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Aborto: in Lombardia 7 ospedali hanno solo obiettori di coscienza

di Elena Berti - 12.04.2022 - Scrivici

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Fonte: Shutterstock
Aborto in Lombardia, obiettori in 7 ospedali: nella regione è difficile interrompere una gravidanza, il tasso medio di obiettori è del 60%.

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Aborto in Lombardia, obiettori in 7 ospedali

L'aborto è una questione spinosa che divide tutti, ma c'è una legge in Italia che stabilisce che le donne possano decidere di interrompere una gravidanza entro certi termini. In molte strutture ospedaliere, però, questa possibilità viene negata per mancanza di personale medico non obiettore di coscienza. L'aborto in Lombardia, per esempio, non può essere praticato in 7 ospedali. Vediamo perché.

Aborto in Lombardia, dove non si può praticare

La Lombardia è spesso presa a esempio come regione moderna e progressista, anche dal punto di vista sanitario. Anche se la pandemia, soprattutto nei primi mesi, ha messo in luce molte carenze del sistema sanitario (che, ricordiamo, è regionale e non statale, come previsto dalla Costituzione), c'erano già delle avvisaglie di mancanze a livello di tutela della salute. In quest'ultima rientra infatti anche il diritto all'aborto, sancito dalla Legge 194 del 1978, che permette alle donne di interrompere una gravidanza entro certi termini per qualsiasi ragione. 

L'aborto in Lombardia, però, è difficile da praticare per diversi motivi. 

Pillola abortiva poco diffusa

La cosiddetta pillola abortiva (RU486) può essere utilizzata nelle primissime settimane di gravidanza. L'enorme vantaggio è che non richiede alcun intervento medico ma può essere assunta dalla paziente a casa sua, dietro prescrizione medica. Il problema principale è che in Lombardia questa alternativa è ancora molto poco diffusa, addirittura più bassa che in altre regioni. La RU486 rappresenta infatti soltanto il 35% delle interruzioni di gravidanza, un problema che probabilmente ha a che fare con la difficoltà a reperirla ma anche con la mancanza di strutture in cui la donna possa recarsi, come i consultori pubblici, e in cui si senta libera di richiederla. Strutture che esistono per esempio in Francia, dove viene impiegato lo stesso farmaco, e dove esistono centri di "planning familiare" dove, tra le altre cose, si offre sostegno di ogni tipo alle donne che intendono interrompere una gravidanza.

La questione degli obiettori di coscienza

Come dicevamo, l'interruzione volontaria di gravidanza è disciplinata da una legge, la 194, che ha rappresentato una vera svolta per i diritti delle donne. Si può abortire nel primo trimestre qualsiasi sia il motivo per cui si decide di farlo. In Lombardia però sono ben 7 gli ospedali dove i medici sono tutti obiettori. Si tratta degli ospedali di Saronno (VA), di Asola (MN), di Romano di Lombardia (BG), di Gardone Val Trompia, Montichiari e Iseo (BS) e di Oglio Po (CR). La media regionale è comunque del 60%, più alta di altre regioni del nord Italia. Alcune province raggiungono comunque un tasso di ginecologi obiettori del 75% (Milano "appena" il 50%). 

Il problema della mancanza di ginecologi disposti a praticare l'aborto obbliga le donne a sposarsi di provincia, con la conseguenza che le strutture che praticano le interruzioni di gravidanza hanno liste di attesa molto lunghe, quando i tempi per la paziente sono invece molto stretti. 

Lo scopo della legge 194 era regolamentare una pratica clandestina molto pericolosa e, accompagnandola a un'educazione sessuale più diffusa, contenere il numero di aborti. In effetti, dal 2017 soltanto in Lombardia si è passati da quasi 14.000 interruzioni di gravidanza alle meno di 10.000 del 2021. 

La questione dei ginecologi obiettori di coscienza è molto discussa, in particolare in quelle province o addirittura regioni dove rappresentano la totalità. È importante garantire l'accesso all'interruzione di gravidanza, in particolare per le donne svantaggiate e in situazioni difficili che, prese dalla disperazione, potrebbero far ricorso a metodi non convenzionali, mettendo a rischio la propria vita.

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