In Scozia, Galles e Irlanda, all’epoca dei celti si festeggiava il Samhain, la festività dei morti, che segnava la chiusura del raccolto e l’inizio della stagione invernale, cioè della metà scura dell’anno che durava fino a maggio.
A sera tutti i focolari venivano spenti e poi riaccesi con il fuoco del "sacro falò" curato dai druidi. Nella dimensione circolare del tempo, caratteristica della cultura celtica, Samhain si trovava in un punto fuori dalla dimensione temporale che non apparteneva né all'anno vecchio né al nuovo e, proprio in quel momento, il velo che divideva la terra dei vivi da quella dei morti si assottigliava permettendo a questi ultimi di tornare sulla terra.
I celti però non temevano gli spiriti dei defunti e non credevano nei demoni, ma piuttosto nelle fate e negli elfi, che, secondo la leggenda, nella notte di Samhain erano soliti fare scherzi anche pericolosi agli uomini. Da qui l’origine “goliardica” della festa di Halloween.
Siccome il 13 è per eccellenza il numero che nei Paesi anglosassoni e in America è sinonimo disgrazia e sventura, secondo la tradizione per allontanare la sfortuna, la notte di Halloween, è necessario bussare a 13 porte diverse.
L’usanza di intagliare zucche con volti minacciosi e una candela accesa all'interno deriva dall’idea che i defunti vaghino per la terra con dei fuochi in mano e cerchino di portare via con sé i vivi. Per ingannare i morti è quindi opportuno armarsi di una faccia orripilante con un lume dentro.
In America le ragazze credevano che ad Halloween si potessero indovinare le fattezze o il nome del futuro marito, attraverso dei riti con filo, mele sbucciate o specchi.
I colori arancio e nero tipici della festa di Halloween derivano dal fatto che nell’Irlanda celtica l'arancio voleva ricordare la mietitura e con essa la fine dell'estate, mentre il nero stava a rappresentare l'imminente buio dell'inverno.