Il congedo di paternità potrebbe avere come effetto la riduzione del tasso di natalità: gli uomini, una volta a casa con i bambini, diverrebbero più coscienti dello sforzo e della cura necessari per crescere la prole e sceglierebbero di fare meno figli.
Lo sostiene uno studio svolto da ricercatori spagnoli (dell'Università di Barcellona e dell'Università Pompeu Fabra, sempre a Barcellona) e intitolato Does paternity leave reduce fertility?, secondo il quale l'introduzione di due settimane di congedo di paternità retribuito in Spagna nel 2007 avrebbe fatto nascere meno bimbi.
In particolare, è verificato che in Spagna la norma introdotta nel 2007 abbia avuto molto successo e il 55% dei padri ne abbia usufruito nel primo anno. Nel 2018 il congedo è stato esteso addirittura a cinque settimane.
Eppure, nonostante la popolarità di questa riforma, dallo studio, realizzato soprattutto sul periodo che comprende i sei anni successivi al 2007, è emerso che i genitori che avevano diritto al nuovo congedo di paternità impiegavano più tempo ad avere un altro figlio rispetto ai genitori che non usufruivano del congedo.
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Le spiegazioni di ciò offerte dagli studiosi sono le seguenti: in primo luogo, il crescente coinvolgimento dei padri nella cura dei figli avrebbe portato a un maggiore attaccamento, da parte delle mamme, al lavoro.
In secondo luogo, gli uomini avrebbero manifestato un desiderio di fertilità inferiore dopo l'introduzione del congedo, probabilmente a causa della loro maggiore consapevolezza dei costi legati alla cura e al sacrificio per la crescita di un figlio. I padri avrebbero così spostato la preferenza dalla quantità di bambini desiderati alla qualità della crescita dei piccoli già avuti.
Comunque, l'obiettivo principale della norma era distribuire meglio il peso della genitorialità tra donne e uomini e ciò è effettivamente avvenuto dal 2007 in poi: i papà spagnoli sono molto più coinvolti nella cura e nella crescita dei figli e le madri sono più legate al lavoro.
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