«Sono stato adottato in Polonia, all’età di 5 mesi: ero praticamente appena nato quando accadde. Venni a saperlo molto più tardi a 5 anni quando, per caso, durante una discussione alla scuola materna, ci imbattemmo nella tematica delle adozioni di cani e gatti. Un bambino, sicuramente avendolo sentito dalla madre, disse ad alta voce che la mia adozione era identica a quelle dei cuccioli di animale».
Con queste parole Andrea D'Imperio, ventisettenne di Modena, racconta l'inizio del suo percorso che lo ha portato alla ricerca delle sue radici in un'avventura guidata dal destino e dall'amore che, alla fine, gli ha fatto capire una cosa importante: «Quanto io sia stato fortunato ad avere l'amore della mia famiglia adottiva».
Alla ricerca delle origini
«Il fatto di aver saputo fin da subito che ero stato adottato è stato per certi verso un vantaggio, perché mi ha dato più tempo per metabolizzare il fatto. Dall'altra parte però è stato peggio, perché mi ha fatto sentire solo: mi sembrava di non appartenere a nessuno se non a me stesso».
Questo non ha avuto grandi ripercussioni sulla sua vita familiare o sulla sua carriera scolastica, ma lo ha segnato profondamente a livello emotivo: «Non ho mai vissuto particolari situazioni di disagio: anzi, ho sempre avuto pieno sostegno, sono sempre stato trattato in egual modo, se non addirittura con occhi di ammirazione dagli altri. Tuttavia, man mano che crescevo, mi staccavo sempre di più dai rapporti con gli altri, quasi come per evitare un'eventuale separazione futura».
Un comportamento che lui stesso ha spiegato come una risposta a un “trauma da abbandono”. Un dolore che pensava di poter superare soltanto ritrovando le proprie origini. «Lì è iniziato il mio viaggio: la mia famiglia aveva un documento in cui erano riportati il nome e il cognome di entrambi i miei genitori biologici e il luogo da cui provenivo, Poznań, in Polonia. A 16 anni mi sono recato all'Ambasciata di Roma e poi al Consolato di Milano, ma senza trovare informazioni utili. Ho provato sui social, tramite Facebook; ma anche lì ho fatto un buco nell'acqua».
L'incontro con la famiglia biologica
Alla fine una casualità l'ha portato a incontrare sua sorella a Londra: «Da lì tornammo insieme in Polonia dove mi presentò il resto della famiglia.
Restai vicino a loro due anni, in modo da poterli frequentare e cercare le risposte alle domande che avevano affollato la mia infanzia».
Così Andrea ha scoperto che sono state le condizioni di povertà estrema a far decidere alla sua famiglia d'origine di darlo in adozione: «Ero il loro terzo figlio e non avevano le risorse per mantenermi. Erano molto giovani ed erano dovuti scappare dal loro paese d'origine a causa di duri contrasti con mio nonno, il padre di mia madre. Avendo già due bambini, hanno pensato di darmi un futuro migliore dandomi in adozione».
Ma nonostante abbia potuto comprendere cosa fosse successo, Andrea non ha trovato subito la serenità: «Questa esperienza mi ha dato l'opportunità di guardarmi dentro ed esplorare i miei lati più profondi. A lungo andare ho capito quanto io sia stato fortunato: molte persone che sono state adottate pensano che quando troveranno i loro genitori biologici si staccheranno dalla loro famiglia adottiva, ma per me è stato il contrario. Scoprire la mia storia mi ha fatto comprendere che l'unico vero luogo che io possa chiamare “casa” è il mio cuore: il mio io interiore, che è fatto di tutte queste persone che mi hanno amato e di tutte le esperienze che ho vissuto e che fanno parte di me. Capire questo è stato risolutivo: è a quel punto che ho trovato la pace».
Consigli per i genitori adottivi
«Considerato che ognuno vive una condizione personale e specifica, penso che la cosa migliore per un genitore sia quella di affrontare l'argomento con il proprio bambino fin da subito. Se sai di essere stato adottato quando sei un bambino piccolo hai più tempo per metabolizzare la notizia e costruire anche delle difese rispetto a ciò che possono dirti all'esterno del nucleo familiare. Se si è più grandi il rischio è quello di essere già troppo strutturati per avere la forza e le capacità di mettere tutto in discussione: potrebbe essere troppo difficile e traumatico farlo a quel punto».
Qualunque sia la situazione, si tratta comunque di un viaggio difficile che ognuno affronta a suo modo. «Quello che mi sento di dire ai genitori è di non ostacolare la ricerca delle proprie origini da parte del loro figlio adottivo, ma anzi di sostenerla e di guidarli in questo percorso. Questo perché, anche se difficile, conoscere il proprio passato è l'unico modo per poterlo affrontare e andare avanti con la propria vita».