d'allarme che devono destare preoccupazione e indurre ad andare al pronto soccorso (o meglio ancora a chiamare il 118) sono:

  • rapido peggioramento delle condizioni generali;
  • difficoltà respiratorie;
  • alterazioni evidenti del colorito (non l'arrossamento tipico della febbre, ma marezzature, cioè chiazze o strisce bluastre);
  • segni di disidratazione, con un bambino che rifiuta assolutamente di bere (occhi infossati, pianto senza lacrime, scarsa salivazione...)

"La prima cosa da fare in caso di dubbio - sottolinea Lamborghini - è  chiamare il 118, che aiuterà a capire se è il caso di portare il bambino al pronto soccorso (e, in questo caso, se si puà farlo autonomamente o è meglio aspettare i soccorsi, per un trasporto in sicurezza) o se basta portarlo dal medico".

 

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