Spiegare ai figli che mamma e papà vanno a lavorare e si assentano per lunghe ore da casa, sembra un concetto che a tratti spaventa i genitori stessi. Grazie all'aiuto della dottoressa Carmen Rinaldi, psicologa e psicoterapeuta, approfondiremo questa tematica: dalla giusta comunicazione, passando per l'inevitabile momento dei capricci, fino al rientro a casa.
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Che lavoro fanno mamma e papà?
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1. Scegliere il giusto approccio
Ai bambini si raccontano le cose per quelle che sono attraverso quella che viene chiamata in psicologia “una verità narrabile” che deve essere capita e compresa dal bambino.
2. Tener conto dell'età del piccolo
Ci sono diversi approcci per spiegare ai figli che mamma e papà vanno a lavorare. «Alcuni genitori raccontano la passione per il lavoro che fanno, cosa li ha spinti a fare quello che fanno tutti i giorni quando escono, dimostrando così di essere gioiosi ogni mattina; un altro approccio è quello di raccontare che mamma e papà vanno a lavorare per guadagnare i soldini che gli permettono di acquistare le cose che ci sono in casa, di fare la spesa, ma anche di acquistare oggetti per lui, ciò che gli piace».
Si può poi spiegare che il lavoro è una condizione inevitabile per gli adulti: «è un concetto naturale, tutti i grandi lavorano e questa nozione deve essere trasmessa ai bambini».
2. Tener conto dell'età del piccolo
Un aspetto fondamentale da non sottovalutare è il concetto che i bambini hanno del tempo: «la loro dimensione temporale è orientata sul "qui e ora", la scansione temporale è molto difficile e dare delle tempistiche al bambino non è d'aiuto».
I livelli di comunicazione sono due, quello verbale e quello non verbale. «Il bambino in età prescolare, predilige ovviamente quella non verbale fatta di sguardi, gesti, espressioni. Con un bambino in età scolare invece si possono scegliere le parole. È bene però che i genitori siano capaci di utilizzare entrambe le comunicazioni in maniera coerente e non contraddittoria, soprattutto perché un tipo di comunicazione aiuta la comprensione dell’altra».
Per parlare con i figli, in special modo se sono piccoli, «occorre utilizzare la dimensione del racconto: questa è a tutti gli effetti una modalità comunicativa molto facile e veloce, capace di stimolare anche la curiosità del piccolo».
3. Se i bambini fanno i capricci
Spesso i genitori sono più ansiosi dei figli e l’ansia è contagiosa e si trasmette. «Al bambino deve essere data fiducia, perché i figli sono abilissimi nell’organizzazione del tempo più di quanto, a volte, lo siano i genitori stessi».
I capricci dei bambini possono essere visti come tali, oppure esprimono un bisogno che è qualcosa di più. «Non sempre gli adulti sono in grado di gestire i capricci e leggere cosa c’è dietro a questi comportamenti, tendono a minimizzare dei disagi magari anche più profondi».
I capricci, però, non devono spaventare: sono una parte fondamentale della crescita, «è un modo per il bambino di stabilire una relazione e delineare i confini del suo potere: in questo modo si mettono alla prova e mettono alla prova i genitori e gli adulti». I bambini hanno bisogno di riconoscere il ruolo dei genitori, come persone stabili e coerenti. «È bene, però, riequilibrare sempre i piani: mettersi allo stesso livello del bambino sarebbe un gravissimo errore».
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Il capriccio potrebbe stemperarsi in poco tempo, nel giro di qualche giorno e «in questo caso si tratta di ansia da separazione che fa parte del naturale sviluppo del bambino. Ovviamente, se non si esaurisce nel giro di poco tempo, si entra in ambiti più specifici che andrebbero approfonditi».
4. Il momento del rientro
Ci sono genitori che vivono il senso di colpa per essere stati fuori per lavoro e cercano di colmarlo una volta tornati a casa: «occorre però utilizzare anche in questo caso il buonsenso, come per esempio privilegiare un tempo in cui tutta la famiglia è unita e sta insieme. Che si tratti della cena o di altri momenti, è fondamentale però che ci sia.
È importante raccontarsi e raccontare, ascoltare i racconti dei bambini: è bene che passi il concetto “io non ci sono stato tutto il giorno, ma adesso ci sono e sono qui per te”. La dimensione di ascolto è importante per tutte le età».
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