QUANDO INIZIARE
A che età è possibile iniziare e quante volte è bene provare? “Dopo le prime vaccinazioni, a quattro mesi circa. Per un primo approccio all’acqua, una volta alla settimana è più che sufficiente. Queste sortite in piscina hanno anche il valore di rinforzare il rapporto con papà e mamma, attraverso i quali avviene il contatto con l’acqua”.
BEN EQUIPAGGIATI
Quando si tratta di bimbi molto piccoli, come portarli in acqua equipaggiati nella maniera corretta? “Vestiteli con dei costumini contenitivi, niente cuffia e occhialini, e niente ciabattine. L’importante è che a bordo vasca ci sia sempre un asciugamano pronto per accoglierli”.
SFATARE I FALSI MITI
“Nei primi corsi di acquaticità i bimbi non sono gestiti direttamente dall’istruttore, ma dalla mamma o dal papà: l’insegnante spiega loro come tenerli e che prese utilizzare. Lo scopo di queste attività è dare un primo contatto percettivo con l’elemento acqua: bisogna sfatare il mito che i piccini si ricordano di essere stati circondati dall’acqua quando erano nella pancia della mamma. La grande capacità di adattamento dei bambini all’acqua è dovuta alla elevata plasticità del loro cervello”.
GRANDE ADATTABILITÀ
È difficile che i neonati abbiano timore dell’acqua: “In genere non hanno ancora sviluppato le paure, che sono abbastanza frequenti poi negli anni successivi: questo rappresenta un grande vantaggio. I bambini così piccoli sono come un foglio bianco su cui può scrivere l’esperienza: presentano grande adattabilità alle situazioni”.
SUB-ACQUATICITÀ
Un errore abbastanza comune tra i genitori è la loro insistenza nel volerli far “stare a galla”, ma questa non è la strada migliore: “Non si dovrebbe insistere molto sul galleggiamento: è molto più importante che i bambini imparino a stare sott’acqua. Il galleggiare verrà dopo, naturalmente, e senza sforzo. Insistere nella ricerca del galleggiamento e, peggio ancora, nell’insegnamento delle tecniche di nuoto in età molto precoce, comporta un rischio molto elevato: che i piccoli imparino movimenti sbagliati. La parola d’ordine in tutta la fascia di età infantile è 'sub-acquaticità', intesa come capacità di padroneggiare l’ambiente subacqueo e ricavare piacere da questa esperienza. I piccini lo possono apprendere attraverso tuffi, piccole immersioni, spostamenti subacquei all’interno della vasca”.
FUSIONE CON L’ACQUA
“Personalmente, sconsiglio l’utilizzo di braccioli e tubi, finalizzati a un galleggiamento artificiale dei bambini. Il motivo principale è che questi attrezzi impediscono ai piccini di immergersi e di conseguenza frenano il processo di 'fusione' con l’acqua”.
IMPARARE AD AMARE L’ACQUA
“Fino ai quattro/cinque anni l’unica cosa veramente importante è far giocare i bimbi e fare in modo che amino l’acqua. Devono sviluppare gradualmente i requisiti percettivi e motori per muoversi in questo nuovo ambiente: il loro sistema nervoso non è ancora abbastanza maturo da consentire loro di imparare a nuotare correttamente”.
IMITARE I GESTI DELL’INSEGNANTE
Dopo i quattro anni, nei piccoli cominciano gradualmente a crearsi le condizioni neurofisiologiche e strutturali per un apprendimento più sistematico. Il bambino aumenta la sua capacità di attenzione ed è in grado di imitare i gesti mostrati dall’insegnante, che può facilitargli il compito facendogli “sentire” direttamente i movimenti.
SEPARARSI DALLA MAMMA
“Verso i 5 anni, in genere, il bambino è pronto per apprendere le tecniche del nuoto: dopo aver imparato ad amare l’acqua. È fondamentale che si senta pienamente a suo agio sott’acqua, possibilmente senza occhialini, poiché il superamento del fastidio dell’acqua sugli occhi è un obiettivo fondamentale per acquisire una piena acquaticità. A quell’età, e in qualche caso anche prima, i piccini vengono separati dalla mamma e passati in consegna all’istruttore”.
LA PAROLA ALL’ISTRUTTORE
Anche i genitori più atleticamente dotati o “esperti” di nuoto devono necessariamente rinunciare a fare loro i coach: “Il nuoto è uno sport tecnico, che prevede movimenti complessi e abbastanza innaturali: l’apprendimento del nuoto deve essere gestito da personale tecnicamente e pedagogicamente preparato. La volontà dei genitori di aiutare i figli con consigli e suggerimenti, che quasi sempre hanno l'obiettivo di velocizzare il percorso di assimilazione delle nozioni, rischia di compromettere l’apprendimento tecnico e di far nascere errori, anche grossolani. La cosa migliore è affidarsi a una scuola di nuoto con bravi istruttori, specializzati nell’infanzia”.
UN SOSTEGNO PSICOLOGICO
Il desiderio dei genitori di accelerare l’apprendimento dei bambini porta quasi sempre alla formazione di errori; purtroppo, però, è più facile “insegnare un movimento ex novo che correggere un errore di apprendimento”. Quello che mamma e papà dovrebbero fare è dare il loro un appoggio incondizionato: “I bambini, non hanno bisogno di consigli tecnici: a quelli pensa l’istruttore; vanno sostenuti psicologicamente, con lodi, approvazione e incoraggiamenti”.
NON IDENTIFICARSI NEL BAMBINO
Attenzione al processo di trasferimento delle proprie ambizioni ai figli: “Il problema del genitore è che si identifica nel figlio e si vuole realizzare attraverso di lui. Bisognerebbe prestare maggiore attenzione alle esigenze del bambino e non dare ascolto alle proprie ambizioni personali”.
NO AI CONFRONTI
“Dopo la lezione, i genitori non dovrebbero spiegare al bambino come avrebbe dovuto nuotare: dovrebbero approvarli o consolarli, poi incoraggiarli senza sfogare su di loro la propria delusione perché non sono i più bravi. Dovrebbero quindi evitare di gravare di aspettative il piccolo atleta. Vanno poi evitati i confronti con gli altri bimbi; non sono giusti perché ognuno ha capacità diverse e soprattutto li fanno soffrire”.
SOTTOLINEARE I PROGRESSI
“L’importante è far vivere al piccolo il nuoto come un’attività giocosa e divertente. Ogni bambino poi ha i suoi tempi di apprendimento, che difficilmente possono essere forzati: il genitore deve essere attento a sottolineare i progressi dei bambini, anche quando questi sono minimi e non soddisfano le sue aspettative. È più utile evidenziare il cammino già fatto, rispetto a quello ancora da fare!”.
LA MERENDA IDEALE
“Lo spuntino ideale è uno snack leggero, magari due fette di pane con il prosciutto. Dopo un pranzo non troppo pesante, non è indispensabile aspettare le tre ore canoniche per immergersi in acqua: i problemi di digestione possono verificarsi solo nel caso in cui l’acqua sia troppo fredda”.
ATTIVITÀ CONTINUATIVA
Una buona strategia per evitare che i bimbi dicano “non ho voglia” è quella di fissare il corso di nuoto subito dopo la scuola. “Se i piccini arrivano a casa e si mettono a giocare o guardare i cartoni, è più difficile che abbiano voglia di uscire”.
LA PISCINA È UN GIOCO
Se il genitore fa lo sforzo di presentare la piscina come un parco giochi, è più facile che i bimbi ci vadano con piacere. È indispensabile allora, specialmente con i più piccolini, che l’istruttore sia gioioso e preparato: più un animatore che un tecnico di nuoto. Se i genitori lo aiutano e se non opprimono il bambino con richieste e aspettative eccessive, è difficile che ai bambini non piaccia andare in acqua”.
NO A SBALZI DI TEMPERATURA
“L’attività in piscina non aumenta i rischi di malattie da raffreddamento: anzi, in genere, col tempo li riduce, grazie a un miglioramento del meccanismo di termoregolazione. È necessario però evitare gli sbalzi di temperatura: asciugando bene il bambino dopo la doccia, aspettando qualche minuto prima di uscire, specialmente d’inverno, per farlo raffreddare dopo l’asciugatura dei capelli e poi, ovviamente, coprendolo bene con cappello e sciarpa sulla bocca”.
COME COMBATTERE LA PAURA
“Quando i piccini dicono di avere paura, molte volte non si tratta di vera e propria paura dell’acqua: spesso si tratta di bambini timidi, che in un ambiente nuovo e senza i genitori presenti si trovano in difficoltà. Gli istruttori, se sono bravi, non li forzano mai: gli fanno vedere gli altri bambini che giocano felici e fanno nascere in loro il desiderio di tuffarsi”.
NON INSISTERE
“Se proprio i bambini sono terrorizzati dall’idea di entrare in acqua è meglio non insistere troppo: probabilmente è ancora presto per questa esperienza che potrà essere proposta successivamente”.