La presenza di famigliari o di persone che stanno stretto contatto per molte ore al giorno con il piccolo favoriscono diagnosi precoci dei disturbi dello spettro autistico.
Secondo una ricerca guidata dal Seaver Autism Center for Research and Treatment del Mount Sinai Health System e pubblicata su Autism, i bimbi affetti d'autismo che vivono con fratelli più grandi o che interagiscono frequentemente con i nonni hanno maggiori possibilità di veder identificato il proprio disturbo in un tempo molto inferiore rispetto alla media.
L'importanza delle relazioni
Per lo studio sono stati coinvolti 447 genitori (sia mamme che papà) e 196 tra amici e parenti delle coppie interpellate.
Il sondaggio online ha mostrato come circa il 50% di amici e familiari affermava di aver sospettato che i bambini potessero avere qualcosa che non andava ben prima che se ne accorgessero i genitori. Solo la la metà di questi ha però condiviso le sue perplessità con i diretti interessati.
Sempre secondo i dati del sondaggio, le figure adulte più "recettive" nell'intuire la presenza di elementi atistici sono risultati essere gli insegnanti e, soprattutto, le nonne (specialmente quelle materne).
Grazie alla nonna infatti, l'età media della diagnosi di disturbi dello spettro autistico si abbassava di 5,18 mesi, mentre quella con il nonno "solo" di 3,78 mesi.

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Anche i fratelli sembrano detenere una posizione di rilevo nell'accorgersi della condizione autistica e anche in questo caso è la figura femminile della sorella a giocare un ruolo decisivo.
«Molti genitori evitano di cercare aiuto per trovare una diagnosi per il loro bambino, anche se sanno che qualcosa potrebbe non essere a posto - afferma Nachum Sicherman, una delle firme principali dello studio - spesso hanno la tendenza a ignorare i segnali di un problema e quindi guardano dall'altra parte, rendendo vitale il ruolo di familiari stretti e e amici per accelerare la diagnosi e aiutare il bambino nell'affrontare il problema».