Far parte del più classico corredo da bagno non è automaticamente indice di pulizia ed igiene!
È più o meno questo il messaggio lanciato ai team dell'University of Illinois e dello Swiss Federal Institute of Aquatic Science and Technology, i quali hanno pubblicato su Biofilms and Microbiomes una ricerca dal titolo piuttosto eloquente: "Brutti anatroccoli - Il lato oscuro dei materiali di plastica a contatto con l'acqua potabile".
Insidie nascoste
Lo studio ha preso in esame i classici oggetti dedicati la bagnetto, come paperelle, pesci o coccodrillini di plastica, e i risultati ottenuti hanno dimostrato come in realtà questi intramontabili (e apparentemente innocui) compagni di svago tra le bolle possano celare nutritissime colonie di funghi e batteri.
La sorprendente rivelazione è stata ottenuta analizzando le condizioni di 25 giochi galleggianti nel corso di un periodo d'osservazione lungo 11 settimane: 19 di essi venivano immersi in normale acqua potabile, mentre altri sei venivano utilizzati da alcuni adulti nel corso delle quotidiani operazioni di pulizia del corpo.
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Al termine di questa fase i simpatici animaletti di plastica sono stati puliti con l'etanolo e poi tagliati in due.
L'analisi dell'interno di questi giochi ha mostrato che nell'80% degli oggetti sezionati si annidavano germi e batteri potenzialmente patogeni in quantità considerevoli, circa 75 milioni di cellule per centimetro quadrato!
La causa di ciò risiede nel fatto che i polimeri sintetici impiegati nella fabbricazione di questi oggetti di plastica e gomma, spesso anche di qualità scadente, tendono ad assorbire la materia organica e a rilasciare composti al carbonio, i quali facilitano l'insorgere di biofilm batterici, ossia quelle patine poco gradevoli dentro alle quali si annidano i microrganismi nocivi.
Tutti questi microbi non rappresentano un imminente pericolo batteriologico (anzi, in parecchi casi aiutano rafforzare le difese immunitarie), ma in certe condizioni possono causare irritazioni agli occhi o perfino infezioni gastrointestinali.
Credits alla foto di copertina: EAWAG