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Gender e nuove famiglie: non abbiate paura. L'appello della Società italiana di medici pediatri

di Valentina Murelli - 30.10.2016 - Scrivici

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Fonte: Michael | Ruiz / Flickr
Dal terzo forum della Simpe a Stresa l'invito ai pediatri perché stiano vicino alle famiglie, spesso disorientate dal tema dell'identità di genere e dai cambiamenti in atto nella famiglia italiana.

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Gender: una parola che fa decisamente paura ai genitori italiani, e che si inserisce in un contesto di profondo cambiamento della famiglia.

Accanto a quello tradizionale, si moltiplicano infatti "sistemi familiari" inediti, tra famiglie con un solo genitore, allargate, ricomposte, miste - cioè con genitori di cittadinanze diverse - omogenitoriali.

Un quadro in trasformazione continua, che spesso lascia spiazzati e confusi mamme e papà, come mostrano i risultati di un'indagine dell'Osservatorio nazionale sulla salute dell'infanzia e dell'adolescenza (Paidòss), appena presentati a Stresa durante il terzo forum della Società italiana medici pediatri (Simpe). Che, di fronte a questa situazione di incertezza, ha lanciato un appello ai dottori di bambini e adolescenti: stare vicino alle famiglie, accompagnandole e sostenendole nelle difficoltà che possono incontrare se vivono direttamente situazioni di questo tipo o semplicemente provano a confrontarsi con i figli su temi così complessi.

L'indagine ha coinvolto mamme e papà di 1000 adolescenti tra i 12 e i 16 anni di età, chiamati a rispondere a un questionario sul concetto di famiglia e su orientamento sessuale e identità di genere. Tra i dati più significativi, l'idea che le discussioni sul gender possano disgregare la famiglia intesa in senso tradizionale (lo pensa il 59% dei genitori). Tipologia di famiglia che, per altro, un genitore su due ritiene tuttora l'unica accettabile.

D'altra parte, anche se sempre un genitore su due ammette che il mancato dialogo sul tema dell'identità di genere possa compromettere una crescita armoniosa dei ragazzi, e poco meno della metà di mamme e papà si rende conto che i figli possano attraversare l'adolescenza con incertezze e dubbi sul proprio orientamento sessuale, un genitore su tre non sa assolutamente come affrontare il discorso.

Altri dati raccontano dello spaesamento degli adulti di fronte ai loro stessi ragazzi: se un genitore su tre ritiene che il proprio figlio stia affrontando i cambiamenti del proprio corpo con naturalezza, uno su cinque non sa invece come stia gestendo il mutamento dall'infanzia all'età adulta.

Del resto, il dialogo con gli adolescenti resta difficile: solo il 20% delle mamme e dei papà intervistati dichiara di riuscire a metterlo in pratica.

"Questi risultati mostrano che nelle case degli italiani c'è soprattutto confusione, paura e ignoranza su questi temi" ha dichiarato Giuseppe Mele, presidente di Paidòss e di Simpe. Eppure, solo per prendere uno dei dati più noti, oggi ben un milione di persone, nel nostro paese, si dichiara omosessuale o bisessuale, e altri due milioni dichiarano di aver avuto attrazione sessuale per persone dello stesso sesso o rapporti omosessuali. "Considerato che nell'80% dei casi i primi segni di un diverso orientamento sessuale o di genere si manifestano prima dei 18 anni, è molto importante educare alla differenza e trasformarla in risorsa".

Ovviamente non si tratta, come teme qualcuno, di insegnare ai bambini che possono scegliere che cosa diventare da grandi, se eterosessuali oppure omosessuali, o desiderosi di modificare il proprio genere. Ma di riconoscere che oggettivamente esistono orientamenti di genere e sessuali differenti e famiglie differenti, e che tutti meritano rispetto e piena integrazione. "Indipendentemente dal nostro giudizio personale, noi pediatri dobbiamo essere a fianco delle famiglie, comprendendo noi per primi - e poi aiutando a comprendere - che non è la diversità di genere o di orientamento sessuale, ma il tessuto affettivo a fare la differenza" ha sottolineato Mele.

Sesso, identità di genere e orientamento sessuale

Il primo passo per questo profondo cambiamento culturale è naturalmente la conoscenza dell'argomento. Così, rispetto al tema gender, al forum sono state proposte le parole della filosofa Michela Marzano per chiarire bene i tre termini della questione: sesso, identità di genere e orientamento sessuale.

"Il sesso - afferma la filosofa - è l'insieme delle caratteristiche biologiche che ci permettono di distinguere il corpo del maschio da quello della femmina. L'identità di genere, invece, è quel sentimento profondo, precoce e duraturo che fa sì che ciascuno si senta appartenere a un particolare genere".

Genere che nella maggioranza dei casi corrisponde a quello biologico, anche se non è detto che debba essere per forza così.

Le cose si complicano perché all'identità di genere si sommano gli stereotipi di genere, un insieme di atteggiamenti e comportamenti che spesso vengono indicati dall'esterno, dalla famiglia, dalla società. dal marketing. "Sentiamo spesso dire che qualcosa è da maschio, oppure da femmina. E se un maschio o una femmina quella particolare cosa non la apprezza, può finire col sentirsi in difficoltà, perché sente di non corrispondere allo stereotipo che c'è su di lui, o su di lei".

Infine, l'orientamento sessuale: "È il fatto di sentirsi emotivamente e sessualmente attratti da altre persone, che possono essere di sesso diverso, e allora si parla di eterosessualità, o dello stesso sesso (omosessualità)" precisa Mrazano. Sottolineando che l'omosessualità non ha niente a che vedere con eventuali incertezze sulla propria identità di genere: "Posso essere donna, profondamente convinta di essere donna, eppure essere attratta da un'altra donna".

Ecco, secondo Giuseppe Mele compito dei pediatri è quello di aiutare i bambini, gli adolescenti e soprattutto i loro genitori a orientarsi tra tutte queste differenze, comprendendo che "quello che conta è soltanto quello che si è davvero, non quello che la società - o il marketing e la pubblicità - ci chiedono di essere". E anche rispetto alle nuove famiglie inedite occorre mettere da parte pregiudizi e riconoscerne i punti di forza.

In questo senso la ricerca scientifica viene in aiuto, come ha ricordato Claudio Mencacci, presidente della Società italiana di psichiatria, tracciando al convegno una panoramica sui risultati dei principali studi relativi alle caratteristiche dei figli di coppie gay. "È vero, gli studi a disposizione non sono moltissimi e hanno qualche limite, ma sono tutti concordi nel dire che i bambini che vivono in queste famiglie hanno uno sviluppo psicologico del tutto normale, e di sicuro non diventano tutti omosessuali".

Anche se corrono almeno un rischio specifico e cioè quello di essere vittime di bullismo. Ma attenzione, questa non è una colpa né delle famiglie né tantomeno dei bambini stessi, ma della società che non è pronta ad accogliere. Ecco perché l'appello al ruolo dei pediatri. Che, ribadisce Mele, "possono fare molto per facilitare questo importante passaggio culturale".

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