No, i genitori non ci stanno. Non ci stanno, oltre a fare giustamente i genitori, a diventare insegnanti improvvisati di arte, musica, storia, matematica, fisica, italiano, scienze. Non ci stanno a seguire l'ennesima videolezione, a far fare i compiti, a continuare a stampare e ristampare materiale scolastico.
Non ci stanno i genitori italiani, come non ci stanno quelli tedeschi.
Ecco che proprio dalla Germania è partita una campagna contro il governo federale per chiedere un rimborso simbolico per tutto il lavoro extra fatto dai genitori a casa con i figli in questo periodo di lockdown.
La "class-action" delle mamme tedesche
Alcune mamme tedesche hanno portato avanti un'azione legale, paragonata a vera e propria "class action", per chiedere allo stato il rimborso per il lavoro svolto durante il lockdown.
Il leader di questa iniziativa è l'architetto Karin Hartmann, del laender della Sassonia, che ha spinto altre mamme lavoratrici, che hanno dovuto gestire, come lei, l'educazione dei figli durante il lockdown, a intraprendere un'azione legale con una fattura simbolica di 8 mila euro nei confronti dello Stato.
Nello specifico, queste mamme lavoratrici, guidate dalla Hartmann, hanno emesso fattura nei confronti del governo federale perchè, durante il periodo di isolamento a causa del Covid19, hanno dovuto svolgere il lavoro degli insegnanti e le mansioni di competenza dei servizi scolastici, in quel periodo temporaneamente sospesi, nonostante le tasse pagate.
Una campagna nazionale
Grazie alle mamme guidate dalla Hartmann è nata una campagna sui social, contrassegnata dall'hashtag #CoronaElternRechnenAb (I conti dei genitori per il coronavirus). È venuto fuori anche un dibattito politico: molte di queste mamme infatti hanno un profilo pubblico e sono blogger famose (Rona Duwe, Sonja Lehnert e Patricia Cammarata).
I rimborsi richiesti non sono stati pagati dallo Stato, ma il dibattito è in corso e ha suscitato anche numerose approvazioni e altrettante critiche. Le mamme che hanno richiesto l'azione legale hanno spiegato all'opinione pubblica di aver lavorato per circa 8 mila euro, anche se alcune hanno proposto anche un rimborso con cifre superiori (si arriva a 20 mila euro).
Nel calcolo del rimborso sono state tenute in considerazione le attività di maestra di asilo o elementari e quelle di infermiera, ma non solo: anche colf, tata, cuoca, psicologa. Insomma, molto più che multiasking.
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