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Vitamina D e bambini

di Valentina Murelli - 26.03.2019 - Scrivici

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Fonte: Shutterstock
Perché è importante la vitamina d nei bambini, quanta ne serve, quando integrarla: ecco le posizioni degli esperti  

In questo articolo

“La vitamina D? È senza dubbio uno dei pilastri fondamentali per il solido sviluppo del bambino, dalla nascita fino all'adolescenza”

. Parola di Giuseppe Di Mauro, pediatra di famiglia e presidente della Società italiana di pediatria preventiva e sociale (Sipps). Tanto fondamentale che in molte situazioni ne è raccomandata la supplementazione con integratori specifici. Anche perché ottenerla a livelli adeguati con la sola alimentazione o con l'esposizione alla luce solare (la fonte principale) non è sempre scontato.

A cosa serve la vitamina D


Si dice vitamina D e si pensa subito alla salute delle ossa. In effetti, si tratta di una vitamina fondamentale per la crescita e lo sviluppo della massa ossea, dalla vita fetale in poi: un effetto che la vitamina D esercita in particolare attraverso l'azione sul metabolismo del calcio e del fosforo, ma anche, più indirettamente, stimolando lo sviluppo muscolare.

 

Non a caso è proprio un'alterazione della crescita delle ossa – il rachitismo – la manifestazione principale di carenze significative di questa vitamina, caratterizzata da problemi di mineralizzazione e conseguenti deformità. Anche se si tratta di una condizione considerata superata almeno nei paesi industrializzati è in realtà ancora ampiamente presente in varie aree del mondo. Inoltre, anche nei paesi più ricchi non è scomparsa del tutto, e può riguardare in particolare i bambini di migranti o quelli provenienti da adozioni internazionali.

 

Costruire ossa solide durante infanzia e adolescenza non è importante solo per ridurre il rischio di fragilità ossea e rachitismo in questi momenti della vita, ma anche per garantire la salute dello scheletro a lungo termine. "La prevenzione dell'osteoporosi comincia da piccolissimi, ed è per questo che è molto importante avere buoni livelli di vitamina D in questa fascia d'età" sottolinea il pediatra Alberto Ferrando, presidente dell'Associazione dei pediatri liguri.

 

Ma non è tutto. "Negli ultimi anni - spiega Di Mauro - è diventato sempre più evidente che la vitamina D funziona come un vero e proprio ormone capace di regolare anche altre funzioni dell'organismo e in particolare varie attività del sistema immunitario e la funzionalità dell'apparato respiratorio".

 

Addirittura, alcuni studi hanno sottolineato l'esistenza di un'associazione tra bassi livelli di vitamina D e frequenza o gravità di infezioni respiratorie, asma allergico e altre condizioni allergiche. Anche se è ancora presto per trarre conclusioni operative da questi studi, si tratta comunque di osservazioni importanti, che andranno approfondite meglio con studi mirati.

 

Vitamina D, dove si trova


La fonte principale di vitamina D è endogena, nel senso che la produciamo noi stessi a livello della pelle in seguito all'esposizione al Sole.

In pratica quando stiamo al Sole, esposti ai raggi UVB, l'assorbimento di questi raggi comporta la trasformazione di una sostanza normalmente presente nella pelle in un precursore della vitamina D, che a sua volta si trasforma velocemente in vitamina vera e propria.

In teoria, si dice che basta esporre al Sole volto, mani e braccia per 15-20 minuti al giorno (o almeno tre volte alla settimana) per produrre una quantità sufficiente di vitamina D. Ma attenzione, nella realtà l'efficienza di questo processo può essere variamente ostacolata da vari fattori, tra i quali:

  • la latitudine geografica. Per esempio la luce solare alla quale possiamo essere esposti in Sicilia è, in media, diversa rispetto a quella alla quale possiamo essere esposti in Pianura padana;
  • la stagione. Alle nostre latitudini in autunno e in inverno c'è ovviamente meno sole che in primavera e in estate;
  • il fatto di usare o meno protezioni solari. Le creme protettive sono importantissime per evitare danni alla pelle, ma allo stesso tempo riducono la possibilità di produzione della vitamina;
  • il livello di pigmentazione cutanea. Le pelli più chiare sono più efficienti in termini di sintesi di vitamina D rispetto a quelle più scure;
  • le abitudini in fatto di abbigliamento. Culture e tradizioni religiose che comportano abiti e veli molto coprenti limitano la possibilità di esporsi alla luce;
  • l'inquinamento. Quando l'atmosfera è inquinata i raggi UVB sono ulteriormente bloccati, e con loro la produzione cutanea di vitamina D.

Le fonti alimentari sono tutto sommato piuttosto limitate: anche nella migliore delle ipotesi difficilmente si riesce ad arrivare con la sola alimentazione a metà del fabbisogno giornaliero di vitamina D. In ogni caso, gli alimenti che ne sono più ricchi sono:

  • alcuni pesci come pesce azzurro (sgombri, sardine, aringhe) e salmone;
  • olio di pesce;
  • latticini (soprattutto burro, yogurt e formaggi);
  • tuorlo d'uovo;
  • fegato.

Quanta ne serve ai bambini


Secondo le ultime indicazioni della Società italiana di nutrizione umana, emanate nel 2014, il fabbisogno giornaliero di vitamina D è pari a:

  • 400 UI (unità internazionali) per i bambini sotto i 12 mesi;
  • 600 UI per le fasce d'età successive.

Sono quantità in accordo con quanto consigliato da altre organizzazioni scientifiche e sanitarie internazionali, come la Società mondiale di endocrinologia, che parla di 400-1000 UI sotto i 12 mesi e di 600-1000 UI sopra l'anno e in adolescenza.

Difficilmente, però, si riescono davvero a raggiungere questi livelli. Vari studi di popolazione condotti tra bambini e adolescenti italiani, per esempio, hanno mostrato che la carenza di vitamina D è piuttosto diffusa e riguarda più di un bambino su due e quasi otto adolescenti su dieci, anche per effetto della tendenza a fare poca vita all'aria aperta, preferendo invece hobby e attività al chiuso, anche negli orari extrascolastici.

Quando serve un integratore nei bambini


Lo abbiamo detto: la vitamina D è importantissima per lo sviluppo del bambino, in particolare per il suo scheletro, ma non solo. Assicurarne un apporto adeguato è fondamentale per una crescita equilibrata.

Per questo ci sono momenti e situazioni particolari della vita nei quali è indicata la supplementazione con un integratore. Vediamo quali, prendendo come riferimento un documento di consenso pubblicato dalla Società italiana di pediatria preventiva e sociale in collaborazione con la Società italiana di pediatria e la Federazione italiana medici pediatri. Oltre a presentare indicazioni proprie, il documento fa il punto su quelle proposte dalla comunità scientifica internazionale.

Bambini fino a un anno d'età


Per i piccolini allattati al seno non ci sono dubbi: considerato che sono in genere poco esposti al Sole e che il latte materno contiene bassi livelli di vitamina D (soprattutto se la mamma è carente), la supplementazione è considerata essenziale per garantire un livello nutrizionale ottimale e prevenire il rischio di rachitismo.

Sia a livello nazionale sia a livello internazionale si raccomanda la somministrazione di 400 UI di vitamina D al giorno per tutti i neonati a termine allattati al seno. Un po' più sfumata la posizione rispetto ai bambini che prendono latte artificiale: è vero infatti che le formule contengono vitamina D, ma a livelli tali da non garantire un apporto adeguato di questa sostanza a meno di non assumerne una certa quantità. La stima è di circa un litro al giorno, il che sicuramente non avviene nelle prime settimane di vita, né dopo l'introduzione dell'alimentazione complementare. Per questo, il documento italiano consiglia la supplementazione con 400 UI al giorno di vitamina D anche per i piccoli allattati artificialmente.

Per i bambini prematuri, invece, c'è qualche distinzione in più: la raccomandazione è di 200-400 UI al giorno per bambini al di sotto dei 1500 grammi di peso e di 400-800 UI al giorno per bambini dai 1500 grammi in su.

Bambini oltre l'anno e adolescenti: rischio carenza di vitamina D?


La prima cosa da dire è che possono esserci situazioni particolari che rappresentano un rischio specifico di carenza di vitamina D. Per esempio:

  • pelle di colore scuro;
  • obesità;
  • dieta vegana;
  • malattie che comportano anomalie nell'assorbimento della vitamina D, come malattie renali o epatiche, fibrosi cistica, malattie intestinali croniche;
  • assunzione di medicine che ostacolano l'assorbimento della vitamina D (antiepilettici, alcuni antifungini, glucorticoidi sistemici, terapia antiretrovirale per l'HIV);

In tutti questi casi, l'indicazione internazionale è quella di somministrare un'integrazione quotidiana di vitamina D, al dosaggio di 600-1000UI. In alternativa, se c'è il rischio che la vitamina non venga assunta ogni giorno (può succedere con gli adolescenti, spesso refrattari a seguire le terapie in modo continuativo), si può preferire la somministrazione di dosaggi più elevati una volta alla settimana o al mese.

E se non ci sono fattori di rischio così eclatanti? In questo caso gli esperti ricordano anzitutto l'importanza dello stile di vita, insistendo su sana e corretta alimentazione e vita all'aria aperta. In seconda battuta sarà il pediatra a valutare, caso per caso, se serve o meno un'integrazione.

“Per deciderlo non è detto che serva fare degli esami del sangue per misurare i livelli di vitamina D”, precisa Di Mauro. “Questi sono consigliati solo se ci sono più fattori di rischio per una carenza. Altrimenti, basta valutare insieme al bambino o al ragazzo e alla sua famiglia che tipo di vita conduce, quanto tempo passa all'aperto, in quali condizioni (se completamente coperto, se protetto con crema solare o meno) cosa mangia e così via”.

Anche in considerazione del fatto che gli studi condotti finora mostrano una frequenza abbastanza elevata di carenza nella popolazione, la raccomandazione dei pediatri italiani è comunque di somministrare un'integrazione con 600UI di vitamina D al giorno nei mesi autunnali e invernali (da novembre ad aprile) per tutti i bambini e i ragazzi che hanno una limitata esposizione alla luce solare anche nei mesi estivi.

Fonti per questo articolo: documento di consenso di Sipps, Sip e Fimp pubblicato su Italian Journal of Pediatrics, 2018; raccomandazioni Associazione pediatri americani; documento di consenso globale sulle raccomandazioni per la prevenzione e la gestione del rachitismo.

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