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Endometriosi: il punto sulla malattia

di Valentina Murelli - 13.03.2018 - Scrivici

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Fonte: Prasit Rodphan / Alamy / IPA
Marzo è il mese di consapevolezza sull'endometriosi. Il 10 marzo scorso, a Roma, un convegno organizzato dall'Associazione Progetto Endometriosi ha fatto il punto su questa condizione, affrontando temi come la diagnosi, le terapie, il trattamento del dolore, le tutele.

In questo articolo

In tutto il mondo, marzo è il mese della consapevolezza sull'endometriosi

, una malattia più diffusa di quello che si pensa - si stima che ne soffra all'incirca una donna su dieci, forse anche di più - e che può avere gravi ripercussioni sulla qualità della vita.

Tra le tante iniziative in programma in Italia (qui un elenco), il 10 marzo scorso si è tenuto a Roma un convegno organizzato da APE onlus, Associazione Progetto Endometriosi, per fare il punto sui vari aspetti che ruotano attorno alla malattia: dalla diagnosi - che spesso arriva molto tardi - alla terapia, dal trattamento del dolore all'alimentazione, alle tutele per le donne colpite. nostrofiglio.it ha interpellato alcuni dei partecipanti al convegno, per riassumere tutto quello che c'è da sapere al momento sull'endometriosi.

Che cos'è l'endometriosi


È una malattia infiammatoria cronica caratterizzata dalla presenza del tessuto che riveste la cavità uterina - l'endometrio - anche al di fuori dell'utero stesso, in varie sedi all'interno della pancia.

Questo tessuto può localizzarsi nelle ovaie, dove produce cisti, all'interno della parete muscolare dell'utero (si parla allora di adenomiosi) o di quella della vescica, sulla parete dell'intestino, sul peritoneo (una sorta di membrana che riveste gli organi addominali), sui legamenti uterini, nella zona tra vagina e retto. Queste localizzazioni extrauterine dell'endometrio prendono il nome di lesioni dell'endometriosi.

"Si stima che l'endometriosi colpisca all'incirca una donna su dieci" afferma Paolo Vercellini, direttore del reparto di ginecologia chirurgica ed endometriosi del Policlinico di Milano, uno dei massimi esperti mondiali di questa malattia. "Significa che in Italia sono circa tre milioni le donne che, durante il periodo riproduttivo - dalla prima mestruazione alla menopausa - vanno incontro a questa malattia".

I sintomi dell'endometriosi


In alcuni casi l'endometriosi non dà alcun sintomo e viene scoperta per caso, nel corso di indagini - ecografie o risonanze magnetiche - fatte per altre ragioni.

Nella maggioranza delle donne con endometriosi, però, il sintomo principale è rappresentato dal dolore, che può avere molte "facce" differenti.

"Può essere dolore mestruale, oppure durante l'ovulazione o ancora, a seconda delle sedi interessate dalle lesioni, un dolore che si manifesta in modo specifico durante la defecazione, la minzione o i rapporti sessuali" spiega il ginecologo Pietro Carfagna, esperto di diagnostica ecografica al Policlinico Gemelli di Roma. Altre volte, invece, è un dolore pelvico - alla pancia - più diffuso e meno legato a situazioni cicliche o particolari. "I primi sintomi compaiono in genere abbastanza precocemente, già durante l'adolescenza o la prima giovinezza".

Talvolta questi dolori sono così intensi da risultare debilitanti e alterare la qualità della vita delle donne che ne soffrono, portando anche a complicazioni importanti in ambito lavorativo. Per questo è importante affrontare il prima possibile la situazione: a volte si lascia perdere convinte per esempio che il dolore mestruale sia normale, ma non è così.

Oltre al dolore, un altro sintomo possibile è l'infertilità.

La diagnosi di endometriosi


Il punto di partenza per arrivare a una diagnosi è ovviamente il dato clinico, tipicamente il dolore. La prima cosa da fare è non trascurarlo mai, anche se si tratta del "classico" dolore mestruale e tutti dicono che è normale. Be', non lo è, e se è presente - o ci sono dolori pelvici di altro tipo - va sempre informato il medico (il pediatra, il medico di famiglia, il ginecologo).

Ora, è vero che spesso è il medico stesso a trascurarlo, ma bisogna imparare a pretendere attenzione su questo sintomo, e chiedere al medico di occuparsene seriamente.

Dopo i primi sospetti, in alcuni casi una visita ginecologica può già dare qualche indicazione - per esempio su un'eventuale endometriosi localizzata a livello del collo dell'utero - ma per la conferma diagnostica serve in genere un esame come l'ecografia transvaginale o la risonanza magnetica. "Ma attenzione: è molto importante che a farli siano operatori specializzati sull'endometriosi, che di solito si trovano in centri a loro volta specializzati" sottolinea Carfagna.

Altrimenti, c'è il rischio che le lesioni - magari piccole o in posti particolari - non vengano viste e la donna torni dal suo medico con un esito negativo. Il che inevitabilmente ritarda la diagnosi.

"Le ultime stime dicono che possono volerci anche sette/otto anni per una diagnosi definitiva" conferma Carfagna. "Anni passati prima a convincersi di avere un problema, poi a girare una serie di medici che - magari con il supporto di quelle ecografie o risonanze negative, fatte da operatori non specializzati - testano varie ipotesi senza riuscire mai a concludere nulla".

Insomma, è fondamentale che tutti - donne e operatori - siano consapevoli dell'importanza della specializzazione per la diagnosi e il trattamento di una malattia complessa come l'endometriosi. Non a caso, questo è un tema molto caro ad APE onlus, che da oltre 13 anni organizza varie attività informative. "Uno dei nostri principali progetti è ComprendEndo, che si rivolge alle scuole superiori, con l'obiettivo di spiegare alle ragazze di quarta e quinta cos’è l’endometriosi, quali sono i sintomi, qual è il risvolto psicologico della malattia" spiega Annalisa Frassineti, presidente dell'Associazione, che si è anche fatta carico di organizzare corsi per medici di famiglia, infermieri, farmacisti e giovani ginecologi.

Certo, capire se un centro è davvero specializzato in endometriosi non è facilissimo, perché non ci sono riferimenti ufficiali. "Un buon criterio è quello di puntare su centri che non si occupino solo di clinica, ma anche di ricerca scientifica" consiglia Carfagna. Che comunque è molto fiducioso nel futuro, sia perché sta crescendo il numero di operatori interessati alla diagnosi di endometriosi, sia perché il settore sta registrando grandi avanzamenti, grazie a nuove tecnologie che permettono di visualizzare lesioni sempre più piccole in sedi che finora erano praticamente inaccessibili, come l'uretere. "E anche la diagnosi di adenomiosi è migliorata moltissimo in tempi recenti" sottolinea l'esperto.

Endometriosi e infertilità


L'endometriosi può sicuramente essere causa di infertilità: si stima infatti che il 30-40% delle donne con infertilità sia affetta da endometriosi. I meccanismi alla base di questo effetto sono principalmente di due tipi: “Può esserci una causa anatomica - chiarisce Paolo Vercellini - se a causa delle lesioni gli organi genitali formano delle aderenze che rendono i processi riproduttivi più difficoltosi.

Ma può esserci anche una causa più molecolare, legata al fatto che lo stato di infiammazione cronica compromette la normale comunicazione chimica tra ovociti, spermatozoi e tube di Falloppio, una comunicazione fondamentale per il buon esito della fecondazione. “È come se lo stato infiammatorio costituisse una sorta di rumore di fondo che impedisce la corretta comunicazione tra i vari attori della riproduzione".

Endometriosi e gravidanza


L'endometriosi può rappresentare un ostacolo alla fertilità, ma in molti casi la donna con questa malattia riesce comunque a ottenere una gravidanza. Che cosa succede, allora? Possono esserci effetti sulla gravidanza? In effetti sembra proprio di sì.

Abbiamo sempre pensato che, una volta partita la gravidanza, l'endometriosi non avrebbe avuto conseguenze sul suo sviluppo, ma negli ultimi 4/5 anni abbiamo cominciato a realizzare che non è proprio così e che le forme più gravi e infiltranti di endometriosi possono associarsi a complicazioni della gravidanza" afferma Vercellini.

Tra queste, per esempio, un aumento del rischio di placenta previa, una situazione nella quale la placenta si inserisce nella parte bassa dell'utero, proprio davanti alla sua apertura, per cui per il parto è necessario fare un cesareo. "Il mio consiglio alle donne con endometriosi che iniziano una gravidanza è di rivolgersi a un centro specializzato in gravidanze a rischio, dove possano essere seguite in modo mirato" afferma Vercellini.

Endometriosi, le cause


"La gran parte dei dati a nostra disposizione sostiene la teoria del reflusso transtubarico, o mestruazione retrogada" sostiene Vercellini. In pratica: sappiamo bene che, durante la mestruazione, la muscolatura dell'utero si contrae per espellere l'endometrio che, in assenza di una gravidanza e dunque non avendo accolto un embrione, si è sfaldato. "Queste contrazioni, però, possono spingere alcune delle cellule endometriali anche all'indietro: non verso il collo dell'utero e la vagina ma verso la pelvi, attraverso le tube di Falloppio" spiega il ginecologo. "A volte, lungo questo percorso nella pelvi alcune cellule endometriali possono impiantarsi da qualche parte, attirare vasi sanguigni che portano loro nutrimento e cominciare a moltiplicarsi". Si forma così una lesione di endometriosi.

Questo in generale, ma molto dettagli rimangono ancora da chiarire, a partire dalle ragioni per le quali nella gran parte delle donne l'endometriosi non si sviluppa. "Il fatto è che quasi tutte le donne hanno un reflusso di sangue mestruale nella pelvi durante il periodo mestruale, ma solo in alcune questo diventa un problema. Può darsi che in molti casi si formino solo dei piccoli impianti transitori di cellule endometriali in ambiente extrauterino, destinati a scomparire a breve".

Numero di mestruazioni ed endometriosi


"Se la teoria della mestruazione retrograda è corretta - e i dati disponibili vanno proprio in questa direzione - il numero di mestruazioni nella vita di una donna dovrebbe giocare un ruolo nella probabilità di sviluppare la malattia" afferma Vercellini. "In effetti, avere mestruazioni regolari e abbondanti rappresenta un fattore di rischio per la malattia". Ma il rapporto tra mestruazioni ed endometriosi è valido anche a un livello più generale, che potremmo definire sociale.

Vercellini invita a fare qualche semplice calcolo: "Fino a 60-70 anni fa, la prima mestruazione arrivava relativamente tardi (a 13-14 anni), la prima gravidanza si aveva già intorno ai 18 anni, era normale avere anche cinque o sei figli, che venivano allattati a lungo, e la menopausa arrivava prima". Risultato: nell'arco di una vita riproduttiva le mestruazioni non erano poi molte, magari solo 50-60. "Oggi la situazione è completamente cambiata" afferma il ginecologo. "Il menarca arriva già a 11-12 anni, il primo figlio lo si ha in media a 32 anni, e spesso si tratta di un figlio unico e allattato per poco tempo, mentre la menopausa arriva più tardi. Così, non è infrequente avere anche 400 o 500 mestruazioni. Non solo: a 18 anni si hanno mestruazioni già da diversi anni ma, non essendoci più gravidanze così precoci, viene meno quell'elemento che poteva inibire un eventuale sviluppo della malattia (la gravidanza ha un effetto inibitore sull'endometriosi)". Tutto questo ha contribuito a fare dell'endometriosi una malattia emergente degli ultimi decenni.

I fattori di rischio


"I principali fattori di rischio per l'endometriosi sono le mestruazioni regolari e abbondanti e la familiarità" chiarisce Vercellini. "Almeno una donna su dieci tra quelle che soffrono di endometriosi ha una parente diretta - per esempio mamma o sorella - con endometriosi".

Da cosa dipende il dolore


I meccanismi che portano al dolore sono diversi. Tanto per cominciare c'è lo stato di infiammazione cronica, che porta al rilascio di sostanze che da un lato stimolano i nervi, provocando dolore, dall'altro fanno contrarre l'utero in modo particolarmente intenso e doloroso.

"Inoltre, alcune lesioni possono interessare direttamente le radici dei nervi" spiega il ginecologo Carlo Alboni, responsabile dell'ambulatorio di endometriosi e dolore pelvico cronico del Policlinico di Modena. "In effetti, è ormai ampiamente dimostrato che è proprio la localizzazione delle lesioni in alcuni punti precisi della pelvi e dei suoi vari organi - più che le dimensioni delle lesioni stesse - a provocare dolore. Così, per esempio, le lesioni sui legamenti posti dietro il collo dell'utero possono portare a un dolore anche lancinante durante il rapporto sessuale, mentre quelle sulla parete intestinale o sulla vescica provocano dolore rispettivamente durante la defecazione e la minzione".

"Alcuni studi più recenti, infine, chiamano in causa una componente muscolare del dolore da endometriosi" afferma Alboni, che proprio su questo tema è intervenuto a Roma lo scorso 10 marzo. "L'idea è che la malattia porti a un'iperstimolazione del sistema nervoso centrale, che a sua volta comporta un'iperstimolazione di alcuni fasci muscolari. In questo caso, il dolore può rimanere anche dopo un'eventuale rimozione delle lesioni con intervento chirurgico.

Endometriosi, le cure possibili


Vercellini lo dice con molta chiarezza: "Nella grande maggioranza dei casi, l'endometriosi può essere controllata benissimo con i mezzi che abbiamo a disposizione, che siano la terapia medica (cioè farmaci) o la terapia chirurgica. Anzi, se viene trattata bene - e perché questo accada è importante affidarsi a centri che abbiano un'esperienza consolidata nel suo trattamento - l'endometriosi è una delle malattie croniche meglio controllate". Detto questo, rimane vero che le strategie attuali permettono di tenere sotto controllo i sintomi, ma non costituiscono una cura definitiva della malattia.

In molti casi, se la donna colpita da endometriosi non sta cercando una gravidanza la prima linea di intervento è rappresentata dalla terapia farmacologica, a base di pillola anticoncezionale a basso dosaggio o mini-pillola contenente solo progestinici. "Sono farmaci in genere molto efficaci, ma se non lo sono, o sono poco tollerati, o ci sono delle controindicazioni - per esempio la donna vuole cercare una gravidanza - si può valutare l'intervento chirurgico, che punta alla rimozione delle lesioni e avviene in laparoscopia".

L'intervento chirurgico rappresenta invece la prima scelta terapeutica se sono presenti cisti ovariche di natura non proprio chiara ("cioè si pensa che sia endometriosi, ma dall'ecografia non si può escludere che le cisti possano essere dovute ad altro" chiarisce Vercellini), o se la malattia causa un restringimento dell'intestino o dell'uretere, il canale che collega il rene alla vescica. "In questi casi, che comunque sono piuttosto rari, non c'è alternativa all'intervento".

Poiché la chirurgia non modifica i fattori predisponenti, presto o tardi tendono a ricomparire delle recidive. Per questo, in genere l'intervento chirurgico è comunque seguito da un trattamento con farmaci.

Cure in caso di infertilità


E se la donna con endometriosi sta cercando una gravidanza che non arriva? "In caso di infertilità ci sono due strade: il trattamento chirurgico o la fecondazione in vitro" spiega Vercellini. "Se il problema di infertilità è solo femminile, le due strade si equivalgono, nel senso che le probabilità di avere un concepimento sono più o meno le stesse. Dunque in genere se ne sceglie una, anche in base alla preferenze della donna, e se non funziona si tenta l'altra".

"Se invece al problema femminile se ne aggiunge anche uno maschile, meglio procedere subito con la Pma, che permette di superare entrambi i problemi".

Non solo farmaci e chirurgia


"Se non c'è alterazione della fertilità - o comunque la donna non sta cercando una gravidanza - o della funzionalità di organi come l'intestino e la vescica, per molte donne con endometriosi l'elemento fondamentale e caratterizzante della malattia è il dolore" spiega Carlo Alboni, sottolineando che, spesso, quando il dolore diventa cronico, si identifica con la malattia stessa. Ecco perché è fondamentale una gestione molto accurata del sintomo dolore.

Gestione che non passa solo attraverso i farmaci o la chirurgia. "Anche altre strategie possono essere molto efficaci" afferma Alboni, citando per esempio lo yoga, i trattamenti fisiatrici del pavimento pelvico, l'osteopatia. "La mia équipa lavora da alcuni anni in sinergia con professionisti di questo settore e stiamo ottenendo ottimi risultati, coerenti con il coinvolgimento, nel dolore da endometriosi, di una componente muscolare". Alcuni studi, inoltre, suggeriscono che possono essere d'aiuto anche la mindfulness e la terapia cognitivo-comportamentale.

"Molto importante anche il supporto psicologico per imparare a convivere con la malattia" conclude Alboni. Ma attenzione, non si tratta di accettare il dolore - che bisogna trovare il modo di far passare - ma di accettare il fatto che bisogna vivere con una malattia cronica".

Endometriosi e alimentazione


Anche l'alimentazione può fare la sua parte nel trattamento dell'endometriosi, e anche di questo si è parlato al convegno di Roma, con l'intervento, tra gli altri, di Massimo Gualerzi, cardiologo, esperto di prevenzione delle malattie cardiovascolari e direttore delle Terme di Salsomaggiore. "Poiché l'endometriosi è una malattia infiammatoria, un'alimentazione che aiuta a ridurre lo stato infiammatorio dell'organismo può dare una mano ad attenuare almeno una parte dei sintomi dolorosi", spiega infatti l'esperto.

Ma com'è fatta un'alimentazione antinfiammatoria? "L''ispirazione è l'antica dieta mediterranea. Dunque: a eccezione del pesce - meglio se azzurro - pochi prodotti di origine animale e in particolare carni rosse e lavorate; poco sale, pochi zuccheri aggiunti e, in generale, cibi molto raffinati e trattati dall'uomo. Più spazio, invece, ad alimenti integrali, mettendo spesso in tavola cereali spontaneamente privi di glutine come riso o miglio, proteine di origine vegetale come quelle dei legumi, olio d'oliva, spezie per insaporire. Gualerzi consiglia in particolare zenzero, che attenua le irritazioni intestinali, cannella, curcuma. "Quest'ultima sempre in associazione al pepe nero, che ne facilita l'assorbimento".

E non è solo questione di cosa si mette in tavola, ma anche di quando lo si fa. "Per prima cosa bisognerebbe evitare di cenare troppo tardi la sera, in modo da garantire un digiuno abbastanza prolungato, di almeno 12-13 ore, perché questa situazione aiuta la produzione di sostanze antinfiammatorie" consiglia l'esperto. "Viceversa, al mattino meglio mangiare subito qualcosa appena svegli, perché incamerare subito una buona dose di energia permette di regolarizzare il metabolismo. Infine, meglio concentrare i cibi più energetici, come i carboidrati complessi, nella prima parte della giornata, cioè tra le 7 e le 15, e le proteine nella seconda parte, tra le 15 e le 20".

Le (poche tutele) per le donne con endometriosi


Uno dei temi trattati al convegno di APE onlus riguardava le tutele delle donne con endometriosi. In effetti, qualche passo in avanti in questo senso c'è stato: è dello scorso anno, per esempio, la novità dell'inserimento di questa malattia nei Lea, i livelli essenziali di assistenza. "Finalmente lo Stato ha riconosciuto l’endometriosi come patologia e ha concesso per i casi gravi l’esenzione alla visita ed ecografia ogni 6 mesi", riconosce Frassineti, sottolineando però che si tratta di un punto di partenza e non certo di arrivo.

"Per esempio, ci dispiace che non si sia tenuto conto che in diverse regioni italiane manca un centro specializzato in endometriosi, per cui molte donne devono fare molti chilometri ogni volta che hanno una visita di controllo". Ma non è tutto: mancano ancora anche l'esenzione per le terapie, totalmente a carico delle donne, la possibilità di una diagnosi rapida, che permetta un riconoscimento e trattamento immediato del dolore, e adeguate tutele lavorative. "Molte donne con endometriosi lamentano gravi problemi con il proprio titolare e sono a rischio licenziamento a causa delle giornate perse in malattia" conclude Frassineti.

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