Un quarto dei bambini fra i 9 e i 10 anni, e la metà di quelli fra gli 11 e i 12, usano Facebook. È quanto riporta il libro The Cyber Effect, come risultato di un'indagine svolta in 22 Paesi europei fra il 2011 e il 2014. Un dato curioso se si pensa che il limite minimo per iscriversi al social network fondato da Mark Zuckerberg sia fissato a 13 anni d'età. (Leggi anche come proteggere i bambini su internet)
In Europa qualcosa potrebbe cambiare il 25 maggio 2018, quando entrerà in vigore il nuovo Regolamento europeo in materia di protezione dei dati personali approvato nel 2016, che prevede che l'accesso ai "servizi della società dell'informazione" (compresi Facebook, Twitter e altri, così come le applicazioni di messaggistica) non sia più possibile a 13, ma a 16 anni. Chi ha meno di quell'età dovrà avere un'autorizzazione genitoriale.
In questo modo l'Europa richiama gli adulti alle proprie responsabilità di educatori digitali.
CHE COS'È LO SHARENTING E PERCHÉ È PERICOLOSO
Quando il Regolamento verrà recepito anche in Italia, mamme e papà saranno dunque costretti a informarsi su questi argomenti e dare o negare il loro consenso all'utilizzo dei servizi della rete ai propri figli.
Un cambiamento anche per loro che, spesso, sono poco consapevoli delle conseguenze dei loro comportamenti su internet. Un esempio fra tutti è lo Sharenting, cioè «l'abuso dei social da parte dei genitori per discutere delle esistenze ed esigenze dei propri figli, spesso piccolissimi» si legge nel nuovo libro "Nasci, cresci e posta. I social network sono pieni di bambini: chi li protegge?" scritto da Simone Cosimi e Alberto Rossetti.
E spesso condividono «immagini e video dei bambini. In quest'ultimo caso, a soli fini esibizionistici». Secondo uno studio britannico, circa un migliaio di foto per ogni bambino finisce online prima che questi compia 5 anni.
Un comportamento rischioso per i piccoli, le cui le immagini pubblicate in rete sono difficilmente controllabili: «recentemente il garante italiano per la privacy Antonello Soro è tornato sul punto con una sentenza che lascia poco spazio all'immaginazione: "Secondo recenti ricerche – ha detto – la pedopornografia in rete e, particolarmente nel dark web, sarebbe in crescita vertiginosa: nel 2016 due milioni le immagini censite, quasi il doppio rispetto all'anno precedente. Fonte involontaria sarebbero i social network in cui genitori postano le immagini dei figli"».
In più, una volta caricate su Facebook, le immagini diventano di proprietà anche del social network che può decidere di conservarle anche se i proprietari decidono di eliminarle.
C'è poi un problema che riguarda il futuro dei piccoli: «una volta cresciuti e alle prese con la propria rete sociale, magari su quelle o altre piattaforme, si ritroveranno dotati di un fardello di contenuti digitali impropriamente pubblicati nel corso degli anni dai genitori. Senza, ovviamente, che il soggetto più importante della relazione – il bambino – avesse alcuna possibilità di dire la sua».
CHE COSA FANNO I BAMBINI IN RETE
Il fascino della rete colpisce i bambini fin da piccolissimi e nasce dall'osservazione dei genitori, sempre più assorbiti dai loro smartphone o computer. Il desiderio di entrare nel mondo virtuale per loro diventa dunque irresistibile e i genitori non sempre fanno resistenza o applicano regole precise.
«Stando a una ricerca condotta da Ipsos per Save the Children in occasione del Safer Internet Day del 2017 l’atteggiamento dei giovani (e non solo) in rete è piuttosto drammatico – continua il libro –. I bambini ricevono il loro primo smartphone intorno agli 11 anni e mezzo e da quel momento il salto verso Facebook è questione di qualche mese: l’iscrizione avviene infatti a 12 anni e mezzo».
Uno dei problemi è il poco senso critico: «Un bambino su cinque invia video o immagini privatissime di se stesso sia a coetanei che a adulti conosciuti in rete o attiva la webcam in cambio di regali. Quattro su dieci inviano o pubblicano immagini intime di loro conoscenti, contribuendo così all’effetto gogna, e più di uno su tre invia o riceve messaggi con riferimenti espliciti al sesso. In fondo, per otto ragazzi su dieci gli insulti sui social network sono normali, fanno cioè parte della grammatica di quelle piattaforme».
COSA POSSONO FARE I GENITORI
Come possono intervenire dunque i genitori per proteggere i bambini dai rischi della rete e, in particolare, dei social network?
1. Attenzione a cosa postate
Quando i bambini sono piccoli, è bene stare molto attenti a ciò che si pubblica e a come lo si fa.
- Mai geolocalizzare le foto. «Mai dare informazioni precise sul luogo in cui è stata scattata la foto, meglio creare piuttosto luoghi fittizi – consiglia Simone Cosimi, co-autore del libro –. Evitare anche fotografie in contesti troppo riconoscibili, ad esempio di fronte alla scuola, un monumento o una strada particolare».
- Mai pubblicare il volto dei bambini. «Bisogna avere l'accortezza di nascondere i tratti del piccolo. Quindi, sì a inquadrature di spalle o di particolari del bambino. Oppure, si può ricorrere al classico sticker da applicare sopra il viso».
- Mai rendere pubbliche le foto. «Se si pubblicano foto dei propri figli, è bene accertarsi che non siano pubbliche e le possano vedere solo gli amici. Il passo in più è quello di creare un album personalizzato che può vedere solo un gruppo ristretto di persone».
2. Informatevi bene
«I genitori devono informarsi – continua Cosimi –. Questo non vuol dire avere chissà quali competenze tecniche, ma sapere che cosa siano i diversi social network, quali funzioni abbiano e quali siano i rischi collegati al loro utilizzo. E poi devono sapere cosa fanno i loro figli in rete, senza arrivare a eccessi dannosi, ma chiedendo ed essendo consapevoli della loro dieta digitale».
3. Regolate l'uso della rete
«Il consiglio è quello di non anticipare i tempi. Prima degli 11 anni è bene non lasciare i bambini da soli con i device digitali. Dai 12 ai 16 anni bisogna sapere quali sono le loro abitudini online: quali siti frequentano, quali app hanno scaricato, a quali siti sono iscritti, e quali sono le attività a cui dedicano più tempo. Se i genitori sono riusciti a fare un buon lavoro di educazione digitale nei confronti dei loro figli, non avranno poi problemi a gestire anche ciò che accadrà dopo i 17 anni, quando il controllo di ciò che fanno in rete sarà più difficile».
4. Controllate, quando serve
E una buona educazione digitale si ottiene affiancando e controllando i ragazzi nelle loro prime esperienze online. «Molti – si legge nel libro – utilizzano lo smartphone la notte, per chattare, stare sui social o guardare video senza che i genitori ne siano a conoscenza. Un controllo maggiore anche della quantità di tempo in cui viene utilizzato il dispositivo non deve essere considerato un limite alla libertà dei figli, ma un aiuto nella complicata gestione di uno strumento potente, invitante e comodo».
Sebbene il controllo delle interazioni di un ragazzo sui social non sia mai da considerare un buon metodo educativo, «se si dovesse osservare un comportamento un po' diverso dal solito da parte del figlio, il fatto di accedere ai contenuti dei social può servire a scongiurare eventuali situazioni di cyberbullismo e fornire uno spunto per affrontare alcuni argomenti».
5. Fornite ai ragazzi i giusti strumenti
Il web è ormai ricco di servizi e siti costruiti apposta per i più piccoli: «YouTube, ad esempio, propone YouTube Kids, mentre Lego ha appena aperto un social dedicato ai più piccoli, Lego Life, privo di rischi» riprende Cosimi.
Nel caso in cui ci fossero problemi di bullismo e cyberbullismo, poi, potete consultare insieme la piattaforma dedicata di Facebook.