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Mortalità infantile: al Sud il 50% in più nel primo anno

di valentina vanzini - 26.04.2022 - Scrivici

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Fonte: Shutterstock
A mettere in luce le disparità tra bambini è uno studio sulla rivista Pediatria. Cosa sappiamo dello studio sulla mortalità infantile?

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Il divario tra Nord e Sud? È ancora praticamente incolmabile, specie se si parla di salute dei bambini. Sì, perché stando al quadro restituito da una ricerca condotta dal professor Mario De Curtis, presidente del comitato di bioetica della Società Italiana di Pediatria e docente di Pediatria all'Università La Sapienza di Roma, i piccoli del Sud Italia detengono il triste record del rischio di morire nel primo anno di vita più elevato in tutta la Penisola.

E la differenza non è da poco: i bambini del Sud Italia hanno ben il 50% di probabilità in più di morire nei primi dodici mesi della loro esistenza. Per di più, i piccoli del Mezzogiorno, se si ammalano, hanno una probabilità altissima (70%) di doversi spostare in altre Regioni per ottenere cure di qualità rispetto ai bimbi del Centro e del Nord. Un quadro desolante, che, al momento, non sembra destinato a cambiare.

Mortalità infantile: la ricerca e le opzioni

Stando sempre a quanto affermato dalla ricerca del dottor De Curtis, «la maggior mortalità neonatale e infantile nelle regioni del Mezzogiorno è una situazione storica», che fotografa una situazione complicata. In base allo studio di De Curtis, che per altro si basa anche sui dati dell'Istat sulla mortalità infantile riferiti al 2018 (gli ultimi disponibili), ben 200 neonati del Mezzogiorno si sarebbero salvati se fossero nati al Centro o al Nord Italia.

Ciò è paradossale se si considera che, sulla carta, i tassi di mortalità infantile in Italia sono tra i più bassi al mondo. La discrepanza resta una questione di territorio, una lotteria del luogo di nascita che, purtroppo, può essere fatale per i più piccoli. La ricerca di De Curtis ha anche cercato di rispondere alla spinosa domanda: cosa si può fare per cambiare questa situazione così drammatica?


Sulla carta, bisognerebbe organizzare una rete sovra-regionale di cure: un ente che, supervisionando il Sud Italia, possa creare un punto di riferimento, di accoglienza e di supporto. Al contempo, sarebbe necessario istituire un Osservatorio per monitorare i dati, intervenire e analizzare le varie casistiche con attenzione alle zone più a rischio.

Bisognerebbe, poi, rafforzare il ruolo del Ministero della Salute e ripartire diversamente il Fondo Sanitario Nazionale, con attenzione a tutte le strutture ospedaliere/di cura in sofferenza. Tutte soluzioni che, però, richiedono una lunga serie di disquisizioni e l'avvio di lunghe pratiche burocratiche.

L'impatto economico del trasferimento verso il Nord

Un altro argomento caldo, come accennavamo, è la migrazione da parte dei bambini del Sud Italia verso strutture del Centro e del Nord. Il professor De Curtis ha voluto approfondire la questione con un altro studio, pubblicato su Italian Journal of Pediatrics. Per avere una panoramica completa il professore, insieme ai suoi collaboratori, ha interloquito con oltre 7.871.887 bambini e ragazzi italiani di età inferiore a 15 anni.

Le interviste e i dati analizzati hanno portato a uno spaccato preoccupante: l'11,9% dei bambini e ragazzi residenti nel Mezzogiorno, infatti, si muovono verso altre Regioni quando devono essere curati. La percentuale, per altro, cresce quando si tratta di ricoveri ad alta complessità (il 21,3% del totale delle Regioni del Sud contro il 10,5% dei bambini del Centro e del Nord).

Se già la necessità di spostarsi impone dinamiche complesse, De Curtis ne ha anche attenzionato l'impatto economico, che risulta particolarmente elevato: le spese sanitarie per gli spostamenti e l'assistenza agli under 15 superano il 40% in Molise, Basilicata, Calabria e Abruzzo e toccano picchi ancor più alti in Campania che, per altro, registra il maggior numero di ricoveri infantili fuori Regione.

A fare la differenza sono anche i bambini con malattie croniche e rare: il Meridione, a oggi, ha meno centri di riferimento per le patologie complesse.

Le cose riusciranno a cambiare, un giorno?

Fonti articolo: Italian Journal of Pediatrics

Aggiornato il 13.07.2021

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