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Lecce, avrà un figlio dal marito che non c'è più. Il tribunale ha autorizzato l'impianto

di Sara De Giorgi - 01.07.2019 - Scrivici

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Fonte: Shutterstock
Una donna della provincia di Lecce ha difeso fino in fondo il suo diritto di avere un figlio dal marito deceduto per tumore all'inizio del 2019, il quale aveva fecondato l'embrione quattro anni prima. La salentina ha vinto la causa in tribunale, ottenendo così il via libera, da parte della clinica medica, allo svolgimento dell'impianto. Si tratta del terzo caso di fecondazione postuma in Italia, dopo due altri registrati a Palermo nel 1999 e a Bologna nel 2010.

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Una donna della provincia di Lecce ha difeso fino alla fine il suo diritto di avere un figlio dal marito morto per tumore nel 2019, il quale aveva fecondato l'embrione quattro anni prima. Secondo quanto riporta il giornale Il Nuovo Quotidiano di Puglia, la donna salentina, infatti, ha dovuto lottare contro la burocrazia perché l'embrione non andasse perduto.

Il successo arriva anche grazie all'avvocatessa Tania Rizzo, la quale è riuscita, in due mesi, a fare emettere dal Tribunale di Lecce una sentenza che accoglie una gravidanza postuma. Si tratta del terzo caso in Italia, primo in Puglia.

La storia della coppia

Nel 2014 la coppia salentina, che aveva già un figlio, aveva deciso di dare un fratellino o una sorellina al primogenito. Dato che la gravidanza non giungeva, i due avevano iniziato un ciclo di cure decidendo, nel 2015, di affidarsi ad un centro per la procreazione medicalmente assistita (Pma), scegliendo di fare crioconservare due embrioni fecondati con il liquido seminale del marito.

L'irruzione di un cancro per l'uomo ha, purtroppo, fatto cambiare i programmi della coppia, la quale ha dovuto dedicare tutte le energie ad affrontare la malattia, che ha avuto il sopravvento all'inizio del 2019.

La battaglia per l'impianto dell'embrione

Dopo la morte dell'uomo, la donna si è rivolta alla clinica dove però si è dovuta scontrare con la burocrazia: nonostante i consensi firmati dal marito prima di morire, il laboratorio non poteva effettuare all'impianto senza il permesso di un giudice per il limite stabilito dall'articolo 5 della legge sulla procreazione assistita secondo il quale «possono accedere alle tecniche di procreazione assistita coppie maggiorenni entrambi viventi».

Così la salentina ha intrapreso una battaglia legale e, dopo due mesi, la giudice, Maria Gabriella Perrone, alla fine, ha accolto il ricorso presentato dalla donna. La sentenza finale emessa garantisce «il diritto dell'embrione alla vita» e, dunque, il divieto della sua soppressione, «l'impossibilità del partner di revocare il proprio consenso» e «il diritto della donna ad ottenere, sempre, il trasferimento degli embrioni crioconservati».

La sentenza, infine, ha dato il via libera alla clinica per l'impianto intrauterino degli embrioni conservati. Il piccolo, che è figlio legittimo della coppia, nascerà nel 2020. Si tratta del terzo caso in Italia di fecondazione "post mortem". Nel nostro Paese i primi due casi sono stati registrati a Palermo nel 1999 e a Bologna nel 2010.

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