L'essere grassi in età adulta potrebbe non essere causato dai troppi dolciumi mangiati da bambini, ma dal fatto che con la crescita, la passione per caramelle e alimenti zuccherosi non sia minimamente calata.
La ricerca della Washington University School of Medicine, pubblicata su Diabetes, prova a percorrere proprio questa strada: normalmente infatti, le reazioni cerebrali di fronte ai cibi dolci mutano insieme allo sviluppo del corpo, ma nelle persone obese, questo cambiamento che porterebbe a percepire i dolci come "meno stimolanti", non avviene in modalità rilevanti.
La minor preferenza dei dolci non esseno così marcata, alimenta un "sistema di ricompensa" del cervello collegato al senso di benessere che dunque agisce differentemente rispetto alle persone normo-peso.
OBESITÀ E DOPAMINA
Gli studiosi hanno infatti monitorato 20 persone con un peso sano, per poi paragonarle con 24 obese, il cui un indice di massa corporea raggiungeva, o superava i 30 punti: mettendo i soggetti davanti a bevande contenenti vari livelli di zucchero, si è voluto così determinare il grado di dolcezza preferito da ciascuno.
Grazie alle successive Pet, tomografie ad emissione di positroni, gli scienziati hanno misurato i recettori della dopamina, una sostanza chimica che conferisce quel senso di benessere e appagamento legato appunto al meccanismo "di ricompensa".
Dai risultati è apparso chiaro che nei magri si riscontrava che il forte legame tra recettori della dopamina e preferenza per i dolci, diminuiva con l'età; per i soggetti, tale decrescita non avveniva.

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«Crediamo di aver identificato una nuova anomalia nel rapporto tra il "sistema di ricompensa per il cibo e la dopamina nel cervello degli indidui affetti da obesità- ha annunciato la prima autrice dello studio, Marta Yanina Pepino.
La resistenza all'insulina, frequente nelle persone obese, potrebbe dunque aver portato questi cambiamenti a livello cerebrale, anche in quei soggetti cui non è stato diagnosticato il diabete. I prossimi step in materia focalizzeranno gli studi proprio su questa eventualità.
FONTE: Ansa.it, wustl.edu