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Infertilità, come reagisce la coppia

di Nostrofiglio Redazione - 03.02.2010 - Scrivici

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Fonte: shutterstock
Per una coppia non è facile trovarsi di fronte all'improvviso a una diagnosi di infertilità. "Come mai proprio a noi? Cosa dobbiamo fare?" Alle domande risponde la psicologa Simona Capurso di Sos Infertilità

Come reagisce la coppia a una diagnosi di infertilità

Si cresce nella consapevolezza di poter controllare tutto nella propria vita. Che studi fare, in quale campo lavorare, quando andare a vivere da soli, quando sposarsi e… quando avere un figlio. Ma una diagnosi di infertilità in pochi istanti fa sfumare tutte le proprie aspettative. Magari per anni sono stati adottati metodi contraccettivi per evitare una maternità indesiderata quando invece si decide di avere un figlio, questo non arriva.

Per una coppia non è facile affrontare una diagnosi di infertilità

La prima reazione della coppia? “Per la coppia è uno shock - dice Simona Capurso, psicologa di Sos Infertilità, associazione no profit milanese fondata da un gruppo di coppie infertili -. Sembra un evento talmente impossibile, è qualcosa che proprio non ci si aspetta. Si passa poi a un sentimento di rifiuto, di rabbia, di collera. Come mai è successo proprio a noi?”

Dopo la reazione iniziale, secondo la psicologa, però la maggior parte delle coppie passa a un sentimento di rivalsa. "Si reagisce trovando una soluzione. In fin dei conti, la medicina può aiutare e il desiderio di avere un bambino cresce sempre più."

Psiche lui, psiche lei

Dopo una diagnosi di infertilità, spesso l’uomo si sente inadeguato, perché associa l’infertilità alla sfera sessuale, nonostante non ci sia alcuna correlazione tra i due aspetti. “Io non sono in grado di darti questo obiettivo”, è questo il pensiero più frequente degli uomini, secondo la psicologa.

La donna invece percepisce con negatività e ansia il trattamento di fecondazione assistita. Sarà lei infatti a dover subire i trattamenti più invasivi. Entra in gioco anche un senso di invidia nei confronti di chi ha già avuto un figlio senza problemi e non ha dovuto affrontare tutto quello che sta passando lei per averlo.

Cosa dobbiamo fare?

La domanda sorge spontanea: cosa dobbiamo fare? Saremo costretti a ricorrere alla procreazione medicalmente assistita? Se la coppia decide di procedere con gli accertamenti - osserva Capurso - deve innanzitutto informarsi su quali sono i centri specializzati, le tecniche e gli specialisti.

Un mondo fino ad allora completamente sconosciuto.

In questa fase, spesso la coppia inizia a sentirsi sempre più sola e isolata perché magari preferisce non confidarsi con propri cari e non ha amici con lo stesso problema. Anzi, di solito preferisce proprio evitare le coppie di amici con figli: sarebbe troppo doloroso.

La parola d'ordine è: condivisione

Come risolvere questo apparente isolamento nel quale la coppia sta cadendo sempre di più? La parola chiave è: “condivisione”. Dice Capurso: “Fa bene condividere la propria esperienza con chi sta vivendo lo stesso problema. Capire che non si è soli".

Sos Infertilità, per esempio, organizza gruppi di cosiddetto aiuto-aiuto, composti da cinque-sei coppie infertili che si incontrano periodicamente per parlare del loro problema e scambiarsi informazioni.

A chi è allergico ai gruppi di auto-aiuto può servire qualche seduta da uno psicologo specializzato.

Decidiamo di fare l'inseminazione artificiale: dobbiamo dirlo?

Dice Capurso: “Non è necessario. La condivisione sicuramente è importante, ma se si hanno, per esempio, dei genitori all’antica ed è un peso comunicare la decisione, sarebbe meglio evitare”.

Quando arriva il momento di dire basta?

Uno, due, dieci, 15 tentativi. Ormai, sapete il procedimento a memoria. Ma quando arriva il momento di dire basta? Secondo Capurso, non è facile, perché non c’è un tempo stabilito. L’importante è capire qual è il proprio tempo. C’è chi dopo un solo tentativo di procreazione medicalmente assistita non ce la fa più e chi dopo dieci volte ancora si mette in gioco con la grinta che aveva all’inizio. Il consiglio della psicologa quindi è: “Se c’è qualcosa dentro di te, una forza che ti dice di andare avanti, vai avanti”. Non bisogna però dimenticare quanto la Pma (Procreazione medicalmente assistita) faccia perdere il possesso della propria vita: non si hanno certezze per il futuro, non si ha il coraggio di andare in ferie perché “non si sa mai”, bisogna fare le iniezioni, bisogna andare in clinica. Anche per questo è giusto cercare di capire insieme allo psicologo il momento giusto per fermarsi e per recuperare la propria vita e la propria intimità".

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