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Alessandro Maria sarà trasferito a Roma per un trapianto di midollo da genitore

di Irma Levanti - 26.11.2018 - Scrivici

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Fonte: Shutterstock
Il tempo stringe e non ci sono donatori disponibili a breve per il piccolo Alex, ma dall'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù arriva la proposta di un'alternativa: il trapianto di cellule staminali del sangue donate da un genitore e opportunamente trattate per renderle più sicure.  

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Prendere le cellule staminali del sangue di mamma o papà, trattarle in laboratorio per renderle più sicure per il trapianto e quindi trasferirle al figlio malato per curare malattie genetiche o tumori del sangue o del sistema immunitario.

Si chiama trapianto aploidentico di cellule staminali, è una nuova frontiera nella terapia di queste malattie – punta di diamante della ricerca medica italiana - e rappresenta al momento la speranza più concreta che c'è per il piccolo Alessandro Maria Montresor, il bimbo di 18 mesi affetto da una rarissima malattia genetica, che per sopravvivere ha bisogno il prima possibile di un trapianto di cellule staminali del sangue.

 

Alex, che vive a Londra con papà Paolo e mamma Cristiana, ha la linfoistiocitosi emofagocitica, una grave condizione genetica caratterizzata da una risposta spropositata ma allo stesso tempo inefficace del sistema immunitario. Al momento non ci sono terapie farmacologiche in grado di curarla definitivamente: al Great Hormond Street Hospital dove è ricoverato, il piccolo è sottoposto a una terapia sperimentale con un farmaco (un anticorpo anti-interferone gamma) che ha dato discreti risultati, ma che nel giro di poche settimane potrebbe perdere la sua efficacia, mettendo a rischio la vita del piccolo.

 

L'unica possibilità risiede nel trapianto di cellule staminali ematopoietiche (le progenitrici di tutte le cellule del sangue) prelevate da un donatore compatibile: la stessa strategia terapeutica salvavita che può essere utilizzata per il trattamento di leucemie o altri tumori del sangue, linfomi, e malattie genetiche come immunodeficienze o talassemia. Il prelievo viene fatto in genere da midollo osseo (in alcuni rari casi da sangue periferico); un'altra fonte possibile è il sangue del cordone ombelicale donato al momento della nascita di un bambino.

 

Possono essere ottimi donatori i fratelli o le sorelle, ma non è detto che ce ne siano (Alessandro, per esempio, non ne ha), o che siano effettivamente compatibili con il paziente. Se questo non succede un'altra possibilità è la donazione da parte di donatori non consanguinei di cui va appunto verificata la compatibilità. Un'operazione che viene fatta consultando i registri dei donatori volontari di midollo osseo, che al momento arruolano in tutto il mondo oltre 32 milioni di persone.

Tante ma mai abbastanza, perché ciascuno di noi ha una carta d'identità immunologica praticamente unica e in caso di bisogno trovare un donatore che vada d'accordo con questa carta d'identità non è affatto cosa semplice.

In realtà un donatore di midollo osseo compatibile con Alessandro era anche stato trovato ma - come hanno spiegato i genitori sulla pagina Facebook dedicata al bambino - in fase di accertamento si è verificato che è disponibile solo da metà gennaio prossimo. Troppo in là per le esigenze del piccolo.

Accanto alla brutta notizia, però, ne è arrivata una buona e cioè la proposta di trasferire il bambino all'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, dove l'équipe del professor Franco Locatelli, direttore del Dipartimento di oncoematologia e medicina trasfusionale, a partire dal 2010 ha messo a punto la nuova tecnica di trapianto aploidentico da genitore.

Per definizione, mamma e papà sono compatibili ciascuno solo al 50% con il proprio figlio, il che significa che utilizzare le loro cellule per il trapianto così come sono comporta gravi rischi di complicazioni potenzialmente fatali. “Per questo motivo – spiega una scheda descrittiva del Bambino Gesù - fino a pochi anni fa, si utilizzava un metodo di purificazione di queste cellule che garantiva una buona percentuale di successo del trapianto in termini di attecchimento, ma che sfortunatamente si associava ad un elevato rischio di infezioni anche mortali nei primi mesi dopo l'intervento”.

Locatelli e colleghi, però, sono riusciti negli anni a mettere a punto una nuova tecnica di manipolazione di queste cellule staminali, che permette di eliminare quelle più pericolose in quanto responsabili dello sviluppo di eventuali complicazioni, lasciando però quelle “buone” in grado di proteggere dalle infezioni come pure dalle ricadute della malattia. Ed è proprio questa tecnica che ora viene proposta ad Alessandro.

Secondo quanto riportato dal Corriere della sera, “al Bambino Gesù la tecnica è stata impiegata per il trattamento di 150 bambini, 50 dei quali con immunodeficienze (e sei di questi con la stessa malattia di Alessandro).

La percentuale di guarigione definitiva nei bambini con immunodeficienza è dell'85% e tutti e sei i pazienti con linfoistiocitosi emofagocitica stanno bene”.

Intanto, sempre sui social i genitori di Alessandro invitano a non abbandonare la gara di solidarietà che nelle ultime settimane ha spinto migliaia di volontari ad affollare ospedali e centri Admo (Associazione donatori di midollo osseo) per effettuare la propria caratterizzazione immunologica (quella carta d'identità di cui parlavamo) e iscriversi al registro dei donatori.

Vi esortiamo a continuare ad iscrivervi nel registro italiano dei donatori di midollo osseo, di regalare con un piccolo gesto d’amore una nuova speranza di vita ai tanti Alessandro Maria che aspettano e lottano nell’attesa

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