Era incinta di due gemelle, alla 25esima settimana di gestazione. E da giorni accusava forti dolori addominali. Claudia Bordoni non ce l'ha fatta e neppure i due feti che portava in grembo. La donna è morta sotto gli occhi della madre, nella clinica Mangiagalli di Milano, dopo aver visitato altri due ospedali della zona: l'ospedale di Busto Arsizio e il San Raffaele di Milano.
A nulla sono valsi gli sforzi dei medici dell'ospedale che hanno tentato di salvare le due gemelline effettuando un taglio cesareo dopo che la donna era già andata in arresto cardiaco.
Sotto choc il compagno della donna, Roberto Dal Zuffo, il biologo ricercatore dell'Istituto europeo di oncologia di Milano.
La donna, originaria di Sondrio, viveva a Milano con il marito. Era rimasta incinta con la procreazione assistita sei mesi fa e aveva accusato in questi mesi diverse minacce d'aborto. Gli ultimi problemi risalirebbero a metà mese: la donna si era rivolta ai medici del San Raffaele e dopo un ricovero di una settimana era stata dimessa il 20 aprile.
Dopo cinque giorni, l'accesso di nuovo al San Raffaele: dopo essere stata in osservazione e visitata, ancora le dimissioni.
Due giorni dopo, la visita al pronto soccorso della Mangiagalli di Milano, dove si era presentata lamentando dolori addominali ed ammessa con codice giallo.
Alla Mangiagalli era rimasta ricoverata per circa 30 ore: la situazione è poi precipitata nella tarda mattinata del giovedì: Claudia ha iniziato a presentare segni di emorragia addominale e all'esofago.
A nulla sono valsi i tentativi dei medici: il cuore della donna ha smesso di battere alle 14. A quel punto il cesareo d'urgenza per cercare di salvare le due bimbe che Claudia portava in grembo. Anche per loro però, non c'è stato nulla da fare.
Alla Mangiagalli è stata avviata un'indagine interna e la Procura di Milano indaga ora per l'ipotesi di reato di omicidio colposo.
L'autopsia verrà effettuata probabilmente a metà di questa settimana.
Prima, infatti, gli inquirenti dovranno acquisire tutte le cartelle cliniche dei due ospedali e anche di quello di Busto Arsizio (Varese), dove la donna è stata visitata, e probabilmente poi anche come atto dovuto a garanzia procederanno alle iscrizioni dei medici che si sono occupati del caso nel registro degli indagati.
Fonti: Corriere.it, Repubblica.it, Ansa.it
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