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L'adozione in Italia

di Francesca Amè - 20.06.2013 - Scrivici

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Trentamila famiglie in attesa. E 35mila minori senza famiglia. Questi i dati italiani. Per non parlare dell'iter adottivo. Nel nostro Paese non è per nulla facile: la burocrazia è complessa e manca un coordinamento generale. Ne parliamo con Marco Griffini, presidente di Ai.Bi, Associazione Amici dei Bambini.

Trentamila famiglie in attesa: di questo si parla, quando si discute di adozioni in Italia. L’iter adottivo nel nostro Paese non è per nulla facile: una burocrazia complessa, la mancanza di un coordinamento generale, la ‘giungla’ degli enti autorizzati per l’adozione sono solo alcuni degli ostacoli che i futuri genitori adottivi devono superare per esercitare il diritto all’adozione di un minore senza famiglia.

Ne parliamo con Marco Griffini, presidente di Ai.Bi, Associazione Amici dei Bambini, Ong con 13 sedi in Italia e 25 uffici in tutto il mondo: quartier generale alle porte di Milano, Ai.Bi. è un movimento di famiglie adottive e affidatarie e si occupa della promozione e della tutela dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza.

«Le adozioni in Italia? Non stiamo vivendo un buon momento. E non è tutta colpa della crisi. Mi spiego meglio: negli ultimi dieci anni il numero di bambini fuori famiglia è aumentato. Nel 2002 erano censiti 28mila minori senza famiglia, nel 2012 le ultime stime parlano di 35mila. Un aumento spaventoso. La logica vorrebbe che, considerato il numero delle famiglie in attesa, circa 30mila in Italia, aumentassero anche le adozioni. Invece non funziona così: siamo clamorosamente fermi a un migliaio di adozioni l’anno».

Perché solo mille adozioni nazionali l’anno?

«Manca una banca dati nazionale che monitora il numero dei minori da dare in affido o in adozione», risponde Griffini. Il ‘buco’ è dei Tribunali dei Minorenni: su 29 sedi sparse lungo lo Stivale, solo 8 hanno una banca dati aggiornata e informatizzata che permette la tempestiva segnalazione e l’eventuale ‘incrocio’ con la futura famiglia adottiva o affidataria.

Ai.Bi. su questa nota dolente ci ha fatto una battaglia con tanto di ricorso al Tar del Lazio: a settembre dello scorso anno il Tar ha imposto al Ministero della Giustizia di informatizzare i tribunali entro dicembre del 2012, per snellire l’iter adottivo.

«Siamo ancora in attesa: è incredibile che numeri così importanti, numeri che riguardano la vita di minori italiani, siano in una nebulosa». Il risultato è sotto gli occhi di tutti: «Per ogni bimbo dichiarato adottabile in Italia ci sono 20 coppie in attesa di adozione. Ecco perché, per le adozioni nazionali, è impossibile fare una stima dell’attesa. Potrebbe anche non finire mai», commenta Griffini.

Cambiare si può (forse)

Ai.Bi. sostiene una proposta di legge (presentata in senato dal sen Aldo Di Biagio, Fli-Scelta Civica) per cambiare il modo di concepire l’adozione in Italia: alla cultura della selezione sostituire quella dell’accompagnamento delle famiglie, con la presa in carico di enti autorizzati e servizi comunali, affidate a enti autorizzati e non al Tribunale dei Minorenni l’idoneità di coppia, per sveltire le pratiche, razionalizzare i costi. In Italia esistono 66 enti autorizzati per le pratiche adottive cui le famiglie possono rivolgersi una volta ottenuta dal Tribunale dei Minorenni l’idoneità. «In Germania gli enti sono 16, in Spagna 20: noi siamo in una giungla opaca, poco controllabile. Meglio ridurre gli enti a una ventina, regolamentare i prezzi e favorire solo quelle strutture che, per le adozioni internazionali, hanno strutture e personale nel Paese da cui provengono i bambini da adottare, per evitare vergognose ‘compra-vendite’ di minori», conclude Griffini.

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