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Genova, la leggenda della via dell’Albero d’oro

di Ettore Pettinaroli - 16.04.2014 - Scrivici

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Via dell'Albero d'Oro: che strano nome per una via di città, per di più non particolarmente verde. Eppure esiste davvero e si trova a Genova, nel quartiere di San Fruttuoso, vicino alla Villa Imperiale: Ma perché si chiama così?

Un tempo, prima che venisse costruita gran parte della città, in quel luogo vi erano boschi, orti e frutteti coltivati da contadini. La maggior parte di queste terre era di proprietà di un ricco signorotto, il cui unico lavoro era amministrare i suoi possedimenti. Ma lo faceva malissimo, sperperava un sacco di quattrini organizzando feste e dispensando regali costosissimi alle amiche, ma soprattutto amava giocare a carte e a dadi. Per lui questo doveva essere un modo per guadagnare altri soldi in fretta e senza fatica. Arrivò però il giorno in cui lo sconsiderato perse tutto il suo patrimonio al gioco.

Disperato decise di giocarsi alle carte l'ultima cosa che gli era rimasta, ovvero un piccolo albero di alloro. Stranamente da quel momento riprese a vincere e recuperò in poco tempo tutti i suoi averi. Non solo: lo sperperatore pigro e sconsiderato si era reso conto che grazie a quella pianta così semplice e umile - ovvero l'esatto contrario di tutto ciò che lo aveva portato quasi alla rovina - aveva riacquistato non solo i soldi ma anche la sua dignità. In questo modo era finalmente riuscito a comprendere i valori importanti della vita e da allora smise di comportarsi in modo frivolo e dissoluto.

L'evento però non passò inosservato. In breve quella modesta pianta di alloro diventò un punto di riferimento e un portafortuna per tutta la popolazione della zona e venne ribattezzata l'Albero d'Oro, anche se in realtà non concesse più particolari doni. Da allora, però, in quella strada vi è sempre stato un albero di alloro. Negli anni '80 del secolo scorso, per esempio, un alloro secolare dovette essere abbattuto, in quanto malato e pericolante. Naturalmente fu immediatamente rimpiazzato con un altro, perché nessuno volle rinunciare al simbolo della fortuna.

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