Sulla questione mascherine a scuola per limitare la diffusione del Covid-19 si è acceso un dibattito legato a un esposto, che sarà depositato alla Procura di Roma dal sindacato Usb e la onlus Rete Iside, per «omessi controlli» nella fabbricazione di mascherine (Il Messaggero). A essere finita sotto i riflettori è l'azienda FCA, che ha avuto il mandato dal commissario straordinario Arcuri già nel 2020 per produrre 5 tipologie di mascherine (4 per adulti e 1 per bambini) di tipo 2R, alcune delle quali sono distribuite negli istituti scolastici. Il coinvolgimento di FCA è legato al piano di produzione nazionale di mascherine, così da limitare l'importazione da altri paesi, sostenere le esigenze del paese e favorire le aziende italiane, che hanno deciso di riconvertire la propria produzione per mettersi al servizio dell'Italia in tempi duri come questi. Vediamo cosa sta succedendo rispetto al caso specifico.
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Mascherine a scuola, quali sono efficaci e da che età sono obbligatorie
Mascherine a scuola, decreto che ne impone l'obbligatorietà
Già a dicembre 2020 un servizio della trasmissione Striscia la notizia aveva evidenziato che le mascherine di FCA distribuite a scuola non fossero a norma, in certi casi fossero "puzzolenti" o troppo strette per bambini e ragazzi: un'inchiesta che aveva destato non poca preoccupazione nei genitori e nell'opinione pubblica, visto che i bambini devono portare la mascherina a scuola obbligatoriamente dai sei anni in su, come confermato dal DPCM del 3 novembre 2020. Secondo il DPCM "a partire dalla scuola primaria, la mascherina dovrà essere indossata sempre, da chiunque sia presente a scuola, durante la permanenza nei locali scolastici e nelle pertinenze, anche quando gli alunni sono seduti al banco e indipendentemente dalle condizioni di distanza (1 metro tra le rime buccali) previste dai precedenti protocolli". Per agevolare i genitori sono state distribuite più di 1 miliardo di mascherine, come si legge nel report del Governo aggiornato al 25 gennaio 2021.
Il caso delle mascherine FCA
Secondo un approfondimento de Il Salvagente successivo al servizio di Striscia la Notizia, l'inchiesta di Rete Iside e sindacato USB sulle mascherine di FCA ha evidenziato che "ai test di laboratorio le mascherine hanno dato valori di filtrazione oscillanti tra l'83,53 e l'86,39%, quando la norma UNI EN 14683:2019 stabilisce un limite di accettabilità maggiore del 95% per le mascherine tipo I (due strati) e del 98% per il tipo II e IIR (tre e quattro strati)". I test, effettuati il 15 gennaio 2021 in Archa srl (società accreditata da Accredia, ente designato dal governo italiano), hanno messo in evidenza di come queste mascherine che sono state acquistate dalla Protezione Civile italiana a milioni per essere distribuite delle scuole hanno mancata efficacia in termini di filtraggio.
Molti programmi di informazione tra cui Report della Rai avevano avanzato ipotesti sull'efficacia delle mascherine distribuite a scuola, tra cui ancora una volta quelle di FCA. Raggiunto dai giornalisti della trasmissione, il commissario Arcuri (che a FCA ha dato la commessa) ha risposto "non c'è alcun problema di tossicità e alcune partite, per via dell'odore, sono state ritirate. Fca ribadisce che i dispositivi sono regolarmente autorizzati e certificati da organismi ufficiali e indipendenti". Insomma, il problema messo in luce da alcuni genitori a Striscia la notizia del cattivo odore di alcune di queste mascherine, è solo relativo a un lotto, opportunamente ritirato. Ma sulle questioni analizzate e comprovate in laboratorio, non solo da Rete Iside e USB ma anche da Striscia la Notizia, al momento l'azienda non ha risposto ufficialmente alle accuse, che a questo punto seguiranno il loro corso.
Il caso delle mascherine U-Mask
Rimane fondamentale vederci chiaro su cosa dobbiamo pretendere in una mascherina, elemento di protezione individuale e verso terzi diventata ormai fondamentale, soprattutto in ambiente scolastico.
Il 25 gennaio 2021 è stato ancora una volta il programma Striscia la notizia ad accendere i riflettori su un'altra azienda produttrice questa volta di mascherine in tessuto altamente tecnologico. U-Mask ha infatti lanciato, a pochi mesi dallo scoppio della pandemia e con molto successo "la prima mascherina Biotech" che "blocca solo i contaminanti dell'aria sulla superficie della maschera, ma li distrugge al suo interno", come si legge sulla pagina del sito dedicata alla tecnologia impiegata. Al momento però è aperta un'inchiesta dalla Procura di Milano, scattata dopo una denuncia di una società concorrente. Ancora una volta l'indiziato è la capacità di filtraggio: secondo l'accusa "la capacità di filtraggio della mascherina biotech con il filtro che dura 150-200 ore sarebbe del 70-80% a fronte del 98-99% dichiarato ufficialmente" (La Stampa).
Dall'azienda fanno però sapere che sono accuse infondate e che "il metodo utilizzato per stabilire il coefficiente di protezione delle mascherine rispetta pienamente le norme e le leggi in materia. La misurazione di questi parametri è stata effettuata da un laboratorio altamente qualificato nelle modalità previste dalla normativa vigente". Hanno anche aggiunto che "tutta la documentazione tecnica relativa ai nostri dispositivi è stata inviata, come prescritto dalla legge, alle Autorità competenti (Ministero della Salute) che, preso atto della correttezza della documentazione accompagnatoria e delle prove tecniche effettuate, ne ha disposto l'approvazione e la registrazione come dispositivi medici di classe I".
Mascherina, un'arma importante contro il Covid
L'uso della mascherina per proteggersi e proteggere dal Covid-19 rimane però fondamentale. Secondo diversi studi riportati con puntualità dalla rivista scientifica Nature, possono salvare molte vite in modi anche indiretti e i dati di questi mesi di pandemia attestano questo assunto. Quelle più efficaci, secondo un documento del Ministero della Salute, devono rispondere però a quesiti non solo necessari ma fondamentali:
- resistenza a schizzi liquidi
- traspirabilità
- efficienza di filtrazione batterica
- pulizia da microbi
Nel documento si legge che "le mascherine chirurgiche, per essere sicure, devono essere prodotte nel rispetto della norma tecnica UNI EN 14683:2019". Nella normativa si aggiunge inoltre che "Ogni altra mascherina reperibile in commercio, diversa da quelle sopra elencate, non è un dispositivo medico né un dispositivo di protezione individuale; può essere prodotta ai sensi dell'art.
16, comma 2, del D.L. 18/2020, sotto la responsabilità del produttore che deve comunque garantire la sicurezza del prodotto (a titolo meramente esemplificativo: che i materiali utilizzati non sono noti per causare irritazione o qualsiasi altro effetto nocivo per la salute, non sono altamente infiammabili, ecc.). Per queste mascherine non è prevista alcuna valutazione dell'Istituto Superiore di Sanità e dell'INAIL". Per questo a scuola o in altri contesti pubblici non può essere utilizzata la mascherina in tessuto, mentre rimangono strumenti fondamentali le mascherine di tipo chirurgico, le FFP 2 e le FFP3.
Fonti per questo articolo: Nature, "Face masks: what the data say"; Ministero della Salute, "Mascherine, le norme tecniche per la produzione"; Ministero dell'Istruzione, "Rientriamo a scuola"; UNI, Ente italiano di normazione.